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Grandi patriarchi 8. L’avo degli olivi

Olivastro di Luras

Età stimata: oltre 3000 anni
Olivastro (Olea europaea Linné var. sylvestris, Miller, Brot.)
Comune: Luras (SS), San Baltolu
Circonferenza del tronco: 13 m. Altezza: 14 m.

Questo autentico monumento della natura si trova in località San Baltolu, nel comune di Luras, presso il Lago di Liscia, vicino alla piccola chiesa di San Bartolomeo. La località si raggiunge da Calangianus (Ss), centro noto per la produzione di sughero. La pianta, conosciuta con il nome dialettale di “S’Ozzastru”, è considerata millenaria, ma la datazione precisa dell’età degli olivi rimane comunque assai problematica: questa specie infatti non produce con regolarità i caratteristici anelli annuali e le varie tecniche di indagine possono solo consentire stime più o meno attendibili. Ricerche effettuate dall’Università di Parigi attribuiscono a questo albero un’età di circa 3.800 anni, mentre secondo lo studio effettuato dal Dr. Franco Tassi, con la collaborazione di Mauro Aresu, che si è avvalso di innovative tecniche di dendrocronologia (radioestesia), l’età rilevata sarebbe di 3.340 anni. La pianta è un esemplare selvatico e produce frutti (olive) molto piccoli e inadatti alla produzione di olio di qualità. A breve distanza vegeta un’altra pianta selvatica monumentale, ritenuta un po’ più “giovane”, ma anch’essa millenaria. Vista la non idoneità alla produzione di olio alimentare, questi alberi sarebbero stati mantenuti fin dall’antichità, e lasciati al loro spontaneo sviluppo, per consentire l’ombreggiamento delle greggi, essendo la zona da secoli dedita alla pastorizia. L’olivo è il simbolo della pace, creato da Minerva e posto come emblema sull’elmo della dea bellicosa, ma anche saggia. Inoltre, l’olivo cingeva il capo dei sacerdoti di Giove e degli ambasciatori che portavano notizie di pace. A questa pianta di grande longevità viene attribuito anche il simbolo di vittoria, ricompensa, forza e purificazione.

(Articolo tratto dalla mostra “Patriarchi della natura – Alberi straordinari d’Italia”. Ideata e curata da Fondazione Bracco e Associazione Patriarchi della Natura, e ospitata da Triennale Milano dal 14 luglio al 22 agosto 2021, la mostra fotografica – a ingresso libero – propone un itinerario da Nord a Sud nell’Italia più verde, alla scoperta di stupefacenti opere d’arte naturali: alberi secolari o millenari, testimoni della nostra storia)

Link e approfondimenti
• Il catalogo della mostra.

Note sulla materia oscura per un amico scrittore

Scrivo queste note per un amico scrittore affascinato dalla materia oscura, che cerca spunti per un suo romanzo. Lo scopo di queste considerazioni non è dunque quello di fornire una descrizione di che cos’è la materia oscura (cosa che oltretutto non sappiamo) né di passare al setaccio tutte le buone ragioni per cui pensiamo che esista e tutte le ipotesi sulla forma che potrebbe avere, giacché neppure il più esperto tra gli scienziati potrebbe fornire risposte che nel giro di qualche anno non rischino di essere superate. Lo scopo di queste note è piuttosto quello di fornire alcune suggestioni, basate il più possibile sui fatti, per stimolare la riflessione e la fantasia.

La materia oscura non ha colori, non ha odori, sfugge al tatto. È più che un fantasma

Cominciamo con una semplice spiegazione. La materia oscura è una ipotetica forma di materia che non interagisce in alcun modo con la materia ordinaria, quella che conosciamo, se non tramite la forza di gravità. Dunque, la materia oscura è invisibile e in grado di attraversarci senza che ce ne rendiamo conto. Non ha colori, non ha odori, sfugge al tatto. È più che un fantasma, perché non si lascia neppure intuire con una sfumatura. Però interagisce con noi tramite la gravità, che – beninteso – è una forza su scala umana debolissima, del tutto trascurabile, ma che si fa sentire su scala planetaria o maggiore. Tant’è che proprio così gli astronomi si sono accorti della sua esistenza, più precisamente dal fatto che la gravità delle stelle che osservavano non era in grado di spiegare il loro movimento all’interno delle galassie: doveva esserci qualcosa di più, di invisibile. E quel qualcosa di più non era marginale: costituiva gran parte delle galassie, ben il 90%. La materia ordinaria, che a noi sembra così abbondante, è solo una piccola parte dell’universo.

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L’ammasso di galassie Abell 1689. All’immagine reale è sovrapposto un alone blue che rappresenta una visualizzazione della materia oscura (dedotta dalle osservazioni) presente nella regione (NASA, ESA, E. Jullo – Jet Propulsion Laboratory, P. Natarajan – Yale University), J.P. Kneib – Laboratoire d’Astrophysique de Marseille, CNRS, France).

Ecco allora che si può pensare al complesso della materia nel cosmo come a un iceberg, di cui solo la punta costituisce la parte che conosciamo. Il resto è, appunto, materia oscura.

Si sa che la materia oscura si addensa attorno alle galassie, circondandole e compenetrandole come un impalpabile alone. In questo senso – e qui comincia la fantasia ­– trasponendo questa condizione cosmica su scala umana (una forzatura che, in termini scientifici, non sarebbe corretta) possiamo immaginare che ognuno di noi sia circondato da un suo alone di materia oscura. Potremmo pensare questo alone come un’anima che avvolge il corpo. Come l’anima, infatti, anche l’alone “oscuro” sarebbe invisibile. Avrebbe tuttavia un peso, un peso enorme che ciascuno di noi si porterebbe appresso finché dura la propria esistenza di essere materiale… e che non cesserebbe con la vita, ma si disgregherebbe anch’esso con la disgregazione del corpo.

È come un impalpabile alone che avvolge noi e le galassie. Ed è lì da sempre, fin dalle origini

In un tale scenario, non solo ogni persona, ma ogni essere vivente e ogni oggetto sarebbero avvolti da un simile alone. Tutto questo però è una forzatura, perché la materia oscura si distribuisce su una scala molto più ampia di quella umana, quindi il nostro alone di materia oscura sarebbe di fatto indistinguibile da quello di ogni oggetto che ci circonda.

Si pensa, poi, che la materia oscura sia composta da particelle, sulle quali esistono innumerevoli ipotesi. Secondo una particolare teoria detta “supersimmetria”, queste particelle sarebbero una versione speculare di quelle che compongono il nostro mondo e il nostro corpo. Possiamo allora immaginare che il mondo invisibile dell’antimateria sia parallelo e speculare al nostro. E possiamo divertirci a pensare che sia il nostro mondo a determinare il destino dell’altro, portandoselo appresso come una zavorra. O viceversa che noi esseri umani siamo solo burattini guidati da una realtà speculare e parallela molto più “solida” della nostra. Oppure ancora che i due mondi si influenzino a vicenda in modo complesso, senza che l’uno abbia il pieno controllo sull’altro. Volando sempre più in alto con la fantasia, si potrebbe pensare al mondo ultraterreno degli antichi Greci, che immaginavano gli dei dell’Olimpo vivere una propria esistenza, intrecciata a quella degli umani, di cui potevano comunque determinare il destino.

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Il campo gravitazionale di una galassia deforma l’immagine di un’altra galassia, retrostante. Questo fenomeno, detto di “lente gravitazionale” è molto utile per misurare la presenza di materia visibile e oscura (ESA/Hubble & NASA).

La forzatura più grande di questa visione riguarda il fatto che la supersimmetria, se mai è esistita, era tale solo nel momento del Big Bang, quando le condizioni dell’universo erano molto diverse da quelle attuali, e si sarebbe incrinata in seguito (i fisici parlano di “rottura della simmetria”, un processo che certamente è avvenuto per alcuni fenomeni) per cui nel nostro mondo le super-particelle sarebbero instabili e più pesanti delle corrispettive particelle di cui sono lo “specchio”. Ma non è utile andare oltre in questa direzione, in quanto è troppo speculativa.

All’inizio l’universo era più simmetrico di adesso (fino a che punto, non si sa). Noi siamo figli di un'”imperfezione”

Queste divagazioni ci portano comunque a un punto interessante, quello delle origini. Perché la materia oscura, se c’è, deve essersi formata con il Big Bang e deve aver avuto un impatto importante sulla nascita delle prime stelle e delle prime galassie. Dopo il Big Bang, infatti, l’universo era una distesa di gas in espansione, che nel corso di milioni di anni ha cominciato ad addensarsi attorno ad alcune disomogeneità iniziali, dove la densità (e quindi la gravità) era maggiore che nelle aree circostanti. Non sappiamo praticamente nulla sui processi di aggregazione che avvennero in quel tempo remoto; ma possiamo immaginare che la materia oscura, con la sua grande massa, abbia avuto un ruolo importante.

Confronto tra la rotazione di galassie ai giorni nostri (a sinistra) e dieci miliardi di anni fa (a destra). Nella galassia attuale, la materia oscura (in rosso) è più concentrata vicino al centro e ruota più rapidamente. L’effetto, qui enfatizzato, mostra come la presenza e la distribuzione della materia oscura modifichino il movimento delle galassie. (ESO/L. Calçada).

Come trasporre tutto questo in un romanzo? Uno spunto potrebbe essere il tema delle origini, appunto. Ciascuno di noi ha una storia, a volte un fardello, un peso, comunque una radice che lo lega – in modo spesso inconscio – a un momento fondante della sua esistenza. Questo mistero lo avvolge come un alone invisibile, di cui spesso è impossibile liberarsi, spesso è più facile prenderne consapevolezza e conviverci.

Per certi aspetti, la materia oscura può essere pensata come un doppelgänger della materia che ci compone

Dunque, il tema dell’inconscio può costituire un interessante punto di contatto, per uno scrittore, con l’invisibilità della materia oscura. Inoltre, già in passato la letteratura e l’arte hanno sviluppato il concetto di doppelgänger, presente anche nel cinema di David Lynch, che rappresenta un’analogia potenzialmente interessante con la materia oscura.

E volgiamo già al termine, non senza un ultimo volo pindarico che comunque si ricongiunge a considerazioni già fatte. Mi riferisco all’ipotesi che la materia oscura possa non esistere affatto, in quanto le anomalie gravitazionali osservate sarebbero causate da altri fattori. Una possibilità è che la forza di gravità sia diversa da come la conosciamo, ma questo sembra poco plausibile (in quanto in tal caso bisognerebbe riscrivere anche la Relatività Generale di Einstein, che invece accumula sempre più successi) e comunque è una via che non sembra offrire spunti narrativi interessanti. Un’altra possibilità, forse ancor più ipotetica ma in compenso molto più immaginifica, è che siano fondate alcune previsioni basate sulla moderna teoria delle stringhe, o meglio di una sua evoluzione detta teoria delle membrane. Secondo un modello teorico molto speculativo che è stato formulato in passato, il nostro universo si troverebbe sulla membrana di una realtà molto più vasta che si sviluppa oltre le tre dimensioni spaziali. Potrebbero quindi esistere altri mondi, o parti del nostro stesso universo, vicinissimi a noi in una dimensione nascosta, per noi del tutto impercettibile se non attraverso la gravità (l’unica forza in grado di propagarsi oltre la terza dimensione). E allora quello che oggi chiamiamo “materia oscura” altro non sarebbe che il manifestarsi di un altro universo vicino a noi in una dimensione nascosta. Senza addentrarci troppo nella descrizione di qualcosa che non conosciamo, in un paragone letterario questa possibilità non sarebbe poi così dissimile da altre di cui abbiamo già parlato: gli dei dell’Olimpo, l’inconscio, il tema del doppio.

Grandi patriarchi 7. Il più antico castagno del mondo

Il Castagno dei cento cavalli

Età stimata: oltre 2000 anni
Castagno (Castanea sativa Miller)
Comune: Sant’Alfio (Ct)
Circonferenza del tronco: 50 m. (teorica) si tratta in realtà di tre fusti, separati fra loro, cresciuti da una antichissima ceppaia Altezza: 17 m.

Il Castagno dei 100 cavalli si trova a pochi chilometri da Sant’Alfio, comune raggiungibile da Giarre (Ct). La pianta, che ha dato il nome alla località “Tre Castagni”, è nota a tutti in zona ed è indicata da appositi cartelli segnaletici. È considerato il più antico castagno del mondo ed è un vero e proprio boschetto costituito da più tronchi affiancati che si ritiene siano stati originati da un’unica antica ceppaia di dimensioni impressionanti. In alcuni antichi dipinti questo patriarca viene raffigurato ancora nella sua interezza, ma già suddiviso in enormi rami ascendenti e con una cavità interna così ampia da contenere una casetta in muratura che altro non era che un essiccatoio per le castagne. Oggi la pianta è recintata proprio per salvaguardarne l’integrità. L’origine del nome è legata alla leggenda secondo cui, sotto la sua enorme chioma, durante un temporale, trovò rifugio una regina (forse Giovanna I d’Angiò, che regnò a Napoli dal 1341 al 1382) assieme ai suoi 100 cavalieri. Nel territorio etneo gli alberi monumentali non mancano, a soli pochi chilometri dal Castagno dei 100 cavalli, ma in Comune di Mascali, vi è un altro albero di dimensioni eccezionali: il Castagno di Sant’Agata, detto anche Castagno Nave, in virtù della forma del suo tronco che ricorda un vascello con i lunghi fusti simili agli alberi della nave a cui vanno fissate le vele.

(Articolo tratto dalla mostra “Patriarchi della natura – Alberi straordinari d’Italia”. Ideata e curata da Fondazione Bracco e Associazione Patriarchi della Natura, e ospitata da Triennale Milano dal 14 luglio al 22 agosto 2021, la mostra fotografica – a ingresso libero – propone un itinerario da Nord a Sud nell’Italia più verde, alla scoperta di stupefacenti opere d’arte naturali: alberi secolari o millenari, testimoni della nostra storia)

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Grandi patriarchi 6. Il Barone

Età stimata: millenario
Olivo (Olea europea Linné)
Comune: Manduria (TA),
Masseria Fellicchie
Circonferenza del tronco: circa 10 m.
Altezza: 8 m.

Il Salento è tradizionalmente terra dove la coltura dell’olivo ha origini millenarie che si perdono nella notte dei tempi. Fin dalla colonizzazione dei Greci, che spesso portavano con sé le proprie varietà, innestandole sugli olivastri selvatici che trovavano sulle coste meridionali dell’Italia, il territorio pugliese ha sviluppato la propria agricoltura avendo al centro l’olivo. L’olivo è specie assai ben adattabile al clima caldo e soleggiato dell’area mediterranea ed è assai longevo, tant’è che molti degli esemplari pugliesi vantano secoli di vita e talvolta superano anche il millennio di età. Fra gli olivi più antichi di questo territorio spicca una pianta straordinaria, chiamata “Il Barone” che ancora vive nelle campagne tarantine, presso la Masseria Fellicchie, in Comune di Manduria, a pochi chilometri da Avetrana e dal mare. La pianta è considerata millenaria ed è curata con amore dal proprietario, che vive con angoscia questi ultimi anni caratterizzati dall’epidemia di Xylella (una malattia che può condurre a morte l’olivo in pochi anni) nel timore che “Il Barone” sia anch’esso infettato da questo terribile morbo. Gli olivi salentini sono i testimoni di secoli di storia, di popoli ed eventi che hanno caratterizzato queste terre per intere generazioni, rappresentando per questo un immenso patrimonio, non solo agricolo e ambientale, ma anche culturale, assolutamente da preservare e proteggere.

(Articolo tratto dalla mostra “Patriarchi della natura – Alberi straordinari d’Italia”. Ideata e curata da Fondazione Bracco e Associazione Patriarchi della Natura, e ospitata da Triennale Milano dal 14 luglio al 22 agosto 2021, la mostra fotografica – a ingresso libero – propone un itinerario da Nord a Sud nell’Italia più verde, alla scoperta di stupefacenti opere d’arte naturali: alberi secolari o millenari, testimoni della nostra storia)

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Che cos’è un numero? (Parte 2)

Negli anni ’70, nel suo libro On Numbers and Games, il matematico John Horton Conway (1937-2020) presentò al mondo una nuova classe di numeri, i surreali, da lui inventati e battezzati così dall’informatico Donald Knuth. Il libro di Conway è noto attraverso l’acronimo ONAG, che in ebraico vuol dire piacere spirituale (עֹנֶג). Conway è stato uno dei matematici contemporanei più originali e profondi. Si è occupato di teoria dei gruppi, dei giochi, dei numeri, dei nodi. È stato un matematico eclettico, brillante e arguto, che non ha disdegnato mai nessun problema come poco nobile, nemmeno se originava dalla matematica ricreativa. A lui si deve anche un modello universale di calcolo, noto come gioco della vita, di cui abbiamo già parlato su Josway. Per dare un esempio della sua versatilità, ricordiamo che ha inventato un algoritmo di calcolo mentale per risalire da una data qualsiasi al giorno della settimana che le corrisponde (basato sul fatto che alcune date facili da ricordare come il 4/4, 6/6, 8/8, 10/10, 12/12 e anche il 25 aprile cadono tutte nello stesso giorno della settimana, il doomsday). Tristemente, Conway è morto di Covid-19.

Numeri, nel senso più generale possibile

Per sgomberare il campo da questioni tecniche dichiaro subito che i numeri surreali sono la più grande classe possibile di numeri, nell’universo degli insiemi, che estende tutte le classi di cui abbiamo parlato finora (v. articolo precedente), compresi gli infiniti e gli infinitesimi, ad esclusione degli immaginari e dei quaternioni, che però si possono aggiungere senza difficoltà. E, come dicono i logici, queste estensioni sono conservative ovvero si possono definire sui surreali operazioni di somma, differenza, prodotto, divisione, esponente, logaritmo, e quant’altro si può esprimere “ragionevolmente” sui numeri reali, in modo da conservare il valore che queste operazioni avrebbero se ristrette ai loro domini originali. Per esempio, la somma di due interi visti come surreali è il surreale corrispondente alla somma dei due interi, oppure il surreale corrispondente al quadrato del surreale corrispondente a π è il surreale corrispondente a π². Quindi abbiamo a disposizione tutti i numeri di cui disponevamo prima con tutte le loro proprietà, tra i surreali, ma possiamo dare senso in modo coerente a nuovi oggetti come l’infinitesimo 1/ω, oppure ad apparenti eccentricità numeriche come √(ω+1) + π/ω².

La risposta finale

Dunque i numeri surreali danno, forse, la risposta a finale alla nostra domanda fondamentale, da cui eravamo partiti: che cos’è un numero?

Un numero è un gioco

I numeri surreali trovano una naturale definizione nell’ambito della Teoria dei giochi (Image by Reinhold Silbermann from Pixabay).

I numeri surreali sono giochi. Ovviamente, sono giochi un po’ più stilizzati degli scacchi, del bridge, di Monopoly o di Carcassonne. L’ambientazione non ha importanza. I giochi in questione sono una versione astratta dei giochi deterministici a due persone con informazione perfetta. A informazione perfetta vuol dire che l’avversario è a conoscenza delle nostre possibili mosse. Si possono descrivere, come nella rappresentazione insiemistica dei numeri reali, da una coppia di insiemi: l’insieme S delle mosse ammesse per una giocatrice a sinistra e l’insieme D delle mosse ammesse per una giocatrice a destra. In ossequio a Conway, indicheremo tale coppia con {S|D}. A ogni turno, ogni giocatrice sceglie una mossa nell’insieme delle mosse che le competono, se questo non è vuoto. Se l’insieme di mosse a sua disposizione a un certo punto è vuoto, allora perde e l’altra giocatrice vince. Ma quali sono le mosse di questi giochi? Ecco uno dei colpi di genio di Conway: le mosse stesse dei giochi di Conway sono giochi, e precisamente quelli che si vengono a determinare una volta fatta quella mossa.

I numeri, nel senso più ampio del termine, sono giochi… Dei quali, a sua volta, ogni mossa è un gioco

Costruiti sul vuoto

Quindi, in analogia a quanto accadeva con gli insiemi, tutto l’universo dei giochi è fatto a partire da giochi le cui mosse sono giochi, le cui mosse sono giochi, e così via… E come con gli insiemi anche con i giochi, prima ancora di sapere che cos’è un gioco ne abbiamo già uno, quello vuoto. In questo gioco perde chi gioca per primo, vince chi gioca per secondo. E ancora, esattamente come per gli insiemi, anche per i giochi avviene che tutti i giochi sono costruiti a partire dal gioco vuoto. Tutti i giochi di Conway terminano quindi con la vittoria di una delle due giocatrici, perché prima o poi tutte le catene di mosse terminano sul gioco vuoto. Quindi, tali giochi hanno necessariamente una strategia vincente per una qualche giocatrice: se non ci fosse una strategia vincente, ogni giocatrice potrebbe sempre giocare quella mossa per la quale l’avversaria non ha una mossa vincente, e il gioco non terminerebbe mai.

Come con gli insiemi, anche i giochi si possono costruire a partire dal gioco vuoto

Strategie vincenti

Nell’universo di Conway ogni numero si può giocare. Se questo numero è uguale a 0, allora c’è una strategia vincente per la prima giocatrice (che può essere a destra o a sinistra), altrimenti per la seconda. E se questo numero è strettamente positivo c’è una strategia vincente per la giocatrice sinistra; se invece è strettamente negativo ce n’è una per la giocatrice destra.

Un esempio cinematografico

Come iniziazione ai giochi di Conway, si può partire dal celebre gioco del Nim che veniva giocato per ingannare il tempo nella città termale de L’anno scorso a Marienbad (L’Année dernière à Marienbad), il film diretto da Alain Resnais e sceneggiato dallo scrittore Alain Robbe-Grillet, che vinse il Leone d’oro a Venezia nel 1961.

Locandina del film “L’anno scorso a Marienbad” (1961), in cui i protagonisti giocano a Nim.

Con i fiammiferi

Il gioco del Nim è il seguente. Si dispongono delle righe di fiammiferi in parallelo, come avviene nel film. Quando è il proprio turno, una giocatrice toglie alcuni fiammiferi, anche tutti, ma da una riga soltanto. Vince chi non lascia più nessun fiammifero sulla tavola. (Veramente nel film si gioca la variante misère del gioco, ovvero quella nella quale perde chi prende l’ultimo fiammifero, che richiede un’analisi leggermente più complicata). La classica distribuzione di partenza ha 4 righe di 1,3,5 e 7 fiammiferi rispettivamente. La rappresentazione di Conway della configurazione iniziale del gioco del film è data da 1*+3*+5*+7*.

Quasi come numeri

Ovvero il gioco è espresso come la somma di 4 giochi, ciascuno corrisponde ad una riga. I numeri asteriscati sono i giochi:

0*={|}
1*={0*|0*}
2*={0*,1*|0*,1*}
3*={0*,1*,2*|0*,1*,2*}
4*={0*,1*,2*,3*|0*,1*,2*,3*}

Attenzione, questi non sono ancora i numeri surreali. In realtà, si tratta di numeri non in senso tradizionale (per questo di usano gli asterischi * per indicarli), in quanto non si sommano tra loro con le regole dei numeri naturali. Li chiameremo numeri star (*).

Dal gioco alla somma

Come ci si può facilmente vedere, in ciascuno di questi giochi corrispondenti ai numeri star le mosse per la giocatrice sinistra sono uguali a quelle della giocatrice destra. Facendo una mossa la giocatrice trasforma una riga in una riga più breve. Ovvero trasforma uno degli addendi del gioco somma in un altro. E come si definisce un gioco somma di due giochi G₁={S₁|D₁} e G₂={S₂|D₂}?

Il gioco somma G₁+G₂ ha una formula un po’ più complicata della somma diretta delle mosse. Nel caso del Nim, infatti, fatta una mossa ci si trova nel gioco ottenuto come somma delle righe intonse più quello della riga nella quale è stata trasformata la riga sulla quale si è intervenuti. Traducendo in formule, si ha:

G₁+G₂={s₁ + G₂, G₁ + s₂ | d₁ + G₂, G₁ + d₂} per tutti gli s₁∈S₁, s₂∈S₂, d₁∈D₁, d₂∈D₂

A somma zero

Questa somma si può calcolare esplicitamente, e nel nostro caso fornisce 1*+3*+5*+7*=0. Quindi c’è una strategia vincente per la seconda giocatrice, come è ben illustrato nel film.

L’idea di Conway

Tutto questo serve a dare un’idea dell’idea di Conway: ogni numero corrisponde a un gioco, i giochi possono essere composti e decomposti in modo da ottenere altri giochi, ovvero altri numeri, e se calcoliamo questi numeri opportunamente possiamo sapere se i giochi sono vincenti per la prima oppure per la seconda giocatrice.

Dai giochi ai numeri surreali

Quelli usati nel Nim sono giochi imparziali, come li chiama Conway, ovvero le mosse della giocatrice sinistra e quelle della giocatrice di destra sono uguali. Ci siamo serviti di questo esempio solo a scopo introduttivo. I numeri surreali, invece, nascono quando ciò non accade. In realtà non tutti i giochi di Conway corrispondono a numeri surreali, ma solamente quelli per i quali ogni mossa per la giocatrice di sinistra è minore di quelle della giocatrice di destra. Non entriamo qui nella definizione di minore, perché è un po’ uno scioglilingua. Basta saperlo, e basta sapere che la regola della somma è sempre la stessa che abbiamo già dato e che vale giù in generale per tutti i giochi.

Trattini e alberelli

Arriviamo ora ai numeri surreali. Per raffigurarli, è utile fare riferimento a un altro gioco inventato sempre da Conway, il gioco di Hackenbush, che è una generalizzazione di quello del Nim. In figura è presente una possibile configurazione iniziale.

Ogni alberello bicolore è ancorato al bordo tratteggiato. A ogni mossa la giocatrice rossa, quella di sinistra, può togliere un trattino rosso e quella nera, di destra, un trattino nero. Perde chi non ha più trattini del proprio colore da togliere. Attenzione però, se si toglie un trattino si rimuovono anche tutti quelli che rimanevano ancorati al bordo tratteggiato grazie a quel trattino. Chi ha una strategia vincente nella configurazione iniziale del disegno? Accanto a ogni trattino compare un numero. Questo è il numero surreale che corrisponde al valore di quella mossa. Come si calcolano questi numeri è un po’ laborioso. Cerchiamo di darne un’idea.

Il significato dello 0

Questo gioco corrisponde a {|}=0, ovvero né la giocatrice rossa né quella nera possono muovere, vince chi va per secondo;

Il significato dell’1

Questo gioco corrisponde a {0|}=1 ovvero la giocatrice rossa può fare una mossa la nera no; vince la rossa sia che vada per prima che per seconda;

Il significato del -1

Questo gioco corrisponde a {|0}=-1 ovvero la giocatrice nera può fare una mossa la rossa no; vince la nera sia che vada per prima che per seconda;

Il significato di 1/2

Questo gioco corrisponde a {0|1}=1/2 ovvero la giocatrice nera può fare una mossa che ne lascia una alla rossa mentre la rossa ne può fare una che non ne lascia alla nera. Vince la rossa sia che vada per prima che per seconda.

Il significato di 3/4

Corrisponde a {1/2 |1}=3/4 ovvero la giocatrice nera può lasciare il gioco 1 mentre la giocatrice rossa può lasciare la nera senza mosse oppure una situazione 1/2. Vince di nuovo la rossa sia che vada per prima che per seconda.

Come ritrovare gli altri numeri

Possiamo così, più in generale, trovare i numeri naturali 1={0|}, 2={1|}, 3={2|}… Poi i numeri negativi -1={|0}, -2={|-1}, -3={|-2}… E i razionali 1/2={0|1}, 1/4={0|1/2}, 3/4={1/2|1}…

Come calcolare il disegno generale? Il valore del gioco costituito da più alberelli attaccati al bordo è la somma algebrica dei valori di ogni singolo alberello. Il modo di calcolare il valore di ogni singolo alberello è più laborioso. Gli esempi elementari dati possono però essere sufficienti a darne un’idea. Comunque il valore del disegno in figura è 5/64, dunque vincono i rossi.

Dall’infinitesimo all’infinito

Ci sarebbe ancora moltissimo da dire sui numeri surreali, ma mi costringerebbe a riscrivere i primi capitoli di ONAG, e non vorrei incorrere nel plagio. Mi limito pertanto a dare la rappresentazione del più semplice gioco infinito ω={0,1,2,…,n,…|} nonché del suo successore ω+1={0,1,2,…,n,…,ω|} e predecessore ω-1={0,1,2,…,n,…|ω}. Concludo quindi consapevole di aver fatto vedere solo una parte così piccola dell’universo surreale, che la definirei con il gioco {0|1, 1/2, 1/4, 1/8, 1/16…}.

Indovinate chi è? È il gioco infinitesimo.