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Il meglio di Josway nel 2023

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Cari amici di Josway,

come ormai da tradizione, nell’augurarvi un felice 2024 vorrei salutarvi facendo il punto sull’anno che si è appena chiuso. È stato un anno in cui Josway ha continuato a crescere e a sviluppare nuove iniziative, come la media partnership con TEDxForteDeiMarmi e la consueta partnership con Fermhamente, il Festival della Scienza di Fermo, che quest’anno ha portato a due novità: 1) una serie di video in fase di pubblicazione (è stato inaugurato un canale Josway_video su YouTube) 2) due articoli di Silvia Benvenuti esplicitamente pensati per Fermo (Alla scoperta di Fermo in 10 tappe e La matematica di Fermo).

Novità nella novità, i contenuti del primo di questi due articoli sono stati georeferenziati e inseriti nell’App Tabui, altro partner strategico di Josway, con cui siamo solo all’inizio del percorso. Qui un altro contenuto più recente pensato per la stessa app. I contenuti pubblicati su Tabui saranno convogliati sul portale del Ministero del Turismo Italia.it

Alcuni contenuti di Josway, inoltre, sono stati citati da Wikipedia, e credo che molti altri articoli meritino questa collocazione, penso per esempio all’indimenticabile serie di Furio Honsell sui numeri naturali, reali, immaginari e surreali, e a tanti altri.

Dal Castello di Rivoli al Cern

L’anno si è aperto e si è chiuso con due esperienze all’intersezione tra arte e scienza, a gennaio con Olafur Eliasson (lo ammetto, questo post – così come la relativa esperienza, a cui si mantiene fedele – è stato particolarmente psichedelico) e a dicembre con una visita al nuovo Science Gateway progettato da Renzo Piano al Cern di Ginevra, dove abbiamo incontrato la curatrice artistica Monica Bello. In più, la scorsa estate, abbiamo raccolto un’intervista a Guido Tonelli sul suo confronto con Michelangelo Pistoletto, in particolare su un tema caro a entrambi, quello delle origini.

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Uno spettatore di fronte a un caleidorama (Your living kaleidorama) nella mostra “Orizzonti Tremanti” di Olafur Eliasson, al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea (Photo: Agostino Osio Courtesy l’artista; neugerriemschneider, Berlin; Tanya Bonakdar Gallery, New York / Los Angeles © 2022 Olafur Eliasson).

Con Dante Alighieri e Italo Calvino

Ma la novità più rilevante dell’anno, dal punto di vista dei contenuti, è l’inaugurazione del nuovo filone di Scienza&Letteratura con Gian Italo Bischi, che con competenza e leggerezza ha completato due memorabili serie, una sulla scienza della Divina Commedia e una su Italo Calvino. Leggetele, e ammirate le illustrazioni create per l’occasione da Giorgia Gigì, ne vale la pena.

Tra l’altro l’articolo Italo Calvino e la poetica della sostenibilità è stato il più letto dell’anno, e sospetto che qualcuno abbia anche “rubato” il titolo. O forse è una strana coincidenza, chissà.

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Italo Calvino nell’interpretazione dell’artista Giorgia Gigì (G. Gigì).

Gian Italo Bischi ha anche scritto due sorprendenti articoli su Urbino, che per uno scherzo del destino si sviluppano entrambi attorno al tema del doppio: I due rinascimenti di Urbino (Quello vero e il periodo di Carlo Bo) e Due fratelli, due castelli (Federico e Ottaviano da Montefeltro, il Palazzo Ducale di Urbino e il castello di Sassocorvaro).

Non può essere che Urbino un palazzo che anziché sorgere entro le mura d’una città contiene una città tra le sue mura

(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)

L’autore è stato talmente avvincente nella narrazione – ed è questo che mi aspetto dagli autori di Josway, che ti portino con sé – che mi ha convinto ad andare sul posto a vivere l’esperienza. Le foto lo dimostrano.

Da Berenice nel deserto alla Domus Aurea

Anche quest’anno, Maurizio Levi ci ha accompagnato in uno dei suoi affascinanti viaggi, in questo caso a Berenice Pancrisia, la leggendaria città dell’oro nascosta nel deserto; mentre Marco Ansaloni ci ha portato con le sue fotografie d’autore all’interno della Domus Aurea di Nerone.

Viaggio nel corpo umano

Un viaggio più insolito è stato quello che ci ha condotto all’interno del corpo umano, accompagnati dalla sapiente guida del cardiologo Gianfranco Parati. Siamo stati nel nostro organo più prezioso, il cuore, e all’interno del nostro organismo per capire che cosa succede quando andiamo in montagna (lettura fortemente consigliata a chi davvero ci va, per ragioni che gli saranno evidenti leggendo). Abbiamo poi fatto una breve incursione anche all’interno dell’apparato respiratorio, per capire perché russiamo (spoiler, per ragioni evolutive, ma anche qui vale la pena di leggere la risposta completa).
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Una innovativa simulazione completa del cuore umano (Foto iHEART Simulator Team).
Infine Chiara Maggio ci ha accompagnati in un insolito quanto affascinante viaggio nella sessualità attraverso i cinque sensi, in un percorso che per certi aspetti si è voluto ispirare anche alla raccolta incompiuta Sotto il sole giaguaro di Italo Calvino.
https://josway.it/che-cosa-succede-al-nostro-corpo-quando-andiamo-in-montagna/

Lo spirito guida della matematica italiana

Non sono mancati temi più scientifici, a partire da una lunga intervista a David Quammen sull’origine della pandemia di Covid 19 e sulla prossima grande minaccia, l’influenza aviaria. Sorprendente successo – almeno per chi considera la matematica una disciplina “noiosa” (e ovviamente è noioso chi lo pensa!) – ha avuto il breve articolo dedicato a Luigi Ambrosio, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa erede di Ennio De Giorgi e mentore di generazioni di brillanti matematici come Camillo De Lellis e Alessio Figalli (medaglia Fields).
https://josway.it/chi-e-luigi-ambrosio-vincitore-del-premio-riemann-per-la-matematica/
È stata poi pubblicata una miniserie dedicata ai grandi numeri. Anzi, ai numeri enormi, territorio oltremodo difficile da esplorare per noi esseri umani, per quanto sempre ambiziosi di oltrepassare i nostri confini.
https://josway.it/grandi-numeri-4-dalle-dita-di-una-mano-ai-mega-giga-zetta-ronna-fino-a-oltre-luniverso/

Pi greco e Napoleone

Due appuntamenti fissi sono diventati ormai i post di Furio Honsell sul pi greco, nella giornata mondiale dedicata a questo numero iconico della matematica (il 3/14 di ogni anno) e quello di Aldo Carioli su Napoleone all’Isola d’Elba. Quest’ultimo, normalmente proposto il 5 maggio, quest’anno è stato ripresentato anche in occasione dell’arrivo nelle sale del film di Ridley Scott.

Napoleone all’Isola d’Elba

Arriva l’intelligenza artificiale multisensoriale

Si parla molto di intelligenza artificiale, e si è parlato molto anche di Gemini, la nuova AI di Google. Molti si sono focalizzati sui parametri tecnici, spesso senza cogliere la sua vera portata innovativa, basata sul fatto che si tratta di un modello progettato specificamente per affrontare dati multimodali, potremmo dire “multisensoriali”. Su Josway ne ha parlato Elena Cuoco, responsabile dell’ufficio di Data Science dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO), che dice: «La multimodalità è il modo con cui il cervello interpreta le situazioni e agisce di conseguenza. Immaginate un video senza audio o un testo senza musica: perderebbero gran parte della propria forza espressiva, perché sono proprio le diverse modalità in input che ci consentono di trarre conclusioni e di comprendere appieno il contesto».

Il Labirinto della Masone visto dall’alto
Il Labirinto della Masone visto dall’alto.

Perdersi in un labirinto e… trovare un tartufo

Per concludere, due esperienze che raccomando a tutti: un giro nel Labirinto di Franco Maria Ricci, il più grande del mondo e la cerca del tartufo, nella stagione autunnale, ad Alba. Ovviamente con mangiata finale!

A caccia del tartufo bianco d’Alba

In più: il meglio di Josway nel 2022

Il Cern, l’arte e i misteri dell’universo

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Quando si arriva al Cern, giungendo da Ginevra lungo la Route de Meyrin, si passa sotto un ponte che collega due grandi tubi in vetro e metallo. È il nuovo Science Gateway, progettato da Renzo Piano per accogliere i visitatori del celebre centro di ricerca e per ospitarne le attività di outreach. Cento metri sotto la struttura – che curiosamente assomiglia a un grande binocolo – scorrono fasci di protoni che vengono fatti scontrare tra loro all’interno del Large Hadron Collider, il più grande acceleratore di particelle al mondo. O, se vogliamo, il più grande e potente microscopio esistente.

A tavola con gli scienziati

Sono qui per incontrare Mónica Bello, curatrice e responsabile del programma Arts at Cern. Mónica ha gli occhi chiari e i capelli lunghi. È una storica dell’arte spagnola, con un’esperienza che passa per il CCCB di Barcellona, la Biennale di Venezia, Art Basel. Ci salutiamo all’ingresso e subito mi porta nello spazio dedicato alla mostra Exploring the Unknown. «Dal 2012, quando è arrivato il primo artista, abbiamo portato avanti la missione di far dialogare le arti e la scienza, invitando gli artisti a trascorrere un periodo di residenza al Cern», spiega. «E li supportiamo, anche finanziariamente e concettualmente, per sviluppare nuove opere». È questo, infatti, lo scopo principale di Arts at Cern. Gli artisti hanno così la possibilità di incontrare gli scienziati a mensa, davanti a un caffè, in ufficio, nel corridoio del dipartimento di fisica teorica, nelle sale di controllo e sottoterra, dove si svolgono gli esperimenti: ogni occasione è buona per chiarire un dubbio, per sviluppare un’idea, o anche semplicemente per parlare.

Il cosmo in un tubo

Siamo all’interno di uno dei tubi che formano il grande binocolo. Di fronte a noi, oltre l’ampia vetrata, si stagliano le montagne francesi del Giura spruzzate di bianco. «Finora non abbiamo mai avuto uno spazio espositivo», continua Bello, «quindi questo è uno spazio nuovo dove arte e scienza si incontrano attorno a un tema. Il tema di questo intero tubo è l’universo. Dall’altra parte del tubo (quella che guarda dalla parte opposta, verso la città di Ginevra, ndr) c’è il Big Bang e l’evoluzione del cosmo, con una spiegazione più scientifica; qui invece è rappresentato l’universo futuro, con le domande senza risposta interpretate dagli artisti dopo aver trascorso del tempo con noi».

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Round About Four Dimensions (2023) di Julius von Bismarck e Benjamin Maus è la proiezione in uno spazio 3D di un tesseratto. Oltre la vetrata del Science Gateway, la Route de Meyrin e le montagne del Giura (Foto Marina Cavazza).

Tessaratto meccanico

Le quattro opere presenti nella stanza sono state prodotte appositamente per questa esposizione. La prima è una struttura metallica che rappresenta una figura geometrica. La riconosco subito: è la proiezione tridimensionale di un ipercubo, o tesseratto, cioè la generalizzazione del cubo in quattro dimensioni. «È un’opera di Julius von Bismark, che è stato il nostro primo artista residente», spiega Bello. «Di solito la figura si muove e si espande fino a raggiungere un’altezza di due metri. L’artista era interessato ai limiti dell’immaginazione e ha deciso di costruire una macchina molto complessa in grado di funzionare in modo autonomo e trasmettere l’idea delle extra-dimensioni».

Il video mette in evidenza i mutamenti costanti dell’opera Chroma VII del coreano Yunchul Kim. 

L’universo nascosto

In questo momento, il tessaratto è fermo in posizione di riposo, perché si sta ricaricando. E lo fa attraverso il pavimento, senza cavi. A muoversi è invece un’altra opera, che pende dal soffitto al centro della sala. Si chiama Chroma VII ed è una specie di nodo che si avvolge su sé stesso, ma ogni tanto si anima e cambia colore come se fosse uno strano essere vivente. «L’artista, Yunchul Kim, coreano, è affascinato dai nodi», spiega Bello. «È stato qui nel 2018 ed è tornato; si era interessato alle tecnologie di rilevamento, quindi per un po’ ha sviluppato nuovi materiali per questo tipo di applicazioni». L’opera fa pensare alle extra-dimensioni compatte nella teoria delle stringhe. «Sì, potrebbe essere», reagisce Bello. «Quest’opera offre molte letture diverse e l’artista è abbastanza generoso da dire che ognuno la può interpretare come desidera. Ma quello che voleva rappresentare era l’azione di fenomeni nascosti su scala subatomica e cosmologica».

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Ryoji Ikeda, data.gram [n°4], 2023 (Foto M. Cavazza).

In simbiosi con la tecnologia

La terza opera, verso la quale ci spostiamo, è del giapponese Ryoji Ikeda. «È arrivato al Cern nel 2014 e l’anno successivo si è ispirato alle diverse scale di aggregazione della materia dal micro-mondo all’intero universo», prosegue Bello. Siamo di fronte a cinque schermi che aggregano dati scientifici di natura diversa, dagli scontri tra particelle osservati al Cern al genoma umano, fino alla distribuzione su larga scala delle galassie nell’universo. «L’opera è stata esposta alla Biennale di Venezia del 2019, era l’ultima negli spazi dell’Arsenale», racconta Bello prima di rivolgere l’attenzione alla successiva. «E qui siamo a Chloé Delarue, un’artista di Ginevra che sta seguendo un percorso davvero interessante, perché dopo essere stata qui, nel cuore dell’Europa, sta andando all’European Southern Observatory (ESO) in Cile, dove gli esseri umani sono quasi del tutto assenti e c’è un grande sito astronomico operato da remoto. Nel video esposto qui, che dura circa 40 minuti, l’artista sviluppa l’idea di come gli esseri umani e la tecnologia abbiano una relazione simbiotica».

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Chloé Delarue, TAFAA – TINA UNFOLLOW ALICE, 2023 (Foto M. Cavazza).

Due mondi a confronto

Terminato il percorso, ci ritroviamo all’ingresso della sezione didattica dedicata al Big Bang. Tra non molto Mónica deve andare, ma c’è tempo per un paio di domande sulle quali mi interessa il suo punto di vista.

Che cosa pensi che l’arte possa dare alla scienza?

Innanzitutto, penso che arte e scienza insieme, in un mondo travagliato come quello di oggi, possono dare speranza, la speranza che serve per andare avanti. Questa è una cosa di cui sono davvero convinta. Poi penso che la scienza non possa camminare da sola; non può essere una disciplina isolata, ma deve essere parte integrante della cultura e della società. E l’arte aiuta la scienza in questo.

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Mónica Bello, direttrice del programma Arts at Cern (Foto Courtesy M. Bello).

Proprio questo fa parte della tua missione qui al Cern, giusto?

Sì, la nostra missione è quella di riunire le diverse voci, la pluralità del nostro mondo. La missione è anche quella di rispondere a una richiesta che abbiamo avuto fin dall’inizio del Cern, negli anni ’70. Già allora c’erano artisti come James Lee Byars interessati al Cern, perché gli artisti hanno sempre voluto bussare alla porta dei laboratori per capire che cosa cercano gli scienziati in un ambiente di ricerca fondamentale. Si domandano che cosa facciano qui. Quindi noi abbiamo il compito di rispondere anche a questa richiesta; e il risultato che vediamo è che l’arte trasmette il linguaggio molto complesso della scienza in un modo molto più gentile e più intimo per chiunque. Quindi c’è un aspetto sociale in questa interazione che è molto importante per noi.

Ci sono similitudini e punti di contatto nel modo di lavorare degli artisti e degli scienziati?

Sì, penso soprattutto a come un’idea si forma nella mente: questo punto di partenza è comune per gli artisti e per gli scienziati. C’è poi un certo rigore, e c’è lo slancio con il quale artisti e scienziati cercano una risposta, creano gli strumenti e le metodologie che producono questa risposta, oppure creano un’altra domanda. Questa formazione di un’idea e il suo sviluppo sono una cosa comune tra i due mondi.

Pensi che le idee possano cambiare il mondo?

Sì. Possono cambiare il mondo o possono cambiare la nostra prospettiva; perché il nostro mondo è in continua trasformazione e un artista è molto agile nell’evidenziare i cambiamenti che stanno accadendo intorno a noi.

Link e approfondimenti

• Le interviste su arte e scienza a Guido Tonelli e a Stavros Katsanevas.
• Il sito di Arts at CERN, con la mostra Exploring the Unknown.
• Il sito del Cern e quello del nuovo Science Gateway.
Arte e scienza su Josway.
• L’Art and Science Summit, che vedrà protagonisti scienziati e artisti al Science Gateway del Cern il 30 gennaio 2024.

Napoleone all’Isola d’Elba

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Dal 4 maggio 1814 al 26 febbraio 1815. Tanto è rimasto in esilio all’Isola d’Elba Napoleone Bonaparte. Un mese prima era stato costretto ad abdicare, ormai sconfitto dagli eserciti di Austria, Inghilterra, Prussia e Russia. In cambio gli offrirono un micro-regno, il Principato dell’Isola d’Elba, creato ad hoc con il Trattato di Fontainebleau: “L’Isola d’Elba, scelta da Napoleone come luogo del suo soggiorno, formerà per tutta la sua vita un principato separato, da lui posseduto. Gli sarà data una rendita annuale di due milioni di franchi, da addebitare alle casse dello Stato francese”. Un esilio dorato sul conto della Restaurazione, non troppo lontano dalla sua Corsica. 

Grandi speranze

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Il busto di Napoleone, attribuito al francese François Rude e conservato nella Palazzina dei Mulini, a Portoferraio (R.Ridi/Visitelba.info).

Ma Bonaparte non era tipo da dedicarsi soltanto agli amati scacchi o al giardinaggio. «Napoleone, con l’Elba, aveva voluto conservare un brandello di potere, una piccola isola dove gli fosse ancora possibile, sia pure in una misura quasi ridicola, esercitarlo» ha scritto lo storico Luigi Mascilli Migliorini nel suo libro 500 giorni (Laterza), dedicato agli anni tra i due esili.

E infatti si impegnò a realizzare le aspettative che gli elbani avevano affidato a un manifesto appeso nei giorni del suo sbarco: “Napoleone è arrivato fra noi. La felicità dell’isola è assicurata”. Dopo avere affrontato l’annoso problema dei cani randagi, imposto regole di igiene pubblica, rivisto la rete stradale e istituito una corte d’appello, cercò di rianimare l’economia locale. Per mantenere una corte degna di questo nome e un esercito personale di 1000 soldati, la rendita non bastava e Napoleone aveva bisogno di fare cassa. Ai ricavi delle miniere di Rio Marina aggiunse l’attività di una manifattura di vetro e ceramica e quella degli altiforni, facendo di Portoferraio un porto vivace come non era stato da molto tempo. Ma aumentò anche le tasse, provocando almeno un tentativo di rivolta sull’isola. Poi trasformò una chiesa sconsacrata nel Teatro dei Vigilanti di Portoferraio, mettendo in vendita i 65 palchi per finanziare i lavori. Nelle campagne tentò senza successo di avviare l’industria della seta e tentò persino di colonizzare la vicina Pianosa; non aveva perso il suo istinto espansionista.

Vini Doc

Del territorio elbano l’imperatore si era già occupato cinque anni prima, nel 1809, quando era padrone di mezza Europa. Elisa Bonaparte, sua sorella e granduchessa di Toscana, aveva ricevuto una supplica dai notabili elbani: bisognava fare qualcosa per sostenere il comparto vitivinicolo dell’isola. Elisa ottenne dal fratello il Privilegio dell’imperatore, un documento ritrovato negli Archivi storici dell’Isola d’Elba. Il Privilegio aboliva per i vini elbani le tasse di pedaggio e consentiva la libera esportazione verso le coste italiane dei vini isolani corredati di certificato di origine. In pratica, Bonaparte aveva istituito la prima Denominazione di origine controllata elbana (si dice che tra i vitigni locali lui preferisse l’Aleatico).

Itinerario nella storia

 Camera da letto della Villa di San Martino, a Portoferraio (R.Ridi/Visitelba.info).
Camera da letto della Villa di San Martino, a Portoferraio (R.Ridi/Visitelba.info).

Ancora adesso l’empereur dà il suo contributo all’economia isolana, oggi prevalentemente turistica, grazie ai luoghi storici del suo esilio. A cominciare dalla Palazzina dei Mulini, la residenza ufficiale. Costruita a inizio Settecento nel punto più elevato di Portoferraio, dove un tempo si alzavano i mulini a vento del nome, la palazzina è in stile neoclassico, ma fu totalmente ristrutturata dal nuovo proprietario. L’architetto Paolo Bargigli ridisegnò un grande salone delle feste e gli appartamenti per la seconda moglie, Maria Luisa d’Austria, che però non ci mise mai piede. Qui erano invece di casa Paolina e Maria Letizia Ramolino, la madre, che raggiunse i figli con un passaporto falso.

Oltre a quadri e armi originali, la casa-museo ospita la biblioteca di Napoleone, con oltre 2300 volumi. Ma la stanza preferita dall’imperatore doveva essere quella con l’amata vasca da bagno in marmo: un luogo ideale per progettare la fuga con i fedelissimi, lontano da orecchie indiscrete.

Il lato privato

L’altro polo del tour napoleonico elbano è la residenza di campagna di Villa San Martino, a 5 km da Portoferraio. Qui oggi ci sono una galleria egizia e la collezione di stampe napoleoniche. La villa fu ristrutturata nel 1851 dal principe russo Davidov, che l’aveva ereditata. La sensuale Paolina avrebbe fatto da modella per la statua di Galatea che si trova qui.

La spiaggia della Paolina, dedicata alla sorella di Napoleone (R.Ridi/Visitelba.info).
La spiaggia della Paolina, dedicata alla sorella di Napoleone (R.Ridi/Visitelba.info).

L’eremo della Madonna del Monte, infine, fu il nido d’amore di Napoleone e Maria Walewska, sua amante che lo raggiunse all’Elba a settembre con il loro figlio, mai riconosciuto dal padre naturale. A proposito di controversie: se capitate a Portoferraio intorno al 5 maggio, potreste assistere alla messa in suffragio di Napoleone, nella Cattedrale della Misericordia. Una celebrazione che ha suscitato in anni recenti più di una protesta.

Parentesi chiusa

Duecentonovantotto giorni dopo lo sbarco all’Elba, Napoleone chiuse la parentesi del suo primo esilio. Il motto del principato era Ubicumque felix: “Felice ovunque”. Ma evidentemente a Parigi lo era di più. Così, la notte tra il 26 e il 27 febbraio 1815, dopo una festa-diversivo in maschera organizzata da Paolina, Napoleone salpò verso i suoi ultimi cento giorni di gloria, chiusi con il disastro di Waterloo e il secondo esilio. Questa volta, su un’isola da cui era impossibile fuggire: Sant’Elena.

(Articolo scritto in occasione dei 200 anni dalla morte di Napoleone Bonaparte, e riproposto negli anniversari successivi

Link e approfondimenti

• La poesia Il cinque maggio, di Alessandro Manzoni.
• Il sito sito www.visitelba.info
• A piedi o in mountain bike: 400 km di percorsi outdoor elbani.
• La Federazione Europea delle Città Napoleoniche e la Route Napoleon.

Il mistero della particella iperveloce venuta da chissà dove

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Chi sei? Da dove vieni? Senza rispondere a nessuna di queste domande, una misteriosa particella è caduta dallo spazio sulla superficie terrestre. I sensori del Telescope Array hanno, infatti, registrato l’arrivo sulla Terra di un raggio cosmico ad altissima energia, il più potente degli ultimi 30 anni, di provenienza sconosciuta e battezzato Amaterasu dal nome di una divinità del Sole della tradizione scintoista giapponese.

Normalmente le particelle hanno energie impercettibili su scala umana. Amaterasu aveva invece l’energia di una palla da tennis lanciata a 100 km/h

La ricerca, guidata da Toshihiro Fujii della Osaka Metropolitan University, in Giappone, ha come protagonisti i raggi cosmici, particelle cariche di energia che viaggiano quasi alla velocità della luce e che colpiscono in modo costante il nostro pianeta. I raggi cosmici hanno origini extraterrestri – galattiche o extragalattiche – e quelli ad altissima energia (Utra-High Energy) possono raggiungere valori milioni di volte superiori a quelli raggiunti dall’Lhc del Cern di Ginevra, il più potente acceleratore di particelle esistente.

Sembrava un errore

I raggi cosmici ad altissima energia sono eccezionalmente rari e per rilevarli occorrono strumenti estesi su grandi “aree di raccolta”. Il gruppo di Toshihiro Fujii ha utilizzato il Telescope Array, un rivelatore composto da 507 stazioni su un’area di 700 chilometri quadrati nel deserto dello Utah, negli Stati Uniti. E il 27 maggio 2021 ha rilevato una particella con un’energia davvero mozzafiato: 244 EeV, pari a quella di una pallina da tennis sparata a 100 km/h. «Quando ho visto per la prima volta i dati», racconta Fujii, «ho pensato che ci fosse un errore, poiché la particella mostrava un livello di energia mai registrato negli ultimi tre decenni».

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Amaterasu mentre esce dalla caverna e torna a illuminare la Terra, come riportata in una stampa giapponese (Immagine Shunsai Toshimasa 1889/MAK – Museum of Applied Arts, Vienna).

Eventi di questo tipo sono infatti rarissimi. Il raggio cosmico più energetico mai osservato, con un’energia di 320 EeV, risale al 1991 ed è stato chiamato Oh-My-God (“Oh mio Dio”). La sua origine resta un mistero. Altrettanto misteriosa è Amaterasu: a causa della sua velocità così estrema, si ritiene che la sua traiettoria risenta molto poco delle deviazioni indotte dai campi magnetici che attraversa, come quello terrestre. Nella direzione da cui proviene, però, non si riesce a trovare nessuna stella o galassia che possa aver generato questa particella. Anzi, Amaterasu sembrava provenire da una zona vuota. I dati raccolti suggerirebbero tre possibili soluzioni: una deviazione magnetica molto più ampia di quella prevista dai modelli galattici; l’esistenza di una sorgente non identificata nel vicino spazio extragalattico; o, infine, una comprensione ancora incompleta della fisica delle particelle ad alta energia.

«Continueremo a cercare con il Telescope Array», conclude Fujii. «Nel frattempo, inizieremo un’indagine più dettagliata sulla sorgente di questa particella, grazie all’aggiornamento dello strumento TAx4, dotato di una sensibilità quadrupla, e ai rilevatori di nuova generazione». Chissà che prima o poi Amaterasu, come narra la leggenda, non esca dalla caverna per illuminare la strada verso la comprensione delle origini dei raggi cosmici.

Chiara Badia, Media Inaf
(Testo adattato. Licenza per il riutilizzo: CC BY-NC-SA 4.0 DEED)

 

Perché Gemini cambierà l’AI (e i suoi legami con l’astrofisica)

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Recentemente si è molto parlato di Gemini, il nuovo modello di intelligenza artificiale sviluppato da Alphabet, la casa madre di Google. In molti si sono focalizzati sulle sue prestazioni; ma la vera novità è che questo modello è progettato specificamente per affrontare dati multimodali. Ciò significa che è in grado di elaborare e comprendere simultaneamente testi, immagini, video, suoni e codice, combinando le informazioni provenienti da diverse modalità per ottenere una comprensione più completa di ciò che apprende.

Game changer

A differenza di altri modelli di intelligenza artificiale, come ChatGPT, che sono stati inizialmente progettati per la comprensione e la previsione del linguaggio e poi estesi ad altre modalità, Gemini è stato sviluppato fin dall’inizio come modello multimodale. Questo gli conferisce una grande potenza nel trattare dati che contengono informazioni provenienti da più fonti.

Un esempio concreto della sua efficacia è stato mostrato da Google. Quando gli è stato presentato un testo scritto a mano da uno studente, accompagnato da un’immagine correlata, Gemini è stato in grado di correggere gli errori nel testo e di fornire la soluzione corretta al problema. Questa capacità di combinare e di interpretare dati multimodali dimostra la potenza e l’efficacia dello strumento.

Gemini
Gemini si presenta in tre modalità distinte. La versione “Nano” sarà compatibile con qualsiasi dispositivo IoT, la versione “Pro” sarà integrata in Bard (il vero concorrente di ChatGPT) e la versione “Ultra” potrà essere eseguita su server, permettendo analisi e previsioni molto più complesse.

Per questo motivo, Gemini è certamente un game changer nel panorama in rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale. La multimodalità è infatti il modo con cui il cervello interpreta le situazioni e agisce di conseguenza. Immaginate un video senza audio o un testo senza musica: perderebbero gran parte della propria forza espressiva, perché sono proprio le diverse modalità in input che ci consentono di trarre conclusioni e di comprendere appieno il contesto.

Lavoro di squadra

Il successo di Gemini è il risultato di un lavoro non solo del team di intelligenza artificiale, ma anche del gruppo di ingegneri infrastrutturali del centro di calcolo e degli scienziati informatici coinvolti. Il gruppo di intelligenza artificiale si è infatti impegnato nell’addestramento e nell’affinamento dei modelli multimodali. Il gruppo di ingegneri infrastrutturali del centro di calcolo, invece, ha svolto un ruolo cruciale nello sviluppo e nella gestione delle risorse necessarie per supportare la potenza di calcolo richiesta. Grazie a questa sinergia, che include anche i computer scientist, Gemini ha potuto sviluppare questa sua enorme capacità di interpretare e comprendere dati multimodali.

L’importanza dei dati

È innegabile che l’accesso a dataset di allenamento ampi diventi sempre più fondamentale e che ciò comporti un aumento dell’importanza dell’acquisizione di dati. La forza dell’intelligenza artificiale risiede, in larga misura, nella sua capacità di apprendere da dati significativi. Maggiore è la quantità e la varietà dei dati disponibili, maggiori sono le possibilità di identificare pattern, correlazioni e relazioni che portano a previsioni più accurate e informate.

Di conseguenza, l’acquisizione di dati di alta qualità e rappresentativi diventa una priorità per i ricercatori e gli sviluppatori. Ciò può comportare sforzi per raccogliere informazioni da diverse fonti, collaborare con organizzazioni o istituti per accedere a dataset esistenti o utilizzare tecniche di generazione sintetica dei dati.

L’osservatorio di La Silla, situato a 2.400 metri di quota in Cile (Foto ESO/B. Tafreshi, twanight.org). L’analisi multimodale usata da Gemini si può applicare anche all’astronomia, in particolare all’astronomia multimessaggera che integra dati di natura diversa (gravitazionale, elettromagnetica e neutrini).

Dal web all’universo

Le tecniche multimodali possono essere di grande aiuto anche in astrofisica, per migliorare la ricerca e la comprensione dei fenomeni celesti – come esplosioni di supernovae e scontri tra stelle di neutroni – che emettono informazioni con diverse modalità: onde gravitazionali, onde elettromagnetiche (come la luce) e neutrini. Attraverso l’acquisizione di dati multimodali provenienti da diversi rivelatori per uno stesso fenomeno fisico, ad EGO (l’Osservatorio Gravitazionale Europeo, che gestisce il rivelatore Virgo), con un team di ricercatori, intendiamo creare un modello simile a Gemini che ci consenta di effettuare previsioni più accurate nel campo dell’astrofisica.

A differenza di Gemini, i nostri dati in ingresso saranno specifici per segnali astrofisici e includeranno diverse modalità, come serie temporali, immagini, tracce, video e misure numeriche relative all’energia emessa, alla distanza e alla posizione nel cielo. Integrando queste informazioni con altre fonti, miriamo a ottenere una visione più completa e dettagliata dei fenomeni che potremmo esaminare. Nonostante i dati non siano perfetti e possano presentare un rapporto segnale-rumore non ottimale, confidiamo che l’utilizzo di tecniche multimodali ci permetterà di sfruttare appieno le informazioni disponibili e di migliorare le nostre previsioni. Il nostro obiettivo è ottenere una comprensione più approfondita dei fenomeni celesti, consentendoci di fare passi avanti significativi nella ricerca e nella comprensione dell’universo.

Link e approfondimenti

• Un’introduzione a Gemini da parte di DeepMind.
• Altri articoli su Josway sull’intelligenza artificiale.
L’articolo scientifico su arXiv di Elena Cuoco et al., “Multimodal Analysis of Gravitational Wave Signals and Gamma-Ray Bursts from Binary Neutron Star Mergers Universe” (2021).
L’articolo scientifico di Elena Cuoco et al., “Computational challenges for multimodal astrophysics”, Nature Computational Science 2, 479–485 (2022).