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Le urla di Wuhan

Giovedì, 23 gennaio 2020. Wuhan, capitale della provincia cinese Hubei, diventa suo malgrado l’origine di un dramma globale. Esattamente due anni fa iniziava infatti la lotta a un nuovo coronavirus che solo qualche settimana più tardi sarebbe diventato pandemico, con ripercussioni dirette sulla vita di tutti noi. Ripercorriamo quindi, data per data, a partire da oggi, le tappe più significative di un evento che ha cambiato le nostre vite, costringendoci al lockdown, alle limitazioni, alle chiusure, al distanziamento. E che ha portato alla perdita di molte vite umane.

Una nuova malattia

Wuhan era una città di cui fino a poco prima l’Occidente non aveva quasi sentito parlare. La metropoli era balzata agli onori della cronaca il 31 dicembre, quando il suo mercato del pesce di Huanan era stato chiuso dopo il rilevamento di alcune polmoniti causate da una malattia sconosciuta, che si pensava avesse trovato lì la sua origine. Le notizie riportavano qualcosa di simile alla SARS, la sindrome acuta respiratoria grave che nel 2002-2003 aveva imperversato nel Sud-Est Asiatico causando 774 morti. Ma per i cittadini la vita quotidiana andava avanti senza troppi intralci. Fino al 22 gennaio, Wuhan era un centro di milioni di persone in attesa del capodanno lunare, e delle relative vacanze. Purtroppo il contagio era fuori controllo, e le autorità stavano per intervenire.

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L’istituto di virologia di Wuhan (CraigTheBrit, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons).

Blocco totale

Il giorno dopo, alle 2 del mattino, arriva l’ordine da Pechino: lo annunciano le radio e le televisioni, i cittadini ricevono un messaggio collettivo su WeChat. Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping annuncia il blocco totale dell’area. Viene concessa mezza giornata di tempo per tornare a casa. Poi comincia uno dei lockdown più duri che i media abbiano raccontato, con lo stop a treni, aerei, autobus e il blocco alla libera circolazione delle persone. “Da noi non potrebbe mai succedere”, dice qualcuno in Italia. Vengono sospesi tutti i festeggiamenti in programma per il capodanno lunare. Dall’Hubei non esce più nessuno, anche se circa tre milioni di persone hanno già lasciato la provincia per le vacanze.

In Italia

In Italia tutti guardano con sgomento al tg le spettrali immagini dei cittadini che urlano “Wuhan Jiayou” (“Forza Wuhan”) nella notte. All’Ospedale Sant’Anna di Como (ASST Lariana) e nelle sedi dell’AREU (Agenzia Regionale Emergenza Urgenza) Lombardia, dove si svolgono le nostre vicende, la vita corre frenetica come sempre. In fondo, le frammentarie notizie provenienti dalla Cina non destano serie preoccupazioni e le giornate si susseguono tra lavoro e svago. Alcuni colleghi ritengono che questo virus – come il virus H1N1 che nella primavera del 2009 negli Stati Uniti provocò una pandemia di una “nuova influenza” – possa diventare un problema, altri invece sostengono che ciò che avviene in Asia sia di fatto un evento controllabile, come già accaduto con la SARS. Basterebbe – si pensa – innalzare i controlli alla frontiera, intensificando le misure di sorveglianza ai confini del Paese. Nessuno crede davvero – o almeno così sembra – che questo sia l’inizio di una pandemia che da qui a poche settimane avrebbe cambiato il mondo.

La geometria di Castel del Monte

Un funambolo in equilibrio su una corda infuocata nel centro di Castel del Monte conclude il film di Matteo Garrone Il racconto dei racconti (2015) tratto dalle fiabe seicentesche de Lu cunto de li cunti. L’iterazione nel titolo amplifica la narrazione. Il funambolo ha percorso una diagonale dell’ottagono che delimita il cortile del castello, quello che secondo alcuni era una enorme vasca. Nella visione prospettica l’ottagono ci appare regolare, in realtà non lo è, ma quel che vediamo condiziona quel che immaginiamo e allora concediamoci l’approssimazione.

Ottagono nell’ottagono

Disegniamo questa forma su un foglio e chiediamoci: come costruiremmo attorno a siffatto vuoto un castello? Come in certe cornicette che facevamo da bambini sulla prima pagina del quaderno, ci risulterà naturale tracciare un altro ottagono regolare di stesso centro intrappolando la vita del castello tra questi due poligoni, in un rincorrersi di stanza in stanza. Le stanze si ottengono congiungendo i vertici omologhi dei due ottagoni e sono quindi tutte trapezoidali, anche la sala del trono.

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L’interno del castello, costruito intorno al 1240 da Federico II di Svevia su un colle nei pressi della città di Andria (Pixabay).

Come una corona

Se il cortile fosse stato circolare, questo gioco ci avrebbe condotti a una corona circolare, invece con l’ottagono si ha solo una corona. Già, quella del Sacro Romano Impero con cui Federico II era stato incoronato era appunto ottagonale. Il castello ripete la forma: la corona dell’incoronato. L’iterazione della struttura amplifica il significato. Rispetto al nostro spoglio disegno, la corona era ricca di pietre e perle e immagini. Come adornare allora un castello che abbia la forma di una corona, in modo che moltiplichi l’idea di potenza del suo committente? Moltiplicando le corone.

Numeri e destino

A ogni vertice dell’ottagono mettiamo una torre ottagonale con un vuoto centrale ancora una volta ottagonale. Dall’alto vediamo dunque nove corone ottogonali e 18 ottagoni, mentre percorrendo il perimetro del castello contiamo 56 lati, poiché ciascun ottagono esterno ha ceduto due dei suoi alla corona centrale.

Federico II avrebbe compiuto 56 anni 13 giorni dopo la sua morte, 13 è il giorno di dicembre in cui si spense e 13 sono le monofore che danno sul cortile del secondo piano di Castel del Monte. Si è sempre funamboli su una corda infuocata quando si scrive dello Stupor Mundi e di questo castello, basta pochissimo per bruciare la grande curiosità di chi guarda in un rivolo di coincidenze numeriche e leggende.

La geometria di Castel del Monte è invece una irripetibile ma semplice bellezza.

Reiterando, all’infinito

Lasciamo i numeri e torniamo al nostro disegno. All’esterno abbiamo un poligono non convesso. Vi sono 16 vertici i cui ideali prolungamenti dei lati entrano nel castello. Sugli altri vertici un appassionato di frattali può immaginare di mettere altre corone ottogonali più piccole e iterare questo processo all’infinito.

Se a ogni passo manteniamo lo stesso rapporto che i mastri dell’imperatore usarono nel milleduecento per costruire le torri esterne, dalla teoria delle serie geometriche sappiamo che la nostra ideale costruzione non andrà molto lontano dalla collina di Andria.

Uno schizzo dell’autrice (S. Lucente).

Stelle e castelli

La posizione del castello è forse la sola certezza da cui partire per capire il ruolo del maniero nella rete federiciana di strutture che controllavano il territorio sia per ragioni militari che amministrative. C’è una costellazione di castelli, e come per le stelle è affascinante studiare il grafo che esse formano. Castel del Monte non è un nodo isolato, era funzionale alle comunicazioni con gli altri castelli della Murgia e con il mare.

A proposito di stelle, molto si è scritto sull’effettivo legame tra questo castello e le stelle, fino a ipotizzarlo esclusivamente come osservatorio astronomico.

Il primo scienziato

Ripetizione di castelli, ripetizione di equinozi e solstizi e segni zodiacali da osservare nelle sere d’estate. Ci piacciono i racconti e non parteggiamo per l’una o per l’altra ipotesi sul perché il castello del centesimo di euro avesse quella forma, anzi tifiamo che tutte le ipotesi siano un po’ vere. Possiamo dire con Pietro Greco che Federico II è stato il primo scienziato naturale, ovvero simile a un moderno ricercatore, e la principale intuizione della sua scienza era nella contaminazione delle discipline.

Vista dall’alto (Photo by Giulia Gasperini on Unsplash)

Rapporto aureo

Questo castello, che dal 1996 è iscritto nelle liste dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, potrebbe aver ospitato la scrittura delle innovative pagine federiciane sulla caccia al falco. E come per i ricercatori moderni, la matematica era nel cuore del poliedrico imperatore. Egli era il protettore di Fibonacci, che a lui aveva dedicato il Liber quadratorum. Quanto c’è di Fibonacci a Castel del Monte? Più della formula, la forma. Il turista matematico non caschi nella trappola di cercare i primi termini della ben nota sequenza del matematico pisano nel castello. Sì. ci sono 3 scale e 5 camini, 8 stanze e 13 monofore, 21 modiglioni e 34 quadrifogli; ma ci sono anche 10 trifogli e 44 gradini. Concentriamoci piuttosto nel cercare il limite del tasso di crescita della sequenza del pisano: il numero aureo. Di certo chi ha costruito il castello conosceva bene o l’equazione x (x-1) = 1, o la sua visione geometrica “il tutto sta alla parte come la parte alla parte rimanente”. Sono infatti in buona approssimazione di rapporto aureo il lato maggiore e il lato minore delle sale trapezoidali, i lati dei rettangoli ottenuti congiungendo tra loro i vertici opposti tra i 16 di cui parlavamo sopra.

Tripudio di triangoli

Ma il vero capolavoro geometrico del castello è il portale di ingresso. Un triangolo aureo (di angoli 36°, 72°, 72°) si forma tra base e vertice del timpano. Usando questi tre punti, molti hanno costruito il pentagramma stellato che abbia i lati del triangolo come diagonali e “scoperto” molte proprietà del portale.

Un triangolo aureo.

In realtà l’armonia che cogliamo è dovuta alla giusta altezza dei capitelli che poggiano sulla diagonale del pentagramma parallela alla base. Le restanti proprietà sono il giusto dono della geometria alla scelta di avere come timpano uno gnomone aureo (cioè un triangolo di angoli 108°, 36°, 36°). Quando si manda la bisettrice a un angolo di base di un triangolo aureo, si ottengono un nuovo triangolo aureo e uno gnomone aureo. Quando si disegnano le diagonali in un pentagono regolare si ottiene una stella con interno un pentagono regolare in cui potremmo inserire una stella con dentro un nuovo pentagono. Una ripetizione infinita condita di proporzioni auree che si ritrovano a ogni incrocio di diagonali. Si dirà che anche la stella a sei punte, l’esagramma, ha proprietà di riproposizione della stessa figura: l’esagono interno è formato dalla sovrapposizione di due triangoli equilateri che generano anche sei punte equilatere. Ebbene anche questa figura si trova come residuo di pavimento nel castello. Ognuno di questi poligoni ha una semantica religiosa, di religioni diverse.

Per amor di falco

Ma volendo pensare a una matematica di Castel del Monte è meglio tralasciare ogni semantica e concentrarsi sul gioco di suggestive ripetizioni, un’abbondanza di pattern, una ovvia generazione di figure simili secondo i più sobri geometri euclidei. La differenza tra l’ottagono che si ripete nelle torri e i triangoli aurei che si annidano nel pentagramma stellato sta nel fatto che qui la ripetizione è all’interno della figura stessa, così insieme all’infinita ripetizione ci viene in mente l’idea di infinitesimo. Altri hanno osservato che usando la base del triangolo aureo come lato di un altro triangolo aureo e reiterando il procedimento si hanno punti da cui passa la spirale aurea, percorso prediletto da Folgore Gentile, il falco di Federico II, per andare alle prede senza dover cambiare posizione della testa.

Una spirale di Fibonacci.

 

Ecco, ci risiamo. Di nuovo tutto sembra convergere per magia avvicinando la matematica al volere dell’imperatore. Invece è solo convergenza della spirale così ottenuta in un punto nemmeno troppo simmetrico del portale dove accade qualcosa di davvero speciale: spingendo proprio lì, il portone potrebbe aprirsi e lasciarci scoprire un dettaglio di bellezza del castello di cui nessuno ha ancora scritto!

Letture e approfondimenti

• Sandra Lucente, Itinerari Matematici in Puglia, Giazira Scritture (2016).

Ascoltare l’invisibile: in dialogo con Wanda Díaz-Merced (2/2)

Il lavoro di Wanda Díaz-Merced, l’astronoma non vedente che analizza i dati con tecniche audio di sonificazione, sta mostrando a tutto il mondo della scienza che non esiste un unico modo di esplorare e comprendere la realtà intorno a noi. Ci sono più dimensioni della conoscenza, che possono fruttuosamente coesistere all’interno dei campi di ricerca scientifici. Nella prima parte dell’intervista, abbiamo ripercorso la vita della scienziata; in questa approfondiamo gli aspetti metodologici e le implicazioni sociali.

“L’approccio multisensoriale combinato è indispensabile. Potrebbe sembrare sorprendente per la comunità scientifica, ma non per i cittadini, perché in tutto il mondo le persone vivono e prosperano utilizzando e combinando le modalità sensoriali disponibili nel proprio contesto. Fin dalle sue origini, l’uomo esplora il mondo con tutte le modalità sensoriali a sua disposizione. E come tale, essendo la ricerca scientifica un’impresa umana, non dovrebbe limitarsi a modalità sensoriali che si presume funzionino meglio. La mia squadra di ricerca ha dimostrato che la sonificazione aumenta la sensibilità dell’astronomo esperto nell’individuazione di eventi che per loro natura sono ambigui o ciechi all’occhio umano. Per tale ragione, il mondo scientifico deve distaccarsi da una visione creata inconsapevolmente attraverso la percezione unimodale, per eseguire ricerche e acquisire nuove conoscenze. A volte mi chiedo quante scoperte ci siamo persi, proprio perché la comunità scientifica non ha arricchito la propria osservazione con altre modalità sensoriali. Quindi, il momento è adesso. È il momento di concentrarsi sulle tante scoperte future e sull’inclusione di tutto il potenziale umano per l’esplorazione. Questo ci porterà, ogni giorno, sempre più vicini a raggiungere il momento in cui ogni uomo sarà in grado di fare ricerca. Meraviglioso, davvero”.

“L’universo è molto, molto, molto attivo. È un bellissimo caos disorganizzato. Non puoi fare previsioni. È bello e imprevedibile”

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Wanda Díaz-Merced all’interno di uno dei due bracci di Virgo, ognuno dei quali è lungo 3 km (foto EGO).

Nonostante la mentalità stia cambiando, la comunità scientifica ha fatto fatica, soprattutto all’inizio, ad accettare la sonificazione come un nuovo metodo di indagine e di ricerca.

“Appartengo a questa comunità scientifica e mi domando: «Da dove deriva questo atteggiamento?» Presumo che, nel caso di Jansky, nessuno fosse incline a usare altre modalità sensoriali. Oggi è diverso. Da un lato, la ricerca sta diventando sempre più interdisciplinare e questo porta necessariamente all’integrazione di più linguaggi; dall’altro, ci sono persone come voi, interessate al tema, che provano a capire che cosa sta accadendo e come funziona per spiegarlo ad altri. Se dieci anni fa avessi sottoposto un progetto di ricerca nel quale compariva la parola sonificazione, sarebbe stato immediatamente rigettato, perché ritenuto utile all’insegnamento, alla divulgazione e all’outreach scientifico più che alla ricerca mainstream. Lo stesso progetto, senza la parola sonificazione, sarebbe arrivato facilmente alla selezione finale per la valutazione. Non sto dicendo che si facesse consapevolmente. Molto credo sia dovuto al fatto che questo campo di ricerca non ha ancora un forte fondamento teorico. Ecco perché ho dedicato tutta me stessa per capire se questo approccio funziona davvero. Molti colleghi astronomi avevano qualche dubbio sul fatto che il mio approccio avesse permesso di ascoltare qualcosa di presente nei dati, che sfuggiva agli altri ricercatori, perché pretendevano di comprendere solo visualmente, negando così la possibilità di altre scoperte. Quindi, questo è il momento giusto per fornire al campo della sonificazione un fondamento sperimentale e teorico che permetta ai ricercatori scettici di cambiare la propria mentalità”.

Wanda e i suoi collaboratori stanno ora sviluppando un nuovo software di sonificazione progettato intorno all’utente, per aiutare i ricercatori a studiare lo spazio profondo, ma anche l’abitabilità di un esopianeta, per esempio, comprendendo come i raggi ad alta energia interagiscano con il suo campo magnetico e la sua atmosfera.

“Ogni volta è come ascoltare un suono completamente nuovo. Da quando ascolto dati, non mi è mai capitato di trovare due insiemi che suonassero allo stesso modo, anche se ugualmente mappati”

Sonificare l’universo, questa è la sfida di oggi. Ma il suono che emerge è molto diverso dall’armonia delle sfere di Pitgora e Keplero.

“L’universo è molto, molto, molto attivo! È un bellissimo caos disorganizzato. Non puoi fare previsioni. È bello e imprevedibile! Questo lo rende molto diverso dalla musica, che si basa su aspettative armoniche diverse e su modelli creati dall’uomo. Ogni singolo insieme di dati che ascolto ha la sua voce propria. Ogni volta è come ascoltare un suono completamente nuovo. Da quando ascolto dati, non mi è mai capitato di trovare due insiemi che suonassero allo stesso modo, anche se ugualmente mappati! Magari, ascoltandoli più volte, potrei trovare dei richiami ad altri insiemi di dati, ma ognuno suona in maniera completamente diversa. Ogni sorgente ha la sua specifica individualità. Ottenere qualcosa di armonico è piuttosto difficile e, anche quelle che sembrano più sistematiche, non assomigliano minimamente agli schemi che potrebbe produrre un essere umano. Solo sovrapponendo una composizione umana, sarebbe possibile fornire un’armonia al suono dei dati.”

Anche quest’ultimo è un esperimento che Wanda ha tentato. Ha collaborato con Gerhard Sonnert alla realizzazione di “X-Ray Hydra”, un album musicale che include nove brani composti da Volkmar Studtrucker e basato sulle sue rappresentazioni audio dei dati ottenuti dall’Osservatorio a Raggi X Chandra della NASA.

Sonificiazione diretta dei dati del satellite Chandra della Nasa. Qui le interpretazioni artistiche dell’album X-Ray Hydra: bossa, blues, walzer, preludio e fuga.

Un’ulteriore sfida che Wanda ha dovuto affrontare è stata quella di essere cieca e donna in un campo, quello scientifico, dove la predominanza è maschile e la disabilità a volte è vista come un ostacolo. Nel 2019, Wanda ha co-presieduto la conferenza 2019 Astronomy for Equity, Diversity and Inclusion presso l’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone.

“È stata una tappa importante del lavoro per continuare a uniformare l’accesso all’astronomia. Non voglio che le persone con disabilità debbano passare quanto ho dovuto attraversare io per contribuire in modo significativo alla ricerca. Nel nostro campo, spesso si parte da assunti che non sono inclusivi nei confronti di persone con disabilità. Il mio impegno è continuare a lavorare affinché la mia comunità possa cambiare questa mentalità istituzionale e l’accesso all’informazione possa essere parimenti garantito. Ognuno ha il diritto e la necessità di accedere alla stessa quantità e qualità di informazione. La maggior parte dell’informazione è ancora stampata e molti dei dati sono ancora trattati con tecniche di visualizzazione. Questo significa che il mio apprendimento è stato diverso da quello della maggior parte degli altri e ho dovuto recuperare questo gap per potermi confrontare con gli altri colleghi”.

“Il mio consiglio ai giovani è di ricordare che le persone eccezionali non lo diventano da un giorno all’altro. È necessario rimanere concentrati fino a quando non si diventa vincitori della sfida all’interno della propria missione”

“È importante tenere accesa la luce e l’attenzione sul mio lavoro, e questo è il senso della conferenza e del lavoro extra-ricerca che sto portando avanti. Il mio consiglio ai giovani è di ricordare che le persone eccezionali non diventano grandi da un giorno all’altro. È necessario rimanere concentrati fino a quando non si diventa vincitori della sfida all’interno della propria missione. Non arrendersi è davvero difficile, ma ciò che conta è andare avanti, trovare buoni mentori ed essere buoni allievi”.

Il caso ha voluto che, per problemi di collegamento dovuti alla linea elettrica portoricana, l’intera chiacchierata con Wanda sia stata solo in audio, senza immagini video. È stato come chiudere gli occhi e ascoltare la sua voce, i suoni della sua casa, il canto ripetuto del suo gallo, le rane dello stagno lì accanto, il picchiettare delle sue dita sulla scrivania. È stato sperimentare dal vivo quante informazioni in più sono emerse dall’ascolto oltre a quelle provenienti dalla sua voce. Informazioni che probabilmente sarebbero passate inosservate con la videocamera accesa.

Link e approfondimenti

• La pagina Wikipedia di Wanda Díaz-Merced.
• Una breve autopresentazione sul sito di Nature.
• Un video di National Geographic.
• Un articolo della BBC sulle donne nella scienza.
• Il TED di Wanda Díaz-Merced, e la pagina di presentazione.
Un TEDx precedente.

E l’uomo toccò il sole

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Per la prima volta una navicella spaziale ha toccato la superficie del sole, avventurandosi con successo in una regione dove perfino la mitologia greca ammoniva di non andare. Quel che non riuscì a Icaro, le cui ali di cera si sciolsero nell’avvicinarsi troppo alla nostra stella, è infatti riuscito al Parker Solar Probe della Nasa (Video sopra, credit NASA/Johns Hopkins APL), che il 28 aprile scorso alle 9:33 ha raggiunto l’atmosfera esterna del sole, una regione che gli astrofisici chiamano “corona”.

Attraverso il confine

“Finalmente siamo arrivati”, ha commentato Nicola Fox, direttrice della Nasa Heliophysics Science Division a Washington DC. “L’umanità ha toccato il sole”. L’annuncio è stato dato a dicembre, perché gli scienziati hanno impiegato mesi per scaricare e analizzare i dati e per essere certi che la sonda – che prende il nome dal fisico Eugene Parker – avesse effettivamente attraversato il confine, noto come superficie di Alfvén. Questa è la frontiera esterna del sole. Al di qua c’è la corona, cioè l’atmosfera esterna della nostra stella, quella che diventa visibile con le eclissi. Al di là comincia il vento solare, cioè il flusso di particelle (elettroni, protoni ecc.) che soffia costantemente tra i pianeti portando con sé anche i campi magnetici e generando talvolta fenomeni suggestivi come le aurore boreali.

Sempre più vicino

Il Parker Solar Probe era stato lanciato nel 2018, ed è ancora in orbita attorno al sole: ad ogni passaggio (dovrebbe effettuarne 24) si avvicina sempre di più. È protetto da uno scudo termico (foto sotto) che protegge i suoi strumenti da temperature fino a 1.370 °C, che saranno raggiunte quando nel 2025 la sonda raggiungerà il punto più vicino al sole, a soli 6,2 milioni di chilometri dalla sua superficie visibile, la fotosfera.

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Lo scudo termico della sonda. È largo 2,4 metri e pesa solo 72 kg (NASA/Johns Hopkins APL/Ed Whitman).

Per cinque ore

Nel passaggio di aprile, la traiettoria ha portato la sonda nella corona per quasi cinque ore, raccogliendo dati che sono preziosi per capire le dinamiche che scaldano questa zona fino a un milione di gradi (questo è uno dei grandi misteri del sole) e che generano le tempeste magnetiche che possono abbattersi anche sulla Terra, con danni per i satelliti artificiali e per i sistemi di telecomunicazione.

I risultati

I dati mostrano innanzitutto che il confine di Alfvén si trova a circa 14 milioni di chilometri dalla superficie del sole, che corrispondono a poco meno di 20 raggi solari. In secondo luogo, questo confine invisibile appare netto e rugoso, mentre in precedenza non si sapeva esattamente dove si trovasse e qualcuno pensava che fosse smussato.

Quello che ha visto la sonda con il suo strumento WISPR durante il passaggio nei pressi del sole (Credit: NASA/Johns Hopkins APL/Naval Research Laboratory).

La più lontana, la più vicina

Questa sonda è complementare alle navicelle spaziali Voyager. Il Parker Solar Probe ha visto infatti dove nasce il vento solare. Nel 2012, Voyager 1 è stata invece la prima sonda a raggiungere e superare il punto in cui il vento solare si attenua al punto da diventare indistinguibile dal mezzo circostante. In pratica, ha lasciato il sistema solare per moversi nello spazio interstellare.

Velocissima

Parker Solar Probe è anche la sonda più veloce mai costruita. Quando passerà nel punto più vicino al sole, nel 2025, sfiorerà i 700.000 chilometri all’ora, più dello 0,06% della velocità della luce.

Link e approfondimenti

Un fumetto che racconta la missione, apparso su Physics Magazine.
• L’articolo scientifico che annuncia la scoperta.
• Un altro articolo del Physics Magazine, e uno di Nature.
Il sito del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory a Laurel, nel Maryland (Usa).
Dove si trova il Parker Solar Probe.
• Un video della Nasa che racconta la missione.
• Come nascono i switchback (animazioni).
• Il mito di Icaro raccontato da Alessandro Gelain.

 

La galleria nascosta di Roma

Esplorando le vie del centro di Roma non è raro scoprire luoghi di particolare bellezza meno “battuti” dalla gran folla. È questo il caso della Galleria Sciarra, a due passi dalla Fontana di Trevi, confinante da un lato con il palcoscenico del Teatro Quirino e dall’altro con il Palazzo Sciarra. La galleria è un passaggio pedonale coperto che collega via Minghetti a Piazza dell’Oratorio. Siamo a due passi da via del Corso, in una zona dallo stile prettamente classico e questo sito in stile Liberty affascina decisamente.

La storia

L’origine della Galleria Sciarra è da collocare alla fine del diciannovesimo secolo, proprio nel periodo in cui la capitale divenne Roma in un’epoca densa di costruzioni e ammodernamenti.  E allora facciamo un balzo temporale nel 1886, quando il principe Maffeo Barberini Colonna di Sciarra fece ampliare la sua proprietà dal maestoso ingresso in via del Corso (l’attuale palazzo Sciarra) con l’aggiunta di questo nuovo spazio sul retro, nel cortile. Nacque così la Galleria Sciarra, che univa in gran bellezza il palazzo con la struttura in cui aveva luogo l’attività editoriale del principe: una vera e propria fabbrica di quotidiani e riviste, talmente importante da avere Gabriele D’Annunzio tra i suoi direttori.

La realizzazione della galleria fu affidata all’architetto Giulio De Angelis, noto all’epoca per la sua originalità.

Affreschi

Gli affreschi che dominano le alte pareti della Galleria furono affidate a Giuseppe Cellini. Il tema dominante è la donna in veste di tutrice della casa, come previsto dalla borghesia dell’epoca. Troviamo sia le varie tipologie caratteriali (umile, forte, paziente…) sia le situazioni quotidiane come il pranzo, la cura dei figli, la gestione del giardino e il colloquio di classe. Le virtù delle donna sono protagoniste della scena, e questo è sicuramente un posizionamento futuristico vista l’epoca.

Alcune scene dipinte che esaltano le virtù della donna (G. Scozzafava).

Oggi

La Galleria Sciarra oggi è privata, ma si può attraversare, ammirare e fotografare nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18.30, proprio nel momento pulsante dell’attività lavorativa, come a voler ricordare che cosa questo sito rappresenti.