Il suono nascosto della realtà

Da Pitagora al Big Bang, l'arte di trasformare la scienza e i numeri in musica da ascoltare. Per comprendere più a fondo la realtà.

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Il suono nascosto della realtà

Da Pitagora al Big Bang, l'arte di trasformare la scienza e i numeri in musica da ascoltare. Per comprendere più a fondo la realtà.

Ogni giorno produciamo una quantità sbalorditiva di dati che non riguardano solo social network o shopping online: riguardano informazioni scientifiche, istituzionali, sociali, aziendali. Per poterli analizzare, spesso utilizziamo lo strumento potente della visualizzazione, che ci permette di tradurre le informazioni in dimensioni, forme, colori. Questa modalità di lettura è efficace e immediata; ma non sempre riesce a fornire un’interpretazione corretta della realtà, ostacolando talvolta l’accesso a una comprensione più profonda. Che cosa succederebbe se invece provassimo ad “ascoltare” i dati, traducendo le informazioni in altezza di suono, volume, posizione stereo e timbro? Quali vantaggi potrebbe offrire una tale “visualizzazione uditiva”?

“Il vero miracolo non è che i numeri hanno effetto sulle cose, quanto piuttosto che essi possono esprimere la natura stessa delle cose.”

(Da una lettera del 1609 di Johannes Kepler all’amico e compagno di studi Helisäus Röslin)

Il suono è dinamico, è la prima sensazione che elaboriamo in un ambiente e trasmette messaggi che le immagini non hanno da sole. Da qualche anno la visualizzazione uditiva si sta affermando come una nuova disciplina di studio e un innovativo campo di ricerca al confine tra scienza, musica e arte. Gli ingegneri e i ricercatori che studiano questa idea utilizzano un processo di trasformazione chiamato sonificazione, che permette di catturare e di avere una migliore esperienza di fenomeni che per svariati motivi restano esclusi dalla nostra percezione sensoriale.

Solarium
Spettatori di fronte alla mostra Solarium organizzata presso il Goddard Visitor Center della Nasa (NASA/Bill Hrybyk).

Una lunga storia

La definizione ufficiale di sonificazione – di cui vedremo numerosi esempi – risale agli anni Novanta, quando è stata fondata la “International Community for Auditory Display”. Ma l’idea di “sonificare” il mondo non è nuova.

L’armonia delle sfere

I Greci concepivano il cosmo come una lira a sette corde suonata da Apollo. Altri popoli erano concordi nel ritenere che l’universo fosse un insieme di sfere concentriche all’interno delle quali trovavono posizione i pianeti. E i pianeti, durante il loro moto di rotazione, facevano emettere suoni a ciascuna sfera, dando vita a una “celeste sinfonia”. A detta del filosofo greco Porfirio (233-305 d.C.), Pitagora fu il primo a elaborare una teoria sull’“armonia delle sfere”, nella quale unì le sue conoscenze matematiche, geometriche, musicali e astronomiche.

Da Pitagora a Keplero

Il modello pitagorico rimase a lungo un punto di riferimento per la cosmologia, confluendo nelle arti liberali del quadrivio medioevale (aritmetica, musica, geometria, astronomia). Fino ad arrivare al 1619, quando l’astronomo tedesco Johannes Kepler lo ripropose con qualche aggiustamento nel suo libro Harmonices Mundi. Kepler superò il modello statico delle sfere circolari rendendolo dinamico e trasformando in ellissi le orbite che i pianeti percorrono con velocità variabile. Attribuì a ogni pianeta non un singolo suono, ma un intervallo la cui nota più grave corrispondeva alla velocità minima e quella più acuta alla massima. In altre parole, la struttura armonica del cosmo era rappresentata acusticamente dai pentagrammi, nei quali l’ampiezza degli intervalli era direttamente proporzionale all’eccentricità dei pianeti.

Il video riproduce e anima lo spartito a cui Keplero affidò l’armonia dei pianeti nel 1618. Realizzato da Arcangelo Di Donato (audio) e Mogi Vicentini (video) su progetto di Anna Lombardi.

Ordine e caos

Con le sue scoperte sulle orbite dei pianeti, Kepler rivoluzionò l’astronomia e aprì la strada alla moderna comprensione del cosmo; ma la sua spiegazione in chiave musicale è ormai definitivamente abbandonata. La suggestione, però, resta immutata anche ai nostri giorni, come dimostrano l’album Music of the Spheres di Mike Oldfield (2008) e quello, con lo stesso titolo, dei Coldplay (2021).

Sempre in ambito artistico, e sempre al confine con la scienza, alcuni esperimenti di sonificazione sono rintracciabili alla fine degli anni Cinquanta nelle composizioni di Iannis Xenakis, che applicò le tabelle di probabilità matematica a diversi parametri musicali nel brano Achorripsis e rappresentò la meccanica statistica dei gas, legando ogni molecola in movimento nello spazio a uno strumento a corda e a un tono, nel brano Pithoprakta.

Da allora, molti studi sono stati intrapresi per cercare di trovare le migliori tecniche di sonificazione per i vari tipi di informazioni da analizzare, interpretare e presentare; ma finora non è stato formulato alcun set conclusivo di regole. La sonificazione è ancora un mix di arte e tecnica.

Tutto è traducibile in suono

I dati utilizzabili, d’altra parte, possono provenire da una vastissima gamma di fenomeni: ogni vibrazione o fluttuazione misurabile, come le orbite planetarie, l’intensità dei terremoti, le fluttuazioni del mercato azionario, la posizione dei rami su un albero o la lunghezza delle parole in questo articolo, possono essere opportunamente sonificate.

Dal contatore Geiger al battito cardiaco

Geiger
Un contatore Geiger (Pixabay).

Il processo si applica in modo diretto ai fenomeni ciclici, perché la loro periodicità si trasforma immediatamente in frequenza sonora, come già sperimentato da Kepler. Ma, più in generale, la sonificazione è una di mappatura, che serve a correlare i dati di partenza a parametri sonori come intonazione, ampiezza, durata e timbro. Non è un divertimento: serve per percepire meglio gli schemi nascosti nei dati, e per apprezzarne le peculiarità. Un esempio è il contatore Geiger, che trasforma le radiazioni in “click” udibili. Un altro è il biosegnale in ambito medico, utile per monitorare i parametri vitali del corpo, come il battito cardiaco.

I rumori di Bruxelles

Uno degli esperimenti più riusciti di sonificazione è stato creato recentemente per trasmettere al pubblico informazioni sull’inquinamento acustico di Bruxelles. Un’esperienza immersiva che, sfruttando il potenziale del suono integrato alla visualizzazione, porta l’utente tra le strade della capitale belga.

Gli acuti dell’anidride carbonica

Interessante anche la sonificazione dei dati climatici per raccontare il surriscaldamento globale attraverso il suono, dove l’aumento della frequenza rappresenta la concentrazione di COnell’atmosfera e l’intensità delle corde pizzicate è proporzionata alle medie delle temperature. Questi e altri interessanti progetti di sonificazione possono essere osservati e ascoltati nel Data Sonification Archive, una raccolta di progetti di sonificazione e design.

Le vibrazioni di una ragnatela trasformate in suoni, progetto di sonificazione realizzato al MIT di Cambridge, Usa (Ian Hattwick, Isabelle Su, Christine Southworth, Evan Ziporyn, Tomás Saraceno e Markus Buehler).

Dallo spazio

Oggi la sfida è sonificare tutti i dati che provengono dallo spazio tramite sonde, radiotelescopi e altri strumenti di ultima generazione. La Nasa, per esempio, ha creato due progetti di grande valenza scientifica e di inaspettata valenza artistica. Uno è Solarium (v. foto in apertura), uno spettacolo multimediale immersivo tra immagini ad alta risoluzione della superficie del sole e la sua musica interna, ottenuta traducendo in suono le vibrazioni stesse che animano la nostra stella. L’altro è System Sound, un concerto il cui palco è la Via Lattea, nel quale si traducono in musica il ritmo e l’armonia del centro della nostra galassia sulla base delle osservazioni delle sonde della Nasa.

Il cinguettio dei buchi neri

L’ultima frontiera della sonificazione riguarda uno tra i fenomeni più sensazionali e sfuggenti della fisica moderna: le onde gravitazionali. Il chirp (“cinguettio”) di cui tanto si è parlato, in particolare, è un segnale gravitazionale che, in una frazione di secondo, aumenta di intensità mentre diventa più acuto e contiene informazioni su due buchi neri che spiraleggiano l’uno attorno all’altro negli ultimi momenti prima del loro scontro.

L’alba di Marte tradotta in suoni, sulla base di un’immagine del rover Opportunity (Domenico Vicinanza, Anglia Ruskin University, e Genevieve Williams, University of Exeter).

Nuovi linguaggi

Wanda Diaz Merced, astronoma non vedente di Porto Rico, si è trasferita attualmente all’osservatorio di onde gravitazionali Virgo a Cascina, vicino Pisa, per proseguire il suo lavoro di ricerca sulla sonificazione delle onde gravitazionali. Il suo obiettivo è doppio: da una parte fornire alla comunità scientifica uno strumento potente di indagine dello spazio profondo, dall’altro generalizzare la tecnica per permettere anche ai non vedenti di apprezzare la bellezza e la ricchezza degli oggetti celesti.

Il quadro totale, oggettivamente difficile da comporre, è di una straordinaria ricchezza. E oggi la sonificazione si è spinta così lontano ottenendo validi riscontri che ormai non ci sono dubbi sul fatto che dovremmo includerla nella nostra cassetta degli attrezzi, per estendere i metodi di indagine a nostra disposizione alla ricerca di una “visione” più ampia e profonda.

Altri link e approfondimenti

• Le composizioni di David Ibbett, che traducono in musica complessi concetti della fisica come i multiversi e i neturini.
• L’inquinamento dell’aria di Pechino tradotto in suono.
• Due esempi di sonificazione di immagini astronomiche: la Nebulosa del Granchio e i resti della Supernova 1987A (la “collana di perle” è il risultato dello scontro dell’onda d’urto prodotta dall’esplosione della stella, avvenuta nel 1987, con un anello di materia che la stella morente aveva espulso in precedenza).
[NASA/CXC/SAO/K.Arcand, SYSTEM Sounds – M. Russo, A. Santaguida]

Andrea Capozucca
Andrea Capozucca
Andrea Capozucca è docente di Matematica e Fisica presso l’I.I.S. Leonardo da Vinci di Civitanova Marche e insegna Tecniche della comunicazione della scienza presso l’Università di Camerino. Lavora da oltre dieci anni nella comunicazione della scienza. È membro dell’International Coalition of STEAM Educators e rappresentante italiano dell’Experience Workshop Global STEAM Network. Dal 2018 è membro del Consiglio Scientifico di “Matematita”, centro interuniversitario di ricerca per la comunicazione e l’apprendimento informale della matematica, e collaboratore del Centro Pristem Bocconi. È ideatore e organizzatore di eventi come “Matematica sotto l’ombrellone”, “Matematica Informale: aperitivi con la scienza”, “Math&Co: la matematica tra arte e gioco”. È autore di libri e collabora con la rivista Focus Scuola (Mondadori). Dal 2017, è direttore scientifico di FermHamente, festival della scienza di Fermo, e responsabile scientifico di Labilia srl.

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