Home Blog Page 11

Grandi numeri 3. Dalle dita di una mano ai mega, giga, zetta, ronna… fino a oltre l’universo

Ci sono numeri che sfuggono a ogni ragionevole comprensione umana, e il numero di Graham è uno di questi. Perfino i matematici lo definiscono “mostruoso”. Ben più del più noto googol, cioè 10100, che abbiamo visto già nella prima puntata di questa serie. Ma il numero di Graham, a sua volta, impallidisce di fronte al suo successore, un numero che è stato scoperto soltanto diversi anni più tardi e che costituisce la terza tappa di questo nostro viaggio nei numeri enormi.

Tappa 3. TREE(3)

Così come il numero di Graham, TREE(3) non viene vuori dal nulla, solo per il piacere di battere un record. Questo numero emerge infatti da un problema matematico reale, o meglio da un gioco, il “gioco degli alberi”. Immaginiamo di costruire una foresta di alberi a partire da diverse combinazioni di semi. Alberi e semi hanno qui un preciso significato matematico. I semi si possono rappresentare con punti colorati, e diverse tipologie di semi hanno colori diversi. Gli alberi sono costituiti da semi collegati tra loro da linee dette rami. Quando si costruisce una foresta, il primo albero deve avere al massimo un seme, il secondo deve avere al massimo due semi e così via. Non è consentito costruire un albero che “contiene” nella sua struttura uno degli alberi più vecchi, in un senso che si può dettagliare matematicamente, ma che è molto vicino all’idea intuitiva che ci si può fare.

TREE(3)_sequence
Una sequenza di alberi etichettati da un set di 3 colori (verde, rosso, blu). L’n-esimo albero nella sequenza contiene al massimo n vertici e nessun albero è incorporabile in un altro. TREE(3) è la massima lunghezza possibile di tale sequenza (Foto wikipedia CC BY-SA 4.0).

In sequenza

Il problema è allora: quanti alberi si possono costruire in questo modo? La risposta dipende dal numero di diverse tipologie di semi a disposizione, cioè dei colori disponibili.

Se c’è un solo colore, c’è un solo tipo di albero. Cioè, TREE(1)=1.

Se ci sono due colori, le possibilità sono tre. TREE(2)=3.

Se ci sono tre colori, la foresta esplode. E il numero di alberi diventa mostruosamente grande, pur restando finito. TREE(3)=… un numero grande, grande, grande. Quanto grande? Immaginiamo, ancora una volta, di disegnare un albero nel tempo più breve possibile. Questo tempo si chiama “tempo di Planck”, ed è pari a circa 0,0000000000000000000000000000000000000000001 secondi. In fisica, un tempo inferiore non può esistere, nemmeno in linea di principio. E noi esseri umani siamo ancora molto lontani dall’avere accesso a un tempo così breve. Immaginando però di riuscire a disegnare un albero in un tempo di Planck, dopo un anno ne avremmo molti miliardi di miliardi di miliardi… non vale la pena nemmeno contarli tutti, perché questo numero sarebbe comunque enormemente più piccolo di TREE(3). E se anche andassimo avanti per tutta l’età della Terra, o quella del Sole, o pefino quella dell’universo, ancora non saremmo nemmeno a metà strada. Anzi, non saremmo nemmeno all’inizio. Si pensa che il nostro universo, prima o poi, scomparirà, forse per generarne un altro. Ci vorrà ancora molto, ma molto tempo. Qualunque sia l’età massima possibile per l’universo, però, verosimilmente non basterebbe per contare tutte le possibili configurazioni di TREE(3) e nemmeno del numero di Graham, che pure è molto più piccolo. Il numero di Graham, rispetto a TREE(3), è praticamente zero.

Oltre TREE(3)

Ovviamente, oltre TREE(3) ci sono TREE(4), TREE(5) e così via, fino a TREE(Graham) e oltre. È facile scriverli, praticamente impossibile immaginarli, dato che questa serie cresce più velocemente di qualsiasi altra facilmente concepibile. Ma se si escludono questi numeri ottenuti dall’applicazione di una regola precedente è possibile andare oltre TREE(3)? La risposta è nella prossima puntata

Link e approfondimenti

La prima puntata della serie sui grandi numeri.
• La crescita esponenziale descritta da Dante Alighieri.
Googol e googolplex in un video di Numberphile.
• Il numero di Graham spiegato da Ron Graham!
• Un video di Numberphile che spiega in modo chiaro ed efficace che cos’è TREE(3) e quanto è enorme. Poiché si tratta di un numero così grande, c’è pure un video aggiuntivo di extra footage. E il confronto con il numero di Graham.
• Il teorema di Kruskal che dà origine a TREE(3).

Dante Alighieri e la gravità

«Prima ch’io de l’abisso mi divella,
maestro mio», diss’io quando fui dritto,
«a trarmi d’erro un poco mi favella:

ov’è la ghiaccia? E questi com’è fitto
sì sottosopra? E come, in sì poc’ora,
da sera a mane ha fatto il sol tragitto?».

Ed elli a me: «Tu imagini ancora
d’esser di là dal centro, ov’io mi presi
al pel del vermo reo che ’l mondo fóra.

Di là fosti cotanto quant’io scesi;
quand’io mi volsi, tu passasti ’l punto
al qual si traggon d’ogne parte i pesi».

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XXXIV, 100-111)

 

Siamo con Dante e Virgilio alla fine del viaggio nell’Inferno, nel centro della Terra, dove nella Commedia si trova Lucifero. Qui Dante usa un originale trucco narrativo per descrivere la forza di gravità come un campo centripeto, per il quale le nozioni di “alto” e “basso” dipendono appunto da dove ci si trova rispetto al centro. E lo fa, come sempre, al meglio delle conoscenze dell’epoca.

Traditori!

L’ultima porzione dell’Inferno, chiusa dall’orribile corpo di Lucifero, è formata dalla Giudecca, dove i traditori dei benefattori vengono puniti immersi nel ghiaccio. Dante e Virgilio si dirigono verso il centro della Terra e il poeta latino invita il discepolo ad abbracciarlo al collo mentre cerca il momento giusto per scavalcare il corpo dell’angelo ribelle per continuare il viaggio verso l’altro emisfero. Virgilio si aggrappa alle costole pelose di Lucifero e scende lungo i suoi fianchi, per poi “girarsi” e iniziare a salire verso l’alto.

Punto di svolta

Dante non si rende immediatamente conto di ciò che sta accadendo, e crede erroneamente che lui e Virgilio stiano tornando nella Giudecca, da dove provenivano. Infatti, prima di attorcigliarsi intorno a Lucifero, aveva sentito la forza di gravità spingerlo nella direzione di marcia, mentre ora l’avverte opporsi al cammino. Per questo rimane disorientato e tempesta di domande la sua guida (Perché non rivedo il ghiaccio di prima? Perché Lucifero lo vedo rovesciato? E come ha fatto a farsi giorno così presto?). Virgilio prontamente gli risponde facendogli notare che hanno oltrepassato il centro della Terra (il punto verso i quale tutti i pesi sono attratti) e quindi si stanno affacciando all’altro emisfero, dove è giorno.

Senza peso

La trovata è estremamente immaginifica ed efficace dal punto di vista narrativo. Oggi però sappiamo che, in realtà, se si scendesse davvero all’interno della Terra, la gravità diminuirebbe fino a scomparire nel centro, per poi riprendere ad aumentare riaffiorando in superficie. Nel centro, infatti, si sarebbe attratti in ugual misura dalla materia attorno in ogni direzione. Ma questo Dante non poteva saperlo.

Link e approfondimenti

Il “programma” di divulgazione della conoscenza di Dante del Convivio e del De Vulgari Eloquentia.

L’eros e i cinque sensi (3): il tatto

Tutti ricorderanno il libro 50 sfumature di grigio, il primo di una popolare trilogia che ha avuto enorme successo di pubblico descrivendo sensazioni e dinamiche che abitano la fantasia di lettrici e lettori. In un passaggio del libro, si legge come il protagonista Christian inizi con l’accarezzare il volto di Anastasia… e “continuò a esplorare il suo corpo con le mani, con una maestria che rivelava una profonda connessione e una conoscenza intima. Ogni carezza era studiata, mirata a suscitare una risposta da lei. Le sue dita scorrevano sulla pelle di Anastasia, risvegliando sensazioni che andavano al di là del semplice piacere fisico”. In questa scena il tatto è il medium del legame affettivo ed erotico tra i due personaggi. Come possiamo spiegare questa potenza che risiede nelle nostre mani e nella nostra pelle, e che diventa linguaggio? Quali possibilità ci offre il terzo dei sensi esplorato in questa serie?

Come un linguaggio

Il senso del tatto permette esperienze sensoriali complesse che vanno oltre la semplice percezione fisica. Esso sembra possedere un proprio linguaggio, che trasmette messaggi precisi sia a se stessi che agli altri. Il tocco sensuale, in particolare, è correlato ad aree cerebrali specifiche che sono state oggetto di studio in diverse ricerche.

Connessioni cerebrali

Una recente meta-analisi, condotta nel 2022 da Simona Raimo e Maria Cropano, psicologhe ricercatrici delle Università degli Studi di Catanzaro e della Campania, ha evidenziato l’importante ruolo giocato nel processo di comunicazione tattile da alcune specifiche aree cerebrali. L’interconnessione tra l’insula posteriore, il lobulo parietale inferiore e il cervelletto permette, per esempio, l’integrazione tra le varie sensazioni tattili intersoggettive e la loro traduzione in un messaggio che coinvolge l’intero corpo.

Lo stretto collegamento tra il giro prefrontale mediale, la corteccia cingolata anteriore destra e la corteccia somatosensoriale primaria destra, invece, consente l’elaborazione dei movimenti associati al tatto, così come quella delle emozioni legate a questi ultimi. Ciò significa che il tocco non solo provoca una risposta motoria, ma può anche suscitare una gamma di reazioni emotive che contribuiscono alla complessità dell’esperienza tattile.

Questa associazione sinergica tra aree cerebrali permette così di creare un linguaggio tattile unico che consente di comunicare sensazioni ed emozioni attraverso il contatto fisico.

L’arte delle Geishe

Il legame tra tatto e piacere sembra avere origini antiche ed è presente in culture ed epoche diverse tra loro. Basti pensare alle Geishe della cultura giapponese, maestre della sensualità, per cui il tatto è stato un mezzo preferenziale capace di dar vita ad esperienze colme di piacere per i propri clienti. Le Geishe, infatti, erano solite praticare massaggi sensuali, seguiti da un bagno caldo e rilassante. Una pratica particolarmente erotica è il “massaggio cieco”, praticato cioè al buio, per enfatizzare ancora di più la potenza del contatto. Massaggi, gesti leggeri e appena accennati, che possono diventare via via più intensi, sono un potente strumento di comunicazione tra due individui. 

Anche il Tantra, tradizione filosofica e spirituale che ha origine nell’antica India, mette in evidenza come il tatto sia il principe dei sensi: le pratiche sessuali, secondo i principi del Tantra, si basano infatti sul “sentire”. E dunque quale migliore mezzo se non il tatto, che traduce le sensazioni ottenute attraverso i recettori del corpo in forti emozioni?

Kali_and_Bhairava_in_Union-3
Il dio Bhairava in unione sessuale con la dea Kālī, acquarello del XVIII secolo. La coppia, all’interno di un arco di fuoco, si erge sul corpo di Śiva immobile sulle fiamme. Queste tre divinità ricorrono con frequenza in molte tradizioni tantriche (foto e didascalia Wikipedia).

Oltre il tocco

Il tatto, dunque, può svolgere un ruolo importante per amplificare il piacere e l’intesa tra due corpi che si incontrano. Ma cosa accade quando questa componente non prende parte alla danza? 

Ci sono diversi filoni – che prendono spunto sia dalla ricerca scientifica, sia dagli insegnamenti tantrici – che riportano la possibilità di raggiungere stati orgasmici in assenza di stimolazione tattile.

Una ricerca del 1992, condotta da Beverly Whipple, Gina Ogden e Barry Komisaruk della State University del New Jersey (Usa), aveva evidenziato come le donne, che si eccitavano osservando immagini erotiche, sperimentassero reazioni fisiologiche (come l’aumento della pressione arteriosa e del battito cardiaco, e la dilatazione del diametro delle pupille) molto simili a quelle vissute nel corso di un orgasmo da stimolazione corporea.

Forza ipnotica

Dal Tantra, invece, sono stati tratti insegnamenti utili a raggiungere stati orgasmatici indotti dal pensiero e dall’ipnosi erotica, in totale assenza di stimolazione tattile e genitale. Sono infatti noti casi di persone che riescono a sperimentare l’orgasmo attraverso tecniche immaginative e meditative, così come con la respirazione intensa e il lavoro pelvico muscolare.

Tutte queste tecniche hanno il valore aggiunto di essere molto inclusive, poiché permettono di sperimentare piacere orgasmico anche a persone con disabilità fisico-motorie, che potrebbero avere difficoltà a raggiungere orgasmi attraverso la sola stimolazione genitale, così come a chi fa parte della comunità trans, che potrebbe sperimentare sentimenti di disforia di genere con la masturbazione diretta delle proprie zone erogene.

Amplificare le sensazioni

Il tatto può rivelarsi dunque un veicolo di intenso piacere, che si presta a numerose sperimentazioni erotiche. Le sensazioni sul corpo possono essere amplificate, per esempio, da prodotti specifici come gli oli per massaggi, che consentono inoltre di aggiungere lubrificazione o sperimentare differenti stimolazioni. Allo stesso modo, anche le pitture per il corpo (che richiamano la pratica del body painting) possono permettere di dare libero sfogo alla propria creatività sul corpo del partner, utilizzando materiali edibili che possono poi essere “assaggiati” sulla pelle della persona amata.

Chiara Maggio – Psicologa clinica e co-founder di Green Vibes, piattaforma online dedicata alla sessualità sostenibile per l’ambiente e per la persona.

Link e approfondimenti

I due rinascimenti di Urbino

Si dice che Urbino, descritta come “città in forma di palazzo” da Baldassare Castiglione nel Libro del Cortegiano (1528), abbia vissuto due rinascimenti.

1. Sotto il segno di Federico da Montefeltro

Il primo è quello noto a tutti, fiorito sotto Federico da Montefeltro (1422-1482) che aveva fama di condottiero spietato verso i suoi nemici. Alla sua corte operarono i migliori artisti, scienziati e architetti dell’epoca. Di particolare importanza per la città fu l’architetto senese Francesco di Giorgio Martini, consigliere personale del duca, che fu incaricato di realizzare rocche e fortificazioni nell’intero territorio del ducato: a Sassocorvaro, a Montecerignone, a Macerata Feltria, a Mondavio, a Cagli, a San Leo e così via.

“Non può essere che Urbino un palazzo che anziché sorgere entro le mura d’una città contiene una città tra le sue mura”
(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972)

Nel 1464 iniziò la realizzazione del Palazzo Ducale sotto la guida dell’architetto dalmata Luciano Laurana. Nel 1472 subentrò nella direzione dei lavori Francesco di Giorgio, che vi si dedicò fino alla morte di Federico e anche oltre. Il connubio fra il duca e l’architetto portò quindi alla realizzazione di quella che molti considerano la città simbolo del Rinascimento italiano, una vera città ideale nella quale trascorsero lunghi periodi Leon Battista Alberti, Piero della Francesca, Paolo da Middelburg, e vi nacquero Donato Bramante e Raffaello Sanzio.

2. Sotto il segno di Carlo Bo

Il secondo Rinascimento di Urbino si sviluppò esattamente 500 anni dopo, nella seconda metà del Novecento, sulla spinta del docente e critico letterario Carlo Bo (1911-2001), rettore dell’ateneo cittadino per 54 anni e senatore a vita dal 1984. Bo affidò all’architetto genovese Giancarlo De Carlo la realizzazione di molte strutture dell’università.

Collegi Universitari Urbino Giancarlo De Carlo
I collegi universitari costruiti da Giancarlo De Carlo su una collina a 1 km dal centro storico di Urbino tra il 1962 e il 1983. Sono costituiti da 4 strutture immerse nel verde: il Colle, il Tridente, l’Aquilone-Serpentine e la Vela (foto di una stampa presente sul posto, A. Parlangeli).

Così De Carlo ristrutturò alcuni fra i più grandi complessi rinascimentali ancora esistenti, inserendovi dipartimenti e uffici. Ma soprattutto realizzò tra il 1962 e il 1980 una enorme struttura residenziale, una città ideale per studenti: il complesso dei Collegi universitari al Colle dei Cappuccini. Una struttura immersa nel verde ad appena un chilometro dal centro, con circa 1.500 posti letto, teatri, auditorium, sala proiezioni, sale per riunioni, mensa, bar, spazi comuni, sale studio, una biblioteca.

Dettagli dei collegi universitari realizzati da Giancarlo De Carlo a Urbino. Sono uno degli esempi più riusciti di architettura partecipativa (foto A. Parlangeli).

Urbino divenne in quel periodo un vivace centro culturale, che negli spazi disegnati da De Carlo accolse conferenze e ospiti provenienti da tutto il mondo. Tra questi anche Italo Calvino, che nelle sue Città invisibili (1972), in un dialogo immaginario tra Marco Polo e l’imperatore Kublai Kan, descrive il borgo così: “non può essere che Urbino un palazzo che anziché sorgere entro le mura d’una città contiene una città tra le sue mura”.

“La verità è che nell’ordine c’è la noia frustrante dell’imposizione, mentre nel disordine c’è la fantasia esaltante della partecipazione
(Giancarlo De Carlo, 1973)

Nella prefazione del Castello dei destini incrociati (1969), Calvino scrive anche: “L’idea di adoperare i tarocchi come una macchina narrativa combinatoria mi è venuta da Paolo Fabbri durante un seminario internazionale sulle strutture del racconto del luglio 1968 a Urbino”. E lo stesso De Carlo ha raccontato: «Italo Calvino era venuto a Urbino e aveva dormito al Collegio del Colle. Gli avevo chiesto, la mattina dopo, come si era trovato in quell’ambiente un po’ particolare. E lui mi aveva detto che tutto gli era molto piaciuto, ma quello che gli era piaciuto di più era stato che in quel Collegio uno potrebbe uscire al mattino perché deve incontrare una ragazza che gli piace. E allora comincia a seguire un percorso; però, a un certo punto, il percorso si dirama e poi si dirama ancora, e sale e scende e va in obliquo e offre sempre più scelte; finché arrivi a un ultimo incrocio dove incontri un’altra ragazza che ti piace ancora di più e ti dimentichi della prima: la tua vita cambia e la causa è l’architettura».

(Ha collaborato Andrea Parlangeli)

Link e approfondimenti

• Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Italo Calvino. Qui, i post su Josway dedicati al rapporto tra lo scrittore e la teoria della complessità che ha portato al Nobel il fisico Giorgio Parisi.
• La descrizione di Zobeide nel libro Le città invisibili (1972) di Calvino.
Il Castello dei destini incrociati (1969) di Italo Calvino.
La città ideale nella storia.
• Il libro L’architettura della partecipazione (Quodilibet, 2013) di Giancarlo De Carlo.

Grandi numeri 2. Dalle dita di una mano ai mega, giga, zetta, ronna… fino a oltre l’universo

Nel mondo dei grandi numeri, un punto di riferimento è il googol, cioè 10100, con cui abbiamo chiuso il post precedente. Tant’è che la branca della matematica che si occupa di grandi numeri è da alcuni chiamata googologia. Ma per quanto grande possa essere un googol – più o meno 100 miliardi di miliardi di volte il numero di atomi dell’intero universo – non è nulla in confronto all’infinito matematico.

Un googol (Yot, Hidro add transparency).

Tappa 1. Il googolplex

Un salto di qualità si può fare con il googolplex, anch’esso (come googol) introdotto da Edward Kasner, che è pari a 10googol ed è più facile da scrivere che da immaginare. Il googol si può ancora scrivere per esteso in notazione decimale su una pagina (v. figura). Per il googolplex non basterebbe un libro, e nemmeno una biblioteca, e nemmeno tutti i libri del mondo. Se infatti potessimo scrivere una cifra su ogni atomo dell’universo, arriveremmo a malapena a 1080 cifre, mentre un googolplex di cifre ne ha 10100. Un altro modo per raccontarla è dire che, se volessimo scrivere il numero a mano, immaginando di avere abbastanza carta e di scrivere una cifra ogni secondo, ci vorrebbero più di 1090 anni, cioè 1080 volte più dell’età universo.

Per tutti gli scopi pratici, il googolpex è un numero troppo grande per il nostro universo, figuriamoci allora per la nostra capacità di comprenderne veramente le dimensioni!

Tappa 2. Il numero di Graham

Ma il googolplex è ancora un numero relativamente piccolo, in quando si può ancora scrivere in forma esponenziale. All’inizio questo era ancora il metodo usato per creare numeri enormi, cioè aggiungendo zeri o esponenti su esponenti. Poi, nel 1971, arrivò Ronald Graham, e fece un importante salto di qualità. Graham definì infatti una procedura ricorsiva per creare un numero mostruoso, molto più grande di qualsiasi potenza possa venire ragionevolmente in mente: il numero di Graham. Questo “mostro” non salta fuori dal nulla, per il puro piacere di trovare un numero da record come altri che vedremo in seguito, ma è stato pensato per risolvere un problema matematico di teoria dei grafi e si può definire in modo ricorsivo.

 

GrahamCube
Esempio di un grafo a due colori legato al problema matematico in cui è stato pensato il numero di Graham.

Freccette

Prendiamo, per esempio, il numero 3 e definiamo le seguenti operazioni, usando una notazione ideata dall’informatico statunitense Donald Knuth:

3 ↑1 3 = 3↑3 = 33 = 27

3 ↑2 3 = 3↑↑3 = 3↑(3↑3) = 327 = 7.625.597484.987 (circa 7.600 miliardi)

3 ↑3 3 = 3↑↑↑3 = 3↑↑(3↑↑3) = 3↑↑7.625.597484.987 = … (molto più di un googolplex)

3 ↑4 3 = 3↑↑↑↑3 = 3↑↑↑(3↑↑↑3)=  …

Oltre ogni comprensione

È subito chiaro come la sequenza diventi esplosiva. Ma siamo solo all’inizio. Perché, a questo punto, si passa a un altro livello di crescita. Si definisce quindi:

g1 = 3 ↑4 3

g2 = 3 ↑g1 3

g3 = 3 ↑g2 3

E così via fino a g64.

g64 è il numero di Graham. A vederlo definito così, in una sequenza quasi lineare, si perde il senso della sua enormità. Ma per avere appena un assaggio di quanto questo numero sia grande, basti considerare che anche solo g1 è totalmente al di fuori della nostra comprensione umana.

Oltre l’universo

Consideriamo il massimo numero che, in linea di principio, possa essere contenuto nell’universo in forma decimale. Per stimarlo, si può considerare la quantità massima di informazione che l’universo può contenere. Immaginiamo di allora suddividere lo spazio in tante caselle, ciascuna della quale contenga un’unità di informazione, per esempio una cifra (da 0 a 9) di un numero enorme. Da un punto di vista fisico, il volume minimo che ha senso considerare si chiama volume di Planck, ed è un numero piccolissimo, pari a 1.6 10-33 centimetri. Se si cercasse di guardare in un volume più piccolo, si produrrebbe un buco nero. In un centimetro cubo ci sono 2,5 1098 volumi di Planck. Nell’intero universo che ne sono 10184. Il googolplex ha 10100 cifre, dunque in linea di principio può essere scritto nell’universo nella modalità che abbiamo appena illustrato. g1 no. g1 è molto più grande.

Figuriamoci g2, che è scritto con una quantità di frecce pari a g1… E poi tutti gli altri.

Ovviamente ci sono tanti numeri più grandi del numero di Graham. Al posto del 3 si potrebbe usare un altro numero. Oppure si potrebbe iterare il processo per un numero maggiore di volte. Ma tutto questo non cambierebbe di molto le cose. Di fatto, il numero di Graham ci proietta verso una dimensione fuori dalla portata della classica notazione esponenziale.

Da record

Anche se questo numero non si può scrivere in alcun modo per esteso, le sue ultime cifre sono note, e sono 3, 8 e 7. Il numero di Graham fu reso popolare dallo scrittore Martin Gardner sulle pagine di Scientific American, ed entrò nel Guinness dei primati nel 1977.

Link e approfondimenti

La prima puntata della serie sui grandi numeri.
• La crescita esponenziale descritta da Dante Alighieri.
Googol e googolplex in un video di Numberphile.
• Il numero di Graham spiegato da Ron Graham!
• Per scendere nel dettaglio, il sito Conceptualizing Graham’s number.
Gli ultimi 16 milioni di cifre del numero di Graham.