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Il suono nascosto della realtà

Ogni giorno produciamo una quantità sbalorditiva di dati che non riguardano solo social network o shopping online: riguardano informazioni scientifiche, istituzionali, sociali, aziendali. Per poterli analizzare, spesso utilizziamo lo strumento potente della visualizzazione, che ci permette di tradurre le informazioni in dimensioni, forme, colori. Questa modalità di lettura è efficace e immediata; ma non sempre riesce a fornire un’interpretazione corretta della realtà, ostacolando talvolta l’accesso a una comprensione più profonda. Che cosa succederebbe se invece provassimo ad “ascoltare” i dati, traducendo le informazioni in altezza di suono, volume, posizione stereo e timbro? Quali vantaggi potrebbe offrire una tale “visualizzazione uditiva”?

“Il vero miracolo non è che i numeri hanno effetto sulle cose, quanto piuttosto che essi possono esprimere la natura stessa delle cose.”

(Da una lettera del 1609 di Johannes Kepler all’amico e compagno di studi Helisäus Röslin)

Il suono è dinamico, è la prima sensazione che elaboriamo in un ambiente e trasmette messaggi che le immagini non hanno da sole. Da qualche anno la visualizzazione uditiva si sta affermando come una nuova disciplina di studio e un innovativo campo di ricerca al confine tra scienza, musica e arte. Gli ingegneri e i ricercatori che studiano questa idea utilizzano un processo di trasformazione chiamato sonificazione, che permette di catturare e di avere una migliore esperienza di fenomeni che per svariati motivi restano esclusi dalla nostra percezione sensoriale.

Solarium
Spettatori di fronte alla mostra Solarium organizzata presso il Goddard Visitor Center della Nasa (NASA/Bill Hrybyk).

Una lunga storia

La definizione ufficiale di sonificazione – di cui vedremo numerosi esempi – risale agli anni Novanta, quando è stata fondata la “International Community for Auditory Display”. Ma l’idea di “sonificare” il mondo non è nuova.

L’armonia delle sfere

I Greci concepivano il cosmo come una lira a sette corde suonata da Apollo. Altri popoli erano concordi nel ritenere che l’universo fosse un insieme di sfere concentriche all’interno delle quali trovavono posizione i pianeti. E i pianeti, durante il loro moto di rotazione, facevano emettere suoni a ciascuna sfera, dando vita a una “celeste sinfonia”. A detta del filosofo greco Porfirio (233-305 d.C.), Pitagora fu il primo a elaborare una teoria sull’“armonia delle sfere”, nella quale unì le sue conoscenze matematiche, geometriche, musicali e astronomiche.

Da Pitagora a Keplero

Il modello pitagorico rimase a lungo un punto di riferimento per la cosmologia, confluendo nelle arti liberali del quadrivio medioevale (aritmetica, musica, geometria, astronomia). Fino ad arrivare al 1619, quando l’astronomo tedesco Johannes Kepler lo ripropose con qualche aggiustamento nel suo libro Harmonices Mundi. Kepler superò il modello statico delle sfere circolari rendendolo dinamico e trasformando in ellissi le orbite che i pianeti percorrono con velocità variabile. Attribuì a ogni pianeta non un singolo suono, ma un intervallo la cui nota più grave corrispondeva alla velocità minima e quella più acuta alla massima. In altre parole, la struttura armonica del cosmo era rappresentata acusticamente dai pentagrammi, nei quali l’ampiezza degli intervalli era direttamente proporzionale all’eccentricità dei pianeti.

Il video riproduce e anima lo spartito a cui Keplero affidò l’armonia dei pianeti nel 1618. Realizzato da Arcangelo Di Donato (audio) e Mogi Vicentini (video) su progetto di Anna Lombardi.

Ordine e caos

Con le sue scoperte sulle orbite dei pianeti, Kepler rivoluzionò l’astronomia e aprì la strada alla moderna comprensione del cosmo; ma la sua spiegazione in chiave musicale è ormai definitivamente abbandonata. La suggestione, però, resta immutata anche ai nostri giorni, come dimostrano l’album Music of the Spheres di Mike Oldfield (2008) e quello, con lo stesso titolo, dei Coldplay (2021).

Sempre in ambito artistico, e sempre al confine con la scienza, alcuni esperimenti di sonificazione sono rintracciabili alla fine degli anni Cinquanta nelle composizioni di Iannis Xenakis, che applicò le tabelle di probabilità matematica a diversi parametri musicali nel brano Achorripsis e rappresentò la meccanica statistica dei gas, legando ogni molecola in movimento nello spazio a uno strumento a corda e a un tono, nel brano Pithoprakta.

Da allora, molti studi sono stati intrapresi per cercare di trovare le migliori tecniche di sonificazione per i vari tipi di informazioni da analizzare, interpretare e presentare; ma finora non è stato formulato alcun set conclusivo di regole. La sonificazione è ancora un mix di arte e tecnica.

Tutto è traducibile in suono

I dati utilizzabili, d’altra parte, possono provenire da una vastissima gamma di fenomeni: ogni vibrazione o fluttuazione misurabile, come le orbite planetarie, l’intensità dei terremoti, le fluttuazioni del mercato azionario, la posizione dei rami su un albero o la lunghezza delle parole in questo articolo, possono essere opportunamente sonificate.

Dal contatore Geiger al battito cardiaco

Geiger
Un contatore Geiger (Pixabay).

Il processo si applica in modo diretto ai fenomeni ciclici, perché la loro periodicità si trasforma immediatamente in frequenza sonora, come già sperimentato da Kepler. Ma, più in generale, la sonificazione è una di mappatura, che serve a correlare i dati di partenza a parametri sonori come intonazione, ampiezza, durata e timbro. Non è un divertimento: serve per percepire meglio gli schemi nascosti nei dati, e per apprezzarne le peculiarità. Un esempio è il contatore Geiger, che trasforma le radiazioni in “click” udibili. Un altro è il biosegnale in ambito medico, utile per monitorare i parametri vitali del corpo, come il battito cardiaco.

I rumori di Bruxelles

Uno degli esperimenti più riusciti di sonificazione è stato creato recentemente per trasmettere al pubblico informazioni sull’inquinamento acustico di Bruxelles. Un’esperienza immersiva che, sfruttando il potenziale del suono integrato alla visualizzazione, porta l’utente tra le strade della capitale belga.

Gli acuti dell’anidride carbonica

Interessante anche la sonificazione dei dati climatici per raccontare il surriscaldamento globale attraverso il suono, dove l’aumento della frequenza rappresenta la concentrazione di COnell’atmosfera e l’intensità delle corde pizzicate è proporzionata alle medie delle temperature. Questi e altri interessanti progetti di sonificazione possono essere osservati e ascoltati nel Data Sonification Archive, una raccolta di progetti di sonificazione e design.

Le vibrazioni di una ragnatela trasformate in suoni, progetto di sonificazione realizzato al MIT di Cambridge, Usa (Ian Hattwick, Isabelle Su, Christine Southworth, Evan Ziporyn, Tomás Saraceno e Markus Buehler).

Dallo spazio

Oggi la sfida è sonificare tutti i dati che provengono dallo spazio tramite sonde, radiotelescopi e altri strumenti di ultima generazione. La Nasa, per esempio, ha creato due progetti di grande valenza scientifica e di inaspettata valenza artistica. Uno è Solarium (v. foto in apertura), uno spettacolo multimediale immersivo tra immagini ad alta risoluzione della superficie del sole e la sua musica interna, ottenuta traducendo in suono le vibrazioni stesse che animano la nostra stella. L’altro è System Sound, un concerto il cui palco è la Via Lattea, nel quale si traducono in musica il ritmo e l’armonia del centro della nostra galassia sulla base delle osservazioni delle sonde della Nasa.

Il cinguettio dei buchi neri

L’ultima frontiera della sonificazione riguarda uno tra i fenomeni più sensazionali e sfuggenti della fisica moderna: le onde gravitazionali. Il chirp (“cinguettio”) di cui tanto si è parlato, in particolare, è un segnale gravitazionale che, in una frazione di secondo, aumenta di intensità mentre diventa più acuto e contiene informazioni su due buchi neri che spiraleggiano l’uno attorno all’altro negli ultimi momenti prima del loro scontro.

L’alba di Marte tradotta in suoni, sulla base di un’immagine del rover Opportunity (Domenico Vicinanza, Anglia Ruskin University, e Genevieve Williams, University of Exeter).

Nuovi linguaggi

Wanda Diaz Merced, astronoma non vedente di Porto Rico, si è trasferita attualmente all’osservatorio di onde gravitazionali Virgo a Cascina, vicino Pisa, per proseguire il suo lavoro di ricerca sulla sonificazione delle onde gravitazionali. Il suo obiettivo è doppio: da una parte fornire alla comunità scientifica uno strumento potente di indagine dello spazio profondo, dall’altro generalizzare la tecnica per permettere anche ai non vedenti di apprezzare la bellezza e la ricchezza degli oggetti celesti.

Il quadro totale, oggettivamente difficile da comporre, è di una straordinaria ricchezza. E oggi la sonificazione si è spinta così lontano ottenendo validi riscontri che ormai non ci sono dubbi sul fatto che dovremmo includerla nella nostra cassetta degli attrezzi, per estendere i metodi di indagine a nostra disposizione alla ricerca di una “visione” più ampia e profonda.

Altri link e approfondimenti

• Le composizioni di David Ibbett, che traducono in musica complessi concetti della fisica come i multiversi e i neturini.
• L’inquinamento dell’aria di Pechino tradotto in suono.
• Due esempi di sonificazione di immagini astronomiche: la Nebulosa del Granchio e i resti della Supernova 1987A (la “collana di perle” è il risultato dello scontro dell’onda d’urto prodotta dall’esplosione della stella, avvenuta nel 1987, con un anello di materia che la stella morente aveva espulso in precedenza).
[NASA/CXC/SAO/K.Arcand, SYSTEM Sounds – M. Russo, A. Santaguida]

Il fascino del pensiero “circolare”

Tutti conoscono la storia di Narciso, il giovane semidio della mitologia greca che, per punizione divina, s’innamorò della sua stessa immagine riflessa in un lago e morì cadendo nell’acqua in cui si specchiava. Questo mito è emblematico anche del modo in cui per secoli il pensiero occidentale ha bandito l’autoreferenzialità che dà origine a paradossi logici quali quello di Epimenide, citato da San Paolo nell’Epistola a Tito: “Un […] loro profeta ha detto: «I Cretesi sono sempre bugiardi, brutte bestie e fannulloni». Questa testimonianza è vera”. Oppure ancora l’autoreferenzialità che si manifesta in descrizioni come quella di Jules Antoine Richard (1905) del numero più piccolo che non si può descrivere con meno di tredici parole (che viene così descritto con dodici parole).

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Narciso e il suo riflesso, nello stesso quadro.

C’era una volta un re…

Vi sono però anche circolarità preziosissime, se non indispensabili, anzi virtuose, come una grammatica italiana scritta in italiano. A ben vedere, nemmeno i circoli viziosi sono sempre privi di significato. Si pensi all’autoironia di aforismi come questo dello sceneggiatore Dino Verde: “Le persone si dividono in due categorie. I geni e coloro che dicono di esserlo. Io sono un genio.” Oppure alla filastrocca (non priva di divertimento, e quindi di senso): “C’era una volta un re, seduto sul sofà, che disse al suo giullare, raccontami una storia. E questo incominciò: C’era una volta un re…”.  Giocando sul filo del rasoio del non-sense, le circolarità ci permettono di innescare un regresso all’infinito di meta-livelli che non è necessariamente fallace.

Coscienza antica

A ben guardare, la cifra stessa della coscienza è la circolarità. I due uccelli identici che compaiono sia nel Ṛg Veda (Mandala I.164.20) sia nel Muṇḍaka Upaniṣad (III.1.1), l’uno intento a mangiare, l’altro a guardare il compagno che mangia, sono una metafora antica del Sé che è cosciente del Sé.

द्वा सुपर्णा सयुजा सखाया समानं वृक्षं परिषस्वजाते
तयोरन्यः पिप्पलं स्वाद्वत्त्यनश्नन्नन्यो अभिचाकशीति

dvā suparṇā sayujā sakhāyā samānaṃ vṛkṣaṃ pariṣasvajāte
tayoranyaḥ pippalaṃ svādvattyanaśnannanyo abhicākaśīti

[due aquile (dvā suparṇā), simili (sayujā), insieme (sakhāyā), abbracciate allo stesso albero, una delle due (tayoanyaḥ) mangia (atti) i frutti dolci (pippalaṃ svādu), l’altra non mangia (anyaḥ anaśnan) ma supervisiona]

Conosci te stesso

L’apoftegma sul frontone del tempio di Delfi raccomandava un analogo sforzo di autocoscienza:

γνῶϑι σεαυτόν

[conosci te stesso]

La filosofia è piena zeppa di circolarità virtuose. Con il suo “Cogito ergo sum”, Cartesio pose le fondamenta del suo sistema al riparo di ogni dubbio, su una circolarità: non si può dubitare di qualcosa senza esserne consapevoli.

Sale nelle sale

Molte opere d’arte sono capolavori anche perché sono riflessioni sull’arte stessa. In primo luogo il cinema, che è ormai quasi obbligato a essere contemporaneamente meta-cinema in dialogo con la propria storia e portatore di un’algebra di citazioni. Da Fellini a Tarantino, che a sua volta lo cita, si perde il conto dei film che hanno almeno una scena in teatro o in una sala.

Persino il film di spionaggio cinese 懸崖之上 Xuányá zhī shàng (“Sopra il precipizio”) di Zhang Yimou, che ha aperto a Udine il Far East Film Festival del 2021, giocava su un’analogia, meta-cinematogtafica: la finzione dell’agente infiltrato e quella dell’attore che lo sta recitando, entrambi camminano sul precipizio!

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La locandina del film cinese Xuányá zhī shàng (in inglese Cliff Walkers) di Zhang Yimou.

Gioco di specchi

Fu André Gide a riconoscere e a valorizzare l’espediente artistico della mise en abyme che consiste nel riflettere o richiamare all’interno di un’opera una sintesi dell’opera stessa. Il nome deriva dall’araldica, che indica così il procedimento di mettere entro un primo stemma un altro “en abyme”.

Gide nel Journal 1889-1939 si riferì alla scena di teatro nel teatro dell’Assassinio di Gonzago nell’Amleto, e alla lettura fatta a Roderick nel Crollo della casa Uscher di Edgar Allan Poe. Aggiungerei, rispetto a qual racconto, anche l’immagine della casa stessa riflessa nel laghetto della casa. Questo perché, per Gide, sono proprio gli specchi dei pittori di scuola fiamminga come Hans Memling e Quentin Metsys a offire una moltitudine di esempi di autoriflessione.

Al di qua della scena

Non vi è dubbio, però, che l’apoteosi della circolarità si raggiunga con il quadro Las Meninas, ovvero Le damigelle d’onore (1656), di Diego Velázquez. Soprattutto dopo le pagine memorabili che gli sono state dedicate dal filosofo francese Michel Foucault (1926-1984), non vi è dubbio che questo quadro rappresenti la rappresentazione stessa. Las Meninas incrocia una pluralità di discorsi sulla circolarità, perché è un quadro che ritrae chi sta facendo il quadro. Ma chi sta ritraendo chi è ritratto mentre ritrae? I sovrani che guardano la scena riflessi nello specchio sulla parete in fondo? Non siamo forse noi nella loro posizione? Sì, siamo noi gli spettatori-visitatori del Museo del Prado, che ci troviamo dall’altra parte della tela, ad essere ritratti. Siamo noi illuminati dalla luce che proviene da destra. Lo specchio de Las Meninas riflette ciò che c’è fuori dalla superficie pittorica anzi ciò che c’è al di qua.

Las Meninas di Diego Velázquez
Las Meninas di Diego Velázquez (1656), conservato al Prado di Madrid.

Tanti esempi

Molti concetti e fenomeni mentali sono inaspettatamente circolari. La giustizia è tale se è giustizia per tutti. Abbiamo imparato nella pandemia che un importante determinante di salute è la salute degli altri. La conoscenza comune è tale solo se è riconosciuta da tutti come conoscenza comune. Discuteremo più avanti sotto forma di un esercizio il paradosso di Conway, che mostra come la nostra consapevolezza del mondo è implicitamente circolare. Quando seguiamo la regola convenzionale di dare la precedenza a destra, non solo mettiamo in pratica tale regola, ma nel metterla assumiamo che questa stessa convenzione sia adottata anche dagli altri. Una convenzione deve quindi presupporre sé stessa per affermarsi come tale.

I prezzi, la moda, le calunnie, sono ormai indiscutibilmente riconosciuti come fenomeni che si autoconfermano. Che cos’è la filosofia della mente se non pensare a un cervello che incarna una mente che pensa un cervello…? E quante volte, infine, abbiamo sostenuto che compito di un insegnante è insegnare agli studenti come imparare a imparare!

Un pianeta da salvare

Anche l’attuale disperata ricerca della sostenibilità non è altro che la conseguenza di una drammatica auto-coscienza, quella della nostra indelebile impronta sul pianeta che, nell’economia circolare, cerca di ritrovare un equilibrio.

Nel mondo digitale

Avendo passato buona parte della mia vita a quell’incrocio tra matematica, logica e informatica, posso azzardare che, forse, questo innamoramento della contemporaneità per chiavi di lettura circolari, sprezzante della paura del paradosso, nasce proprio dal digitale.

Tutto è numero

Il digitale è infatti quel medium omogeneo a cui è possibile ridurre tutto, che ci permette di trattare nei nostri social network alla stessa stregua testo, immagini, suoni, animazioni perché tutto è numero, perché ogni operazione di creazione, trasmissione, manipolazione è riducibile ad una manipolazione di cifre. Ma gli stessi algoritmi che manipolano queste cifre altro non sono che cifre essi stessi. La macchina universale di Turing simula tutte le altre macchine di Turing, anche sé stessa. Gli interpreti e i compilatori dei linguaggi di programmazione possono essere scritti nel linguaggio stesso che devono eseguire o tradurre. Riuscite a immaginare una circolarità più virtuosa?

Mostruosità logiche

Eppure la matematica di un secolo fa avrebbe considerato l’insieme di tutte le cose alle quali ho pensato oggi come una teratologia, una mostruosità. Per escludere le appartenenze circolari e le catene infinitamente profonde di appartenenze, Dmitry Mirimanoff nel 1917 introdusse l’Assioma di Fondazione, per cui ogni insieme deve possedere un elemento da cui è disgiunto. Da allora, fino a quando all’Università di Pisa Marco Forti e il sottoscritto, nel 1982, stimolati dal matematico Ennio De Giorgi introdussero un Assioma di Antifondazione, gli insiemi furono fondati sul vuoto e mai su circolarità e regressi.

Come un abisso

Si narra però che lo stesso Georg Cantor, che inventò gli insiemi nell’800, in un’occasione espresse così la sua intuizione: “Mi rappresento un insieme come un abisso” (Eine Menge stelle ich mir vor wie einen Abgrund).

Oggi gli insiemi non ben-fondati sono usati frequentemente per rappresentare processi concorrenti in informatica, appunto.

Magritte
La riproduzione vietata, di René Magritte (1937).

Definizionioni ricorsive

In matematica la mise en abyme è la ricorsione, ovvero la definizione implicita. Quella definizione che descrive qualcosa in termini di sé stessa. La ricorsione è quel concetto che in un dizionario di matematica sarebbe spiegato così:

Definizione ricorsione: vedi “ricorsione”

La sua forza deriva dal fatto che le definizioni implicite sono molto più facili da dare di quelle esplicite (si veda il problemino 2 più sotto). A volte conviene leggere le equazioni stesse come definizioni implicite, e le loro soluzioni come punti fissi di una trasformazione. Certamente necessitano di un teorema di punto fisso che garantisca che si stia definendo qualcosa. Ma andando più sul concreto, armati di queste considerazioni, propongo per concludere i seguenti problemini su punti fissi, definizioni implicite e circolarità.

6 Problemi

  1. Un monaco una mattina partì verso la cappella in cima alla montagna. Lungo la strada si fermò più volte a contemplare il panorama e a riposarsi. Giunse alla cappella la sera. Passò la notte lassù e la mattina dopo al sorgere del sole incominciò a ripercorrere la strada dell’andata, per ritornare al monastero la sera. Anche in discesa l’andatura fu molto irregolare. C’è un punto del percorso nel quale il monaco si trovò alla stessa ora del giorno sia all’andata sia al ritorno?
  2. Qual è la probabilita che tirando una moneta ripetutamente compaia per la prima volta testa dopo un numero pari di lanci?
  3. Quanto vale la frazione continua 1+1/(1+1/(1+1/(1+…)))?
  4. Quanto vale la radice infinita ideata dal matematico indiano Srinivasa Ramanujan?
    \displaystyle \sqrt{1+2\sqrt{1+3\sqrt{1+4\sqrt{1+5\sqrt{1+6\sqrt{\cdots}}}}}}
  5. Considerate le seguenti tre frasi:
    1. Questo articolo compare sulla rivista online Josway.
    2. I circoli viziosi sono tutti virtuosi.
    3. Due di queste tre proposizioni sono false.

La prima è certamente vera. Se la terza fosse vera sarebbe falsa quindi è certamente falsa. Quindi la seconda non può essere che vera.

È questa una dimostrazione accettabile della frase “I circoli viziosi sono tutti virtuosi”?

  1. Ci sono due scienziati in una stanza. Ognuno sa di avere vinto il premio Nobel, ma nessuno dei due sa che l’altro lo sa. Se chiediamo loro: “Sapete se il vostro collega ha vinto il Nobel?”. Non sapranno rispondere, per quante volte glielo si possa ripetere. Ma appena rendiamo noto pubblicamente ad entrambi qualcosa che entrambi sanno già, ovvero il fatto che almeno uno dei due ha vinto il premio Nobel, se adesso ripetiamo due volte la domanda (sempre pubblicamente): “Sapete se il vostro collega ha vinto il Nobel?”, la seconda volta entrambi risponderanno di sì. Come si risolve questo apparente paradosso, attribuito al matematico John Horton Conway?

Le risposte

  1. Immaginate che due monaci (o un monaco e il suo Doppelgänger) partano la stessa mattina uno dal monastero verso la cappella, l’altro dalla cappella in cima la montagna verso il monastero. Se percorrono la stessa strada, prima o poi devono incrociarsi.
  2. La probabilità Ppari, che “testa” esca dopo un numero pari di lanci è data da ½ Pdispari, ovvero che non sia uscita “testa” al primo lancio per la probabilità che esca “testa” dopo un numero dispari di lanci. Ma Pdispari= 1 – Ppari. Quindi Ppari = ½  (1 – Ppari) ovvero Ppari =1/3.
  3. Se questa espressione ha un valore, deve soddisfare l’equazione x=1+1/x ovvero x=(1+√5)/2.
  4. Lo stesso trucco del problema precedente non è sufficiente. Ma notando che (x+1)²=1+x(x+2) si ha che 32= 1 + 2(2+2), 42 = 1 + 3(3+2) e così via… si trova che l’espressione vale dunque 3. Questo è il Quesito 289 apparso nella rubrica dei problemini del Journal of Indian Mathematical Society, 3, 90 (1911). Poiché dopo alcuni mesi nessuno mandò la risposta, Ramanujam pubblicò la sua soluzione sul numero 4 del 1912, a p.226.
  5. No. Abbiamo solo verificato che se la seconda frase è vera le frasi sono compatibili. Se la seconda frase è falsa allora le tre frasi non sono compatibili.
  6. Dopo aver condiviso la conoscenza che almeno uno ha vinto, e che entrambi sanno che l’altro sa e così via… entrambi comprendono che se l’altro tace alla prima domanda deve aver vinto anche lui il premio. Questo paradosso, lungi dall’essere una fallacia, illustra invece come la conoscenza condivisa è altra cosa rispetto alla semplice conoscenza, perché è autoreferenziale, insomma circolare.

Cartolina da Marte

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Dal 6 agosto del 2012, il rover Curiosity della Nasa continua instancabilmente a esplorare il pianeta rosso, spingendosi ben oltre il limite ufficiale della sua missione che doveva durare solo un anno marziano (circa due anni terrestri). Questa immagine è l’ultima che ha inviato. Per la precisione si tratta della composizione di due mosaici di foto in bianco e nero scattate dalle sue telecamere di navigazione il 16 novembre 2021, 3.299° giorno marziano, o sol, della missione.

Mattina e pomeriggio

Le due immagini composite sono state riprese in momenti diversi della giornata, una alle 8:30 del mattino ora locale su Marte, l’altra alle 16:10. La prima è stata colorata di blu, la seconda di arancione, mentre una combinazione di entrambe è stata colorata in verde. Dunque la colorazione aiuta a rendere il paesaggio un po’ più terrestre, ma anche a leggere meglio un’immagine caratterizzata da una doppia illuminazione che consente di mettere in risalto una varietà di dettagli paesaggistici unica.

 

Il percorso di Curiosity sul Monte Sharp, spiegato da una scienzata della Nasa (NASA/JPL-Caltech/MSSS).

Al centro della scena c’è il percorso che Curiosity ha seguito per esplorare le pendici del Monte Sharp, una montagna di 5 mila metri che il rover ha raggiunto nel 2014, e che si trova sulla destra. Le colline arrotondate che si vedono in lontananza al centro, sulla destra, sono state visitate più da vicino a luglio. Un campo di increspature di sabbia noto come “Sands of Forvie” si estende tra 400 e 800 metri di distanza.

Un’altra foto recente di Curiosity (NASA/JPL-Caltech/MSSS).

Il bordo del cratere

All’estrema destra dell’immagine c’è la scoscesa Rafael Navarro Mountain, che prende il nome da uno scienziato del team di Curiosity scomparso all’inizio di quest’anno. Dietro è situata la parte più alta del Monte Sharp, molto al di sopra dell’area che il rover sta esplorando.

Il Monte Sharp visto da Oppurtunity (NASA/JPL-Caltech/MSSS).
Il Monte Sharp visto da Curiosity (NASA/JPL-Caltech/MSSS).

Il Monte Sharp, così come tutto il percorso di Curiosity, si trova all’interno del cratere Gale, un bacino largo più di 150 chilometri formato da un antico impatto. Il suo bordo, alto 2.300 metri, è visibile all’orizzonte, a circa 30 km di distanza.

Link e approfondimenti

• Il sito della Nasa con questa notizia.
• Il sito della Nasa dedicato a Curiosity.
Dove si trova il rover sulla mappa marziana.

Una nuova vetrina di esperienze hi-tech, a Milano

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Basta aprire la porta per entrare in un’altra dimensione. E ritrovarsi in spazi d’altri tempi, come quelli della vecchia Bmw Isetta, oggi però animata da un motore elettrico con una diversa coscienza green. Oppure saltare su un monopattino per raggiungere l’angolo della realtà virtuale e tuffarsi a 360° nel mondo di Nintendo Switch, per poi lanciare una stampa in 3D mentre si assaggia una foglia di basilico “potenziata” fatta in casa, immergendosi nella musica emanata dai diffusori di alta gamma Harman & Kardon.

È quello che si può vivere e sperimentare nel nuovo experience store di Webidoo in via Amerigo Vespucci 12 a Milano – il primo d’Europa – dove è possibile provare, toccare, annusare, esplorare le novità in arrivo da tutto il mondo, e perfino portare con sé alcuni prodotti da testare a casa propria in vista dell’eventuale acquisto. Una formula inedita che favorisce la conoscenza e l’accesso alle nuove tecnologie che stanno cambiando il modo in cui viviamo, ci spostiamo, lavoriamo, facciamo sport.

Mobilità elettrica

A destra, appena si entra, un intero corner è dedicato alla mobilità. A balzare subito allo sguardo è Microlino, la mini auto elettrica ispirata alla Bmw Isetta a cui abbiamo accennato. Con 230 km autonomia e 4 ore di ricarica, questo originale triciclo riproposto dalla torinese Cecomp è perfetto per girare in città. Accanto ad esso, è possibile scoprire anche nuovi modelli di scooter elettrico e monopattini d’avanguardia di NIU, le e-bike Linky e altri veicoli green (introvabili altrove) in arrivo dagli Stati Uniti.

Webidoo Mobilità
L’angolo della mobilità. Al centro, Microlino, moderna auto elettrica italiana ispirata alla vecchia Bmw Isetta.

Designer e maker

Inoltrandosi nello spazio espositivo, si scopre un’area dedicata a content creator e architetti, designer, progettisti, 3D developer. Qui si possono esplorare soluzioni inedite come Concept D di Acer, macchine strutturate per offrire le migliori performance sulle applicazioni grafiche professionali (disegno tecnico, modellazione 3D, grafica avanzata). C’è un’apposita area dedicata al suono, dove home audio e strumenti professionali consentono di creare musica a vari livelli, anche senza una formazione in senso stretto e senza la necessità di apparecchiature complesse. E nell’area dei maker è possibile servirsi di stampanti 3D velocissime, semplici da usare ed economiche nei costi di gestione.

Coltivate in casa

Nello store si possono toccare con mano diverse innovazioni della robotica pronte a inserirsi nella nostra vita di tutti i giorni. Una tra le soluzioni più interessanti è Plantui, un sistema di coltivazione idroponica casalingo. Con questo strumento si possono coltivare direttamente sul piano lavoro della cucina (a centimetro zero!) erbe aromatiche e ortaggi (salvia, rosmarino, basilico ecc.) con proprietà nutritive – a detta dei produttori – fino a 20 volte maggiori delle specie coltivate all’aperto, e con una crescita anche 5 volte più rapida. Un modo per testare in casa il futuro dell’alimentazione.

E-sport e spazi virtuali

Webidoo Videogame
L’angolo dei videogame.

Naturalmente non manca uno spazio per gli appassionati di video game, un universo che si sta evolvendo in maniera rapida aprendosi da un lato agli e-sport dall’altro al mondo social, con spazi virtuali dedicati alle piattaforme di streaming come Twitch e Youtube. Queste evoluzioni sono ben rappresentate da brand trendsetter come Corsair ed El Gato, che è possibile provare in postazioni strutturate.

Webidoo si rivolge anche alle aziende, che grazie all’interazione con i clienti finali e con un team di esperti possono progettare prodotti, processi ed esperienze sempre migliori

Webidoo Exergame
Area dedicata all’esercizio fisico, che include attività di exergame (exercise + gaming).

Il mondo del gaming sta mostrando contaminazioni sempre più interessanti con l’home fitness, fenomeno esploso nell’ultimo anno. Così nello store è possibile testare alcuni tra i dispositivi più innovativi che uniscono realtà virtuale, lezioni on demand ed “exergame”, la nuova frontiera a cavallo tra “exercise” e “game” che consiste nello svolgere un esercizio fisico tramite videogiochi.  Le attrezzature Icaros permettono di sperimentare la sensazione di volare o immergersi in mondi paralleli, esercitando la propria forma fisica, i riflessi, l’equilibrio e la coordinazione, mentre ci si misura nelle varie sfide muniti di visore VR.

Una visita virtuale in negozio.

Nella zona home&entertainment, Nintendo propone un percorso nel mondo di Switch, la prima console che permette di giocare sia da postazione fissa sia in mobilità. E l’alta qualità del suono è garantita da diffusori di brand d’eccellenza come Harman & Kardon.

Startup e digital transformation

Webidoo store vuole essere un punto di promozione dell’innovazione a ogni livello. Questo non significa solo che ogni mese sarà possibile trovare nuovi prodotti appena lanciati, ma anche che le aziende potranno scoprire una serie di servizi per migliorare la propria attività. Già da ora è possibile infatti accedere a una zona dedicata a startup e digital transformation, per permettere alle piccole e medie imprese (Pmi) di scoprire soluzioni di digital marketing e digital export, nuove forme di pagamento e diverse applicazioni di Internet of things (IoT) e di realtà aumentata, per arricchire l’esperienza dei propri clienti. Oltre, naturalmente, a decine di prodotti per favorire la loro stessa attività nell’era dello smart working.

 

Informazioni, orari e approfondimenti

Indirizzo: via Vespucci 12, Milano
Orari: martedì-domenica dalle 11 alle 20

Sul web: https://webidoo.store
Per le aziende: https://www.webidoo.it
Email: milano@webidoo.store
Telefono: 02.8295161

 

 

Il doppio volto del koala

Tutti si aspettano un certo temperamento e una grande virilità da parte del leone, dell’elefante marino e del gorilla. Ma anche i più carini e coccolosi degli animali possono essere molto determinati quando si parla di sesso. Lo sapevate, per dirne una, che il tenero koala australiano (Phascolarctos cinereus) può quasi rivaleggiare con gli elefanti marini per sgradevolezza e maleducazione, quando arriva il momento di riprodursi?

Pigro, ma con gli artigli

A vederlo il koala non trasmette esattamente una sensazione di dinamismo e di intraprendenza. Non è un animale che “aggredisce la vita” a morsi. Mangia solo una cosa: foglie di eucalipto. Purtroppo questo cibo non è molto nutriente, quindi i koala devono risparmiare energie: passano spesso più di 16 ore al giorno “a riposo”, aggrappati ai rami. E anche il loro cervello ha dimensioni limitate rispetto al corpo. Ma il koala sa mascherare molto bene queste deficienze (essere pigro e indubbiamente stupido) e nella maggior parte dei casi sembra il tipico animale carino e rispettabile, perché assomiglia a un piccolo orso arboricolo con un bel nasone e grandi orecchie a semicerchio. In alcuni casi un individuo addomesticato può anche farsi prendere in braccio dai turisti, sotto la supervisione di un ranger, fingendo di essere tenero. Ma basta uno sguardo alle sue unghie, che sembrano gli artigli di una tigre, o sentire le sue vocalizzazioni, per capire che questo marsupiale nasconde un lato oscuro.

Un koala passa fino al 90% del tempo a dormire, il 10% a mangiare

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I koala, con un apparato digerente specializzato, si nutrono esclusivamente di foglie di eucalipto (CC BY-SA 2.0).

Un verso brrrutto

E infatti appena si parla di sesso il koala cambia radicalmente carattere. I maschi passano di albero in albero alla ricerca delle femmine, emettendo una serie di “richiami” territoriali, suoni terrificanti che ricordano un mix tra un rutto e il bramito di un cervo (ascolta qui). Queste vocalizzazioni, che spesso vengono emesse di notte risultando ancora più spaventose, sono prodotte da una struttura nella laringe. Qui si cela un secondo set di corde vocali, che potenzia le emissioni sonore liberando suoni a bassa frequenza che viaggiano per chilometri nella foresta. Ad ascoltare con particolare attenzione questi versi sono le femmine, che cercano preziose informazioni sull’identità e sulle dimensioni dell’autore.

Colpi da pornodivo

Il frastuono può però attirare anche altri maschi che, se si sentono abbastanza in forma, possono sfidare con entusiasmo il rivale a suon di versi e perfino di morsi e unghiate. Il più delle volte la tenzone canora è sufficiente. E sono le femmine a decretare il successo… non prima di essersi avvicinate per verificare che i pretendenti siano davvero all’altezza della situazione. Troppo tardi: una volta che la femmina si è avvicinata abbastanza, lui prende in mano la situazione, si fa sotto rapidamente e comincia ad annusarla per valutarne lo stato riproduttivo. Anche se lei a questo punto ha cambiato idea, non esiste più margine di manovra: lui la afferra e fa quello deve fare. La copre da tergo, la morde sul collo e rilascia una serie di profondi colpi pelvici degni di un pornodivo per poi lasciarsi scivolare in basso una volta raggiunto l’orgasmo, meno di un minuto dopo. A volte rafforza la prestazione emettendo alcuni dei suoi richiami.

La femmina può tentare di liberarsi, ma l’impresa non è facile, quindi di solito rimane passiva con un’espressione del tipo “Chi me l’ha fatto fare?”.

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Un koala su un albero della gomma (CC BY-SA 4.0).

Fronte-retro

Come se questo non bastasse, i koala, così come i canguri e molti altri marsupiali, hanno un curioso pene bifido, con un’unica asta divisa in due terminazioni che vengono usate contemporaneamente. Lo scroto con i testicoli, invece, è grottescamente collocato sulla pancia di fronte al pene, e non sul retro (se il koala è in piedi, lo scroto è sopra, e non sotto).

Le femmine, per non essere da meno, hanno due vagine, collegate ad altrettanti uteri… anche se dall’esterno non si nota nulla e si vede una semplice fenditura.

Come una caramella

Che senso ha un sistema così complicato? I marsupiali sono un gruppo di mammiferi primitivi, in cui le femmine sono prive della grande vagina dei mammiferi placentati. Quest’ultima consente di dare alla luce piccoli di grandi dimensioni, già ben sviluppati. I marsupiali, invece, presentano una gestazione molto più breve dei mammiferi “evoluti”, e danno alla luce figli precoci di piccolissime dimensioni, che infatti devono passare i primi mesi nel marsupio. Nel caso del koala, il neonato è privo di pelo, cieco, indifeso e incredibilmente piccolo: misura appena 2 centimetri e pesa meno di un grammo, le dimensioni di una caramella. Si accresce grazie al latte materno, ma impiega molto tempo a mettere su peso: prima di uscire dal marsupio passeranno più di sei mesi.

Zainetto vivente

Poi il piccolo passerà in spalla alla mamma, trasformandosi in quello zainetto vivente che ha avuto tanta fortuna nell’immaginario umano. Negli anni Ottanta e Novanta erano di gran moda tra le bambine gli zaini a forma di cucciolo di koala, poi affiancati da altre specie carismatiche – che curiosamente risultano sempre sessualmente disturbate (torneremo sull’argomento) ­– come delfini, panda e pesci pagliaccio.

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Una madre con il suo cucciolo (CC BY-SA 3.0).

Uno alla volta

Se vi siete chiesti perché i koala abbiano un solo piccolo, viste le dimensioni microscopiche alla nascita, ecco la risposta: una volta cresciuto, all’interno del marsupio non ci sarebbe spazio per più di un cucciolo. Per questo la nascita di due fratelli è un evento piuttosto raro.

Fa bene, la pappa

Inoltre, il giovane non può digerire subito le foglie di eucalipto, quindi la madre gli offre una pappa che contiene i suoi escrementi. In questo modo può “trasmettere” al figlio le colonie batteriche dell’intestino che lo aiuteranno nella digestione dell’immangiabile eucalipto. È un sistema ripugnante, ma funziona molto bene, perché questi batteri non possono essere trasmessi con il latte.

Dopo un anno, finalmente il piccolo è indipendente e, se tutto va per il verso giusto, può sperare di vivere altri dieci anni.

Tanto amati

Nonostante le loro malefatte, i koala sono la specie simbolo dell’Australia, assieme ai loro parenti canguri. Sono stati protagonisti di campagne pubblicitarie, cartoni animali e canzoni. Sono stati riprodotti in francobolli (già nel 1930), borse (i già citati zainetti, ancora oggi diffusi), e pupazzi di ogni forma e dimensione, venduti in milioni di copie. Ma restano animali pigri e sonnolenti, in attesa solo della buona occasione per trasformarsi in insospettabili maniaci in una notte della stagione degli amori.

Link e approfondimenti
Un breve video del National Geographic.