I due rinascimenti di Urbino

Si dice che Urbino, “città in forma di palazzo”, abbia vissuto due rinascimenti. Uno, più conosciuto, all'epoca di Federico da Montefeltro. L'altro all'epoca di Carlo Bo, esattamente 500 anni dopo.

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I due rinascimenti di Urbino

Si dice che Urbino, “città in forma di palazzo”, abbia vissuto due rinascimenti. Uno, più conosciuto, all'epoca di Federico da Montefeltro. L'altro all'epoca di Carlo Bo, esattamente 500 anni dopo.

Si dice che Urbino, descritta come “città in forma di palazzo” da Baldassare Castiglione nel Libro del Cortegiano (1528), abbia vissuto due rinascimenti.

1. Sotto il segno di Federico da Montefeltro

Il primo è quello noto a tutti, fiorito sotto Federico da Montefeltro (1422-1482) che aveva fama di condottiero spietato verso i suoi nemici. Alla sua corte operarono i migliori artisti, scienziati e architetti dell’epoca. Di particolare importanza per la città fu l’architetto senese Francesco di Giorgio Martini, consigliere personale del duca, che fu incaricato di realizzare rocche e fortificazioni nell’intero territorio del ducato: a Sassocorvaro, a Montecerignone, a Macerata Feltria, a Mondavio, a Cagli, a San Leo e così via.

“Non può essere che Urbino un palazzo che anziché sorgere entro le mura d’una città contiene una città tra le sue mura”
(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)

Nel 1464 iniziò la realizzazione del Palazzo Ducale sotto la guida dell’architetto dalmata Luciano Laurana. Nel 1472 subentrò nella direzione dei lavori Francesco di Giorgio, che vi si dedicò fino alla morte di Federico e anche oltre. Il connubio fra il duca e l’architetto portò quindi alla realizzazione di quella che molti considerano la città simbolo del Rinascimento italiano, una vera città ideale nella quale trascorsero lunghi periodi Leon Battista Alberti, Piero della Francesca, Paolo da Middelburg, e vi nacquero Donato Bramante e Raffaello Sanzio.

2. Sotto il segno di Carlo Bo

Il secondo Rinascimento di Urbino si sviluppò esattamente 500 anni dopo, nella seconda metà del Novecento, sulla spinta del docente e critico letterario Carlo Bo (1911-2001), rettore dell’ateneo cittadino per 54 anni e senatore a vita dal 1984. Bo affidò all’architetto genovese Giancarlo De Carlo la realizzazione di molte strutture dell’università.

Collegi Universitari Urbino Giancarlo De Carlo
I collegi universitari costruiti da Giancarlo De Carlo su una collina a 1 km dal centro storico di Urbino tra il 1962 e il 1983. Sono costituiti da 4 strutture immerse nel verde: il Colle, il Tridente, l’Aquilone-Serpentine e la Vela (foto di una stampa presente sul posto, A. Parlangeli).

Così De Carlo ristrutturò alcuni fra i più grandi complessi rinascimentali ancora esistenti, inserendovi dipartimenti e uffici. Ma soprattutto realizzò tra il 1962 e il 1980 una enorme struttura residenziale, una città ideale per studenti: il complesso dei Collegi universitari al Colle dei Cappuccini. Una struttura immersa nel verde ad appena un chilometro dal centro, con circa 1.500 posti letto, teatri, auditorium, sala proiezioni, sale per riunioni, mensa, bar, spazi comuni, sale studio, una biblioteca.

Dettagli dei collegi universitari realizzati da Giancarlo De Carlo a Urbino. Sono uno degli esempi più riusciti di architettura partecipativa (foto A. Parlangeli).

Urbino divenne in quel periodo un vivace centro culturale, che negli spazi disegnati da De Carlo accolse conferenze e ospiti provenienti da tutto il mondo. Tra questi anche Italo Calvino, che nelle sue Città invisibili (1972), in un dialogo immaginario tra Marco Polo e l’imperatore Kublai Kan, descrive il borgo così: “non può essere che Urbino un palazzo che anziché sorgere entro le mura d’una città contiene una città tra le sue mura”.

“La verità è che nell’ordine c’è la noia frustrante dell’imposizione, mentre nel disordine c’è la fantasia esaltante della partecipazione
(Giancarlo De Carlo, 1973)

Nella prefazione del Castello dei destini incrociati (1969), Calvino scrive anche: “L’idea di adoperare i tarocchi come una macchina narrativa combinatoria mi è venuta da Paolo Fabbri durante un seminario internazionale sulle strutture del racconto del luglio 1968 a Urbino”. E lo stesso De Carlo ha raccontato: «Italo Calvino era venuto a Urbino e aveva dormito al Collegio del Colle. Gli avevo chiesto, la mattina dopo, come si era trovato in quell’ambiente un po’ particolare. E lui mi aveva detto che tutto gli era molto piaciuto, ma quello che gli era piaciuto di più era stato che in quel Collegio uno potrebbe uscire al mattino perché deve incontrare una ragazza che gli piace. E allora comincia a seguire un percorso; però, a un certo punto, il percorso si dirama e poi si dirama ancora, e sale e scende e va in obliquo e offre sempre più scelte; finché arrivi a un ultimo incrocio dove incontri un’altra ragazza che ti piace ancora di più e ti dimentichi della prima: la tua vita cambia e la causa è l’architettura».

(Ha collaborato Andrea Parlangeli)

Link e approfondimenti

• Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Italo Calvino. Qui, i post su Josway dedicati al rapporto tra lo scrittore e la teoria della complessità che ha portato al Nobel il fisico Giorgio Parisi.
• La descrizione di Zobeide nel libro Le città invisibili (1972) di Calvino.
Il Castello dei destini incrociati (1969) di Italo Calvino.
La città ideale nella storia.
• Il libro L’architettura della partecipazione (Quodilibet, 2013) di Giancarlo De Carlo.

Gian Italo Bischi
Gian Italo Bischi
Laureato in fisica, è professore ordinario di Matematica generale e Sistemi dinamici e giochi evolutivi presso il Dipartimento di Economia, Società, Politica dell’Università di Urbino. Ha pubblicato articoli e libri sui modelli dinamici e le loro applicazioni alla descrizione di sistemi complessi. Si occupa anche di divulgazione, in particolare sulle connessioni fra la matematica e gli altri campi del sapere.

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