La matematica di Fermo

Tra archi, spirali e simmetrie, un percorso ricco di storia e curiosità per le vie del capoluogo marchigiano che in questi giorni è sede di un festival della scienza.

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La matematica di Fermo

Tra archi, spirali e simmetrie, un percorso ricco di storia e curiosità per le vie del capoluogo marchigiano che in questi giorni è sede di un festival della scienza.

Ferma di nome e di fatto, “Firmum firma fides Romanorum colonia” – come fu definita – deve la sua fama di fedele colonia Romana al suo comportamento durante le guerre puniche, e in particolare la seconda, nel lontano 207 a.C., quando invece di ribellarsi come molte altre città, sostenne Roma nel combattere Annibale. Ma ferma, nel senso di inespugnabile, questa città delle Marche aveva già dimostrato di esserlo diversi anni prima, tanto da essere definita “castrum vocabulo et natura Firmum”, fortezza solida per nome e per natura. Del resto, la radice indoeuropea “Fir” significa “vetta”, “cima”: ed è proprio alla sua posizione sulla cima del colle Sàbulo, oltre che alle sempre ben salde fortificazioni, che Fermo deve la sua fama di città difficile da conquistare.

Strade a spirale

Alla posizione arroccata Fermo deve anche la sua peculiare conformazione urbanistica, che si può apprezzare guardando una pianta del centro o, meglio ancora, su Google Earth: come si conviene a una buona cittadina medioevale, la parte vecchia si scocuzzola dall’alto verso il basso seguendo stradine irte e passaggi non sempre agevoli, seppur suggestivi.

Mappa Fermo
La mappa della città di Fermo, nelle Marche. Il centro storico si sviluppa intorno al punto più alto, il piazzale Girfalco.

Vedendo la carta prima di visitare fisicamente la città, viene spontaneo chiedersi per quale ragione i fermani abbiano deciso di realizzare le loro strade spiralizzando attorno alla piazza principale, il piazzale Girfalco, invece di seguire percorsi rettilinei che, magari, si incrociano tra loro perpendicolarmente come nella struttura classica cardo/decumano delle città romane. La risposta la può trovare da sé chi giunga fisicamente nel piazzale, e risiede nel concetto matematico di “cammino geodetico”. Dati due punti A e B di una qualsiasi superficie S, chiamiamo cammino geodetico tra A e B (o, per semplicità, geodetica tra A e B) qualsiasi linea dritta che congiunga i due estremi – per intenderci, qualsiasi cammino che possiamo percorrere in bicicletta tenendo sempre dritto lo sterzo. Tra tutte le geodetiche, sono in particolare interessanti quelle minimali, ovvero quelle che rappresentano, oltre a un cammino dritto, il cammino più corto tra i due estremi.
Se la superficie S è il piano, l’unico modo che si ha per andare in bicicletta da A a B senza girare lo sterzo è percorrere il segmento AB – che, tra l’altro, costituisce anche il percorso più breve tra A e B. In altri termini, le geodetiche del piano sono le rette, ed è esattamente per questo che nelle città pianeggianti molto spesso la struttura urbanistica è quella di una scacchiera di rettangoli delimitati da strade perfettamente diritte e perpendicolari tra loro: esempio classico New York, ma anche Torino.

Arrivare in cima

Se la città però, come in questo caso, non è pianeggiante, una struttura di quel tipo non è funzionale, per il semplice fatto che le geodetiche, su una superficie non più piatta ma curva, curvano anch’esse a seguire la conformazione del terreno. Per andare dalla vetta di Fermo (dove si può ammirare la cattedrale) alla base, dovremo inoltre seguire un criterio che concili l’aspirazione alla strada più breve con il ragionevole desiderio di salvare entrambi i menischi (o la dentatura, se ci muoviamo in bicicletta). E spesso troveremo tracciate entrambe le soluzioni: la geodetica più breve, con la quale arriviamo prima ma con più fatica, e qualche percorso meno ardito, che percorreremo però più agevolmente, certi di arrivare in fondo sani e salvi.

Nelle cisterne Romane

A questo punto siamo pronti per entrare nel cuore della città e cominciare il nostro viaggio. La visita del turista matematico non può che partire dalle cisterne romane, un’opera straordinaria realizzata in epoca augustea per raccogliere e conservare l’acqua piovana e sorgiva destinata a rifornire la città, e tanto ingegneristicamente perfette da aver funzionato come serbatoi fino agli anni ’80 del secolo scorso. Le cisterne sono costituire da ben trenta sale impermeabilizzate che si estendono per oltre 2000 metri quadri. Insomma, una meraviglia assoluta.

Cisterne romane Fermo
Le cisterne Romane a Fermo (archivio Comune di Fermo).

Il regno dell’arco

A dominare l’ambiente, dal punto di vista geometrico, è l’arco a tutto sesto caratteristico dell’architettura romana. Vedendone ancora tanti, belli solidi, a un millennio di distanza, Leonardo da Vinci definiva questi archi classici come “una fortezza causata da due debolezze”: ciascun arco a tutto sesto, infatti, è costituito da due quarti di cerchio, la metà destra e la metà sinistra, che si incontrano nella chiave di volta, ovvero nel concio centrale.

Poco efficiente

I suddetti due quarti, come dice Leonardo, “ciascuno debolissimo per sé desidera cadere e oponendosi alla ruina l’uno dell’altro, le due debolezze si convertono in un’unica fortezza”. I due quarti di cerchio, cioè, si puntellano l’uno con l’altro, e in questo modo l’arco che costituiscono rimane bello saldo per millenni. In realtà, oggi sappiamo che, dal punto di vista della distribuzione statica delle forze, un arco a tutto sesto è decisamente una schifezza. La chiave di volta, non potendo scaricare il suo peso in verticale (altrimenti cadrebbe), lo fa perpendicolarmente al piano di appoggio con i due conci adiacenti, determinando così due forze inclinate, che si propagano agli altri conci per mutuo contrasto. Si determina quindi una forza totale, anch’essa inclinata, che corrisponde al peso complessivo dell’arco sui piedritti.

Schema Arco
Nomenclatura dell’arco (S. Benvenuti).

In parole semplici, il peso dell’arco e degli elementi che sorregge si distribuisce in modo da gravare sulla struttura di appoggio, spingendo i piedritti verso l’esterno: se vogliamo che la struttura non crolli, dobbiamo dotarla di piedritti belli robusti e di un contenimento (detto contrafforte) che contrasti la componente laterale della spinta. E infatti le strutture romane ad arco, comprese quelle delle cisterne di Fermo, sono tutt’altro che slanciate.

L’arco gotico e quello “ottimo”

In questo senso, l’arco a sesto acuto – tipico per esempio dell’architettura gotica – è già un po’ meglio, perché in questo caso la risultante delle spinte cade molto più vicino alla base del piedritto (cioè ha una componente orizzontale minore); questo fa sì che si possa fare a meno dei grossi spessori murari che fungevano da contrafforte nel caso dell’arco romano e che si possano sostituire i massicci pilastri di sostegno con colonne più slanciate. “Stampelle”, le chiamava comunque con malcelato disprezzo Antoni Gaudí, l’architetto catalano che ha progettato la Sagrada Familia. A lui piaceva infatti un altro tipo di arco, che di stampelle può fare completamente a meno grazie alla sua forma: si tratta dell’arco catenario, configurazione “ottima” – garantita dalla matematica – che a parità di materiale di costruzione utilizzato è quella di minimo peso in grado di sopportare un carico fissato. Lungo un arco catenario il carico è infatti distribuito in modo omogeneo e per questo, a differenza degli altri tipi, questo arco sta in piedi senza bisogno di contrafforti o di altri elementi di supporto.

Produzione in serie

Come è possibile allora che i romani, da bravi costruttori quali erano, non abbiano pensato all’arco catenario, che avrebbe consentito maggiore solidità con minore spreco di pietroni? Chissà. Da una parte, forse non avevano conoscenze matematiche sufficienti. Dall’altra, l’arco a tutto sesto ha un indubbio vantaggio: è più semplice da realizzare, perché i suoi conci sono tutti uguali e si prestano alla produzione in serie, mentre in un arco catenario la forma dei conci cambierebbe da punto a punto, con conseguente spreco di tempo, di soldi e di energie.

In prospettiva

Tornando alla foto delle nostre cisterne, un indubbio elemento di fascino è costituito dalla prospettiva con cui possiamo ammirare gli archi in sequenza. L’effetto prospettico, infatti, fa sì che archi che nella realtà hanno le stesse dimensioni appaiano più piccoli quanto più sono lontani; mentre le basi dei piedritti sembrano a mano a mano convergere verso un punto in lontananza. La spiegazione la fornì già Euclide, con i teoremi 6, 10 e 11 della sua Ottica, risalente al lontanissimo 300 a.C. Tradotti per i comuni mortali, i tre enunciati non fanno altro che descrivere il fatto – di cui abbiamo esperienza quotidiana quando guardiamo un lungo viale alberato, o i binari di un treno, o una lunga fila di archi identici – che due linee parallele, a mano a mano che si allontanano, ci appaiono come se convergessero.

Papi e meridiane

Usciti dalle cisterne romane, raggiungiamo piazza del Popolo, ignoriamo bar e ristoranti per focalizzare l’attenzione sul vecchio palazzo comunale, il Palazzo dei Priori, che ha uno scalone su due lati e su cui campeggia la statua di Sisto V, papa fermano.

Palazzo dei priori
Il Palazzo dei priori di Fermo. In alto sulla scalinata, papa Sisto V. In alto a sinistra, una meridiana (Santiloni).

Sulla facciata dello stesso palazzo, che all’interno ospita un meraviglioso mappamondo del 1713 in legno e carta di Fabriano, il turista matematico non può fare a meno di notare una meridiana. È una delle tante presenti a Fermo, a causa della solerzia di don Alberto Cintio (1941-2012), sacerdote astronomo che ha letteralmente disseminato la città di orologi solari. Cercarli tutti può essere un buon passatempo, per gli appassionati.

Verso il cielo

Noi proseguiamo invece la salita al colle, che a seconda della nostra personale propensione al martirio condurremo attraverso uno dei tre cammini possibili, nessuno dei quali è del tutto indolore. I più pigri sceglieranno di farlo lungo la via più lunga ma più dolce, che passa dal Teatro dell’Aquila, un gioiello che regge bene il confronto con colleghi più famosi. Coloro che si sentono in vena di qualcosa di più percorreranno invece il cammino ripidissimo che offre in premio la vista dei resti dell’antico anfiteatro romano. I più audaci opteranno infine per il cammino geodetico, con panoramica sui suggestivi vicoletti che portano all’abside della cattedrale.

Tutti si ritroveranno comunque sulla sommità della collina, ad ammirare la Cattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo, edificata proprio lì dove in tempi antichi i fermani avevano una fortificazione con tanto di mura, a difesa di una posizione tanto strategica da essere stata più volte oggetto di lotte per la sua conquista. Da qui si vede il mare, collegato alla rocca dal panorama circostante e da tantissimi cunicoli segreti che scendono ancora oggi fino a Porto San Giorgio.

Simmetrie rigorose…

La facciata della cattedrale offre al turista matematicamente orientato almeno due spunti di riflessione, entrambi legati a uno dei concetti chiave della disciplina: la simmetria. Il termine ha in matematica un significato ben preciso: chiamiamo simmetria un qualunque movimento che consente di spostare un oggetto senza che sia possibile rendersene conto. Se, per esempio, di fronte al bellissimo rosone dello scultore fermano Giacomo Palmieri, che spicca sulla facciata della cattedrale, chiudete gli occhi e qualcuno lo ruota in modo tale che quando li riaprite non siete in grado di dire se si è mosso o meno, ebbene, in tal caso il movimento effettuato è una simmetria. La struttura matematica che codifica le proprietà di simmetria di un oggetto si chiama gruppo di simmetria. I rosoni, in particolare, non sono tutti uguali: cambiano non solo per quanto riguarda l’angolo della rotazione che li lascia invariati (ovvero l’ordine della rotazione), ma anche per qualcosa di più sostanziale. Alcuni, per esempio, sono conservati solo da rotazioni di angoli opportuni; altri, oltre alle rotazioni, ammettono anche riflessioni. E qui forse vi stupirà scoprire che il primo a classificare tutti i possibili rosoni fu proprio Leonardo da Vinci, che li divise in due grandi famiglie: ciclici (solo rotazioni) e diedrali (rotazioni e riflessioni).

Schema Rosoni
Esempi di rosoni ciclici e diedrali, fino all’ordine 5 (S. Benvenuti).

Il rosone del Palmieri, per esempio, ha ordine 12, ma è ciclico o diedrale? Suggerimento: chiedetelo a un amico e giocatevi uno Spritz all’Enoteca di Piazza del Popolo (La risposta in fondo all’articolo).

Duomo-di-Fermo-Generale
La facciata asimmetrica della Cattedrale di Fermo (MarcheTube MT Produzioni).

… E simmetrie rotte

Guardando la facciata nel suo complesso, risalente al quattordicesimo secolo, proviamo quasi una sensazione di turbamento, che ci deriva dalla sua peculiare asimmetria: se ci fate caso, l’architettura, soprattutto quella religiosa, ci propone quasi sempre facciate assolutamente simmetriche per riflessione. C’è solitamente un ingresso centrale, sormontato da un rosone altrettanto centrale e affiancato a destra e sinistra da due strutture che si sviluppano quasi specularmente, almeno nelle loro linee essenziali. Qui no, qui la struttura è sbilanciata, con l’ingresso non perfettamente al centro e una marcata differenza tra la parte destra e quella sinistra. C’è di che rimanere turbati, e dal turbamento deriva il fascino, nella consapevolezza che forse è proprio vero, come dice un detto zen, che “la vera bellezza è una deliberata, e parziale, rottura di simmetria”.
(Risposta al quesito nel testo: il rosone della cattedrale è di tipo diedrale)

Link e approfondimenti

• Su Fermo, l’articolo Alla scoperta di Fermo in 10 tappe di Silvia Benvenuti e il sito visitfermo.it.
• Sul turismo matematico, il libro di Silvia Benvenuti In viaggio con i numeri. Dieci passeggiate per mateturisti curiosi (EDT). Nel libro non si parla di Fermo.
• Il sito di Fermhamente, il festival della scienza di Fermo che si svolgerà dal 19 al 22 ottobre.

Silvia Benvenuti
Silvia Benvenuti
Silvia Benvenuti è docente di Matematiche complementari all’Università di Bologna. È autrice di monografie e articoli di comunicazione scientifica per riviste come Mate, Maddmaths!, Prisma. Ha partecipato a trasmissioni divulgative di Rai 3 e Rai Scuola. È membro del Centro matematita e del comitato Rpa (Raising Public Awareness) della European Mathematical Society, della commissione comunicazione dell’Unione Matematica Italiana e del comitato scientifico di Archimede, Nuova Lettera Matematica e Fermhamente. Viaggiatrice per via genetica e matematica di formazione, si occupa da anni di turismo matematico.

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