Due fratelli, due castelli

La straordinaria vicenda parallela di Federico da Montefeltro e del fratello Ottaviano, e dei rispettivi palazzi.

-

Due fratelli, due castelli

La straordinaria vicenda parallela di Federico da Montefeltro e del fratello Ottaviano, e dei rispettivi palazzi.

Dalla seconda metà del Quattrocento fino alla prima metà del Seicento, il ducato di Urbino è stato la sede di un vasto dibattito artistico, tecnico e scientifico, che lo ha reso un riferimento unico al mondo. Questo splendore urbanistico e culturale, che supera di gran lunga le modeste dimensioni della città e del suo ducato, inizia con Federico da Montefeltro (1422-1482) figlio adottivo di Guidantonio, che diventa signore di Urbino nel 1444 subito dopo la morte del fratellastro Oddantonio (1427-1444), figlio legittimo di Guidantonio. Nel periodo della sua signoria spicca la costruzione dell’enorme palazzo ducale, progettato da architetti del calibro di Leonbattista Alberti, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini. La sua costruzione, durata più di venti anni, richiama a Urbino i più famosi artisti e scienziati dell’epoca e favorisce la creazione dell’ambiente culturale e tecnico nel quale si formano personalità come Bramante, Raffaello e tanti altri. Con le sue 250 sale, 600 finestre e 500 addetti fra personale di corte, manutentori, medici, astrologhi, contabili, stallieri, addetti alla biblioteca, giardinieri, artisti, persino elemosinieri, oltre all’esercito ben pagato, suggerirà a Baldassarre Castiglione la celebre definizione di “città in forma di palazzo”.

In compagnia

In realtà Federico non fu da solo a governare il ducato di Urbino, ebbe sempre al suo fianco Ottaviano Ubaldini della Carda (1422/1423-1498), suo fratello (forse persino gemello secondo alcune fonti). Li vediamo uno di fronte all’altro (Ottaviano a sinistra, Federico a destra) in un bassorilievo di Francesco di Giorgio Martini conservato nella galleria Nazionale presso il palazzo ducale di Urbino.

Destini paralleli

Cresciuto insieme a Federico tra Gubbio e Urbino durante la prima infanzia, nel 1432 Ottaviano viene condotto a Milano presso la corte di Filippo Maria Visconti, mentre il fratello viene mandato a Venezia e in seguito a Mantova presso i Gonzaga, dove frequenta la scuola di Vittorino da Feltre, noto pedagogo dell’Umanesimo. Federico poi diventerà un famoso condottiero, a capo del più temuto esercito mercenario di quel periodo, mentre Ottaviano si dedicherà alle lettere, all’arte e alla scienza.

Urbino
Il Palazzo Ducale di Urbino, costruito da Federico da Montefeltro. Si dice che le due torri simboleggino lui e il fratello Ottaviano (Foto A. Parlangeli).

Federico a Urbino

Alla morte del duca Filippo Maria, nel 1447, Ottaviano abbandona Milano per tornare a Urbino, accanto al fratello, che affianca nel governo del ducato. Da questo momento, e anche dopo la morte di Federico, Ottaviano ricopre un ruolo di primaria importanza nell’amministrazione e nella gestione delle attività culturali del ducato, spesso unico governante durante le lunghe assenze di Federico in occasione delle guerre più impegnative. L’impegno di Ottaviano non viene meno neanche dopo l’arrivo a Urbino della seconda moglie di Federico, Battista Sforza, figlia del signore di Pesaro, con la quale stringe ottimi rapporti inaugurando una proficua collaborazione.

L’aquila e la tartaruga

Federico assume come proprio simbolo l’aquila, simbolo di potenza, determinazione e acutezza. Ottaviano predilige la tartaruga, simbolo di longevità e lentezza, virtù di chi studia e riflette. Insomma, non fu un uomo solo al comando a creare lo splendore e la fama di Urbino, ma il connubio, sempre in perfetta armonia, fra due fratelli. C’è persino chi afferma che i due torricini che rendono inconfondibile il palazzo e che sono oggi il simbolo della città, rappresentino – come torri gemelle – proprio Federico e Ottaviano.

Sassocorvaro
Il castello di Ottaviano a Sassocorvaro (Pu). Ha forma di tartaruga (Foto A. Parlangeli).

A prova di bomba

Ma non finisce qui. Anche Ottaviano, infatti, ebbe il suo palazzo, sempre progettato da Francesco di Giorgio Martini e realizzato nel vicino borgo di Sassocorvaro, sul fiume Foglia. Un castello con mura così solide che durante la Seconda guerra mondiale sarà scelto dall’eroico soprintendente Pasquale Rotondi come rifugio “a prova di bomba” per le opere d’arte delle Marche e di Venezia.

Un palazzo, guarda caso, la cui pianta ha la forma di una tartaruga.

La Rocca ubaldinesca di Sassocorvaro, questo il suo nome, con le sue torri curve, le possenti fondamenta, il signorile piano nobile e l’elegante cortile, è un vero gioiello rinascimentale, che unisce i canoni dell’architettura militare con quelli dell’eleganza delle stanze e degli spazi aperti. Un vero e proprio manifesto volto a esaltare la figura del principe, cultore e protettore delle arti, amante delle lettere, ed esperto delle tecniche scientifiche e alchemiche; ma anche una rocca con la struttura necessaria per difendersi dagli attacchi degli eserciti nemici. In breve: un capolavoro.

Link e approfondimenti

• La storia dei due fratelli sul sito della Treccani.

• L’articolo su Josway sui due rinascimenti di Urbino.

• Il libro La Rocca Ubaldinesca Enigma di Architettura (Leardini) di Silvano Tiberi.

• Il libro Ottaviano Ubaldini, AA.VV. (Edizioni L’Alfiere).

• Il libro Storia di un mago e di cento castelli (Cassa di Risparmio di Pesaro, 1986) di Luigi Michelini Tocci.

Gian Italo Bischi
Gian Italo Bischi
Laureato in fisica, è professore ordinario di Matematica generale e Sistemi dinamici e giochi evolutivi presso il Dipartimento di Economia, Società, Politica dell’Università di Urbino. Ha pubblicato articoli e libri sui modelli dinamici e le loro applicazioni alla descrizione di sistemi complessi. Si occupa anche di divulgazione, in particolare sulle connessioni fra la matematica e gli altri campi del sapere.

Il viaggio più estremo

CoverI Buco Nero

Primo piano

Categorie più popolari

Recent comments