Ascoltare l’invisibile: in dialogo con Wanda Díaz-Merced (1/2)

Incontro con l'astronoma non vedente che ha regalato una dimensione nuova all'esplorazione scientifica: il suono.

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Ascoltare l’invisibile: in dialogo con Wanda Díaz-Merced (1/2)

Incontro con l'astronoma non vedente che ha regalato una dimensione nuova all'esplorazione scientifica: il suono.

Solo per un momento, chiudi gli occhi e ascolta.

Quali informazioni riesci a ottenere dell’ambiente nel quale ti trovi, semplicemente ascoltando? Sei in una stanza piccola che riverbera ogni rumore, o in una grande sala? Riesci a sentire il ticchettio dell’orologio? Se sì, da quale direzione proviene? Oppure puoi sentire il rumore delle auto in strada? Proviene da una finestra aperta o chiusa?

Spesso siamo inconsapevoli della ricchezza di informazioni che il suono porta con sé. Ad esempio, se si versa dell’acqua in un bicchiere, essa risuonerà diversamente con l’aumentare del volume riempito, fornendo un’indicazione acustica del livello raggiunto. Saresti in grado di fermarti prima che fuoriesca?

Ora, immagina di essere un astronomo. Non hai più a disposizione né grafici, né immagini che possano fornire informazioni utili sull’universo che stai osservando. Sapresti spiegare cosa sta accadendo? Probabilmente proverai un senso di estraniazione e di impotenza. Lo stesso che provò la ventenne Wanda Diaz Merced quando, nel mezzo dei suoi studi universitari di Scienze Naturali, perse completamente la vista a causa di una retinopatia diabetica degenerativa.

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Wanda è oggi un’astronoma di primo livello e pioniera della sonificazione dei dati astronomici, una tecnica che converte dati in elementi sonori udibili. La sua è una storia che vale la pena di raccontare, ma soprattutto un esempio di tenacia, ostinazione e lotta per l’equità all’interno della comunità scientifica internazionale. Questa è la sua testimonianza, raccolta quest’estate, prima che la scienziata si trasferisse a Cascina (Pisa) per un progetto biennale di ricerca sulla sonificazione delle onde gravitazionali presso l’osservatorio EGO-Virgo.

“La Scienza è per tutti. Deve essere accessibile a tutti, perché siamo tutti esploratori naturali”

Wanda è nata a Gurabo, in Porto Rico. Sin dai primi anni di scuola, era affascinata dalla scienza. Effettuava esperimenti casalinghi che si traducevano in progetti da presentare ai festival scientifici.

“Ho sempre voluto essere una scienziata, ma nella mia testa questo significava diventare un medico che curasse le malattie. Solo quando sono arrivata all’università ho capito che sarei potuta diventare anche una biologa, una genetista, una chimica, una fisica, una matematica. Questa consapevolezza, arrivata quando sono entrata a contatto diretto con la scienza in generale, ha allargato il mio orizzonte.”

Ma il percorso non è stato agevole, tutt’altro.

“Sono diabetica sin da quando ero una bambina. Questo mi ha causato non pochi problemi. A quel tempo, non esistevano ancora le pompe per l’infusione dell’insulina che ci sono oggi. Dovevo effettuare due iniezioni al giorno. Inoltre, provengo da una famiglia non privilegiata economicamente, che ha sempre dovuto cavarsela. Mia sorella più piccola aveva seri impedimenti fisici e a volte non avevamo neanche i soldi per comprare il cibo o un paio di calzini extra. Sai, certe situazioni sono complicate, ma la mia famiglia ha sempre fatto tutto il possibile per garantirci le migliori cure. Nonostante ciò, all’età di 18 anni nel mio campo visivo è comparsa una macchia nera a causa di una retinopatia diabetica degenerativa. Il progresso della malattia è accelerato. Fortunatamente, i miei genitori sono stati un esempio di umiltà e dedizione al lavoro, che ha instillato in me la forza di andare oltre le difficoltà.”

“Ricordo quando uscendo dalla porta ho sentito esplodere dentro questa piccola bomba. Ero devastata. Non vedevo bene, non capivo nulla in classe

Una forza che si è resa indispensabile quando la sua vista è peggiorata al punto da renderla completamente cieca. Erano gli anni in cui frequentava l’Università di Porto Rico a Rio Piedras, e questa situazione l’ha costretta a prendere una decisione: smettere o andare avanti.

“Quando la mia vista ha iniziato rapidamente a venire meno, sono arrivata a chiedermi: «Che cosa farò?». Mi ricordo che ero seduta nella hall dell’università, pensando che non mi sarebbe stato più possibile fare nulla. Ero appena uscita dalla lezione di elettromagnetismo. Ricordo quando uscendo dalla porta, facendo fatica a orientarmi, ho sentito esplodere dentro questa piccola bomba. Ero devastata! Non vedevo bene, non capivo nulla in classe. Faccio questo esempio [e inizia a picchiettare con le dita sulla scrivania davanti a sé, per simulare il rumore del gesso sulla lavagna]. Il mio professore diceva: «Da qui si arriva tramite Laplace… per risolvere questo, dovete sostituire questo termine qui… [continuando a picchiettare]… poi integrate questa parte… ottenete questa equazione differenziale… risolvete… ed ecco la soluzione». Sentivo il rumore del gesso sulla lavagna che evidenziava qualcosa, un rumore continuo come se stesse disegnando qualcosa, pensavo che fosse una figura geometrica, ma in realtà non avevo la minima nozione di che cosa fosse Laplace e di come integrare. La trasmissione delle informazioni semplicemente non mi era accessibile: non potevo vedere che cosa il professore stava scrivendo sulla lavagna, né tantomeno avevo libri di testo che potessero spiegarmelo. Lasciai la classe in quel preciso momento, perché avevo raggiunto un punto di saturazione. Il professore parlava, parlava, parlava come in ogni lezione. Ma io pensavo che non fosse possibile andare avanti così, per diversi motivi. Primo: queste persone erano state assunte per insegnare senza avere una minima metodologia pedagogica. Secondo: davano per scontato che gli studenti avessero determinate conoscenze. Terzo: senza la mia vista non avevo un minimo accesso a quel tipo di conoscenze. Insomma, il mio sogno di diventare una scienziata che avevo sin da bambina stava diventando impossibile.”

“Un amico mi informò che stava seguendo un progetto della Nasa e aveva un dispositivo in grado di trasformare in suono in tempo reale i dati che provenivano dal Sole e dalla Galassia. Mi disse: «Vorrei che venissi con me ad ascoltarlo». E mi diede una ragione di esistere”

Nel mezzo della disperazione, arrivò la svolta. Una svolta di nome Emilio, un amico che aveva capito i problemi che Wanda stava attraversando e la fatica che ormai faceva per orientarsi.

Un TED di Wanda Díaz Merced del 2016, con sottotitoli in italiano (traduzione di Daniel Fazzini, revisione di Alessia Fumanti).

“Quel giorno Emilio mi vide nella hall e, come prima cosa, mi disse che avrei dovuto usare un bastone per muovermi in sicurezza in facoltà. Nonostante il mio rifiuto completo e la paura di essere etichettata dalle persone, fu un consiglio che seguii nei giorni successivi e mi fu di grande aiuto. Poi, mi disse che stava seguendo un progetto della Nasa e aveva un dispositivo in grado di trasformare in suono in tempo reale i dati che provenivano dal Sole e dalla Galassia. Gli chiesi che tipo di dispositivo fosse e mi disse che assomigliava a due fili appesi per asciugare i panni. Mi disse: «Vorrei che tu venissi con me ad ascoltarlo». Mi portò nel luogo dov’era e mi fece ascoltare, dal vivo, l’audio di un brillamento solare, un’enorme emissione di energia proveniente dal Sole che raggiungeva la Terra. Fu stimolante. Potei sentire il Sole in tempo reale e, quando il brillamento terminò, riuscii a sentire il sottofondo cosmico della Galassia. Mi parlò di Karl Jansky (v. nota in fondo*). Io non avevo ancora la minima idea di chi fosse, ma mi resi conto che c’erano persone che stavano facendo questo, stavano usando l’audio per ascoltare il sottofondo cosmico della Galassia, e pensai che sarebbe potuto essere utile per qualcos’altro. Ma quando Emilio mi disse che Janksy aveva studiato le interferenze usando quell’antenna… be’… in quel momento diede una missione alla mia vita! Mi diede una ragione di esistere. La mia determinazione aumentò… non so come spiegarlo… un attimo prima mi sentivo completamente svuotata e poi tutt’un tratto piena!”.

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Quel paesaggio sonoro solare diede a Wanda una direzione completamente nuova, con l’eccitante prospettiva di usare i suoi sensi rimasti per studiare lo spazio. Il primo passo importante nella nuova direzione fu uno stage con Robert M. Candey al Nasa Goddard Spaceflight Center nel Maryland, Stati Uniti. La domanda di Wanda fu accolta, anche se lei sostiene che fu un totale atto di fiducia da parte di Candey, che probabilmente aveva intuito il suo potenziale. Con un mentore così, la fiducia e le capacità di Wanda aumentarono. Insieme, i due crearono una tecnologia prototipo per mappare i dati astronomici e convertirli in suono.

“Uso ancora quella tecnica, anche se la tecnologia sviluppata con Robert non è più utilizzata. Ho portato spesso l’antenna a scuola e talvolta ho coinvolto i miei studenti nella costruzione, perché volevo che imparassero a monitorare il vento solare, anche se oggi utilizzo altre risorse di telemetria per analizzare i dati. L’antenna è molto sensibile, è buona ed economica. Nelle mie condizioni economiche e fisiche, come avrei potuto altrimenti avere accesso ai dati? L’antenna mi ha dato l’opportunità di farlo. Ancora oggi, qualche volta, mi siedo e controllo come stanno procedendo gli studenti nella raccolta e nella ricerca e, se qualcosa non va, li fermo”.

Wanda con Candey (credit - NASA)
Wanda Diaz-Merced con l’ingegnere informatico Bobby Candey del Goddard Flight Space Center della Nasa (Foto: Nasa).

Una volta diventata un’astronoma a pieno titolo, l’interesse di Wanda a migliorare continuamente le sue conoscenze non è solo motivato dalla spiccata curiosità personale, ma anche dalla volontà di spiegare le idee in maniera comprensibile. Come lei stessa confessa, uno dei suoi obiettivi è stato quello di diventare un buon mentore per i futuri professionisti della scienza, come Candey lo era stato con lei, con la finalità di formare scienziati capaci di creare e utilizzare dispositivi che diano accesso ai dati e software per poterli sonificare e analizzare allo stesso modo.

Così, dal 2006 al 2010, Wanda ha sviluppato una serie di tecniche analitiche nel campo della sonificazione che le hanno permesso, insieme ai suoi studenti, di studiare fenomeni come emissioni di raggi gamma e raggi X prodotti da stelle che subivano violenti cambiamenti. Tali tecniche hanno consentito anche lo studio del plasma sulla superficie e nella corona del Sole.

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Il contributo professionale di Wanda è ulteriormente cresciuto quando le sue competenze informatiche le hanno permesso di programmare sistemi dedicati alla sonificazione, come X-Sonify. Doveva, però, accertarsi che in questo modo avrebbe potuto davvero contribuire alla ricerca in campo astronomico.

“Avanzando negli studi, ho iniziato a fare esperimenti per testare la mia tecnica e per capire se fosse qualcosa di nuovo e unico oppure qualcosa che chiunque altro avrebbe potuto fare. Ho simulato un compito che gli astronomi usano regolarmente per identificare i buchi neri vicino alle galassie: cercare determinati profili simmetrici che presentano due picchi come nella lettera M. Abbiamo poi chiesto ad astronomi professionisti dell’Harvard Smithsonian Center for Astophysics di offrirsi volontari per cercare nei dati un doppio picco di questo tipo, che indica la presenza di un buco nero. Ai partecipanti sono stati presentati dati in formato solo visivo, solo sonoro e in combinazione sonoro e visivo. Gli esperimenti hanno mostrato che la sonificazione dei dati migliorava in maniera significativa la capacità di rilevare segnali che indicavano la presenza di un buco nero, e che tale sensibilità aumentava quando i dati venivano forniti combinando il sonoro con l’interazione visiva, soprattutto negli eventi che restavano invisibili o ambigui alla sola osservazione visiva. Questo è stato un grande risultato, un’evidenza scientifica chiara ottenuta attraverso un esperimento ben strutturato”.

“Gli esperimenti hanno mostrato che la sonificazione dei dati migliora in maniera significativa la capacità di rilevare segnali”

Un risultato che ha dato a Wanda la consapevolezza che il futuro era nelle sue mani, e che quel risultato poteva essere utilizzato per permettere a tanti di partecipare a una nuova modalità di ricerca.

“Da lì in avanti ho provato a immaginare di quale matematica avrei avuto bisogno per sviluppare ulteriormente la tecnica; ma soprattutto che cosa quel determinato suono mi stesse dicendo e che cosa mi stessero suggerendo certe armonie e schemi che comparivano nelle informazioni in nostro possesso. Ho iniziato ad ascoltare tracce, indici spettrali in diversi set di dati, i livelli medi delle frequenze per cercare di capire se quello che stavo ascoltando fosse un errore sistematico o qualcosa di origine naturale”.

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Da qui in poi, è iniziata la grande missione di Wanda. Ha lavorato instancabilmente per crescere come scienziata, approfondire le sue conoscenze e progredire nello sviluppo e nel perfezionamento della sua tecnica di sonificazione, continuando la ricerca presso il Nasa Spaceflight Center.

Nel 2013 ha conseguito un dottorato in informatica all’Università di Glasgow (Uk) sotto la guida di Stephen Brewster, esperto di interazione uomo-computer: la ricerca di Wanda era sulla sonificazione dei dati provenienti dal sistema binario EX Hydrae, che ha rivelato qualcosa di non previsto dai modelli teorici sulle stelle pulsanti. Successivamente, Wanda ha ricoperto incarichi presso l’Harvard Smithsonian Center for Astrophysics e il South African Astronomical Observatory e, dall’ottobre 2021, guida un gruppo di ricerca per la sonificazione delle onde gravitazionali a Cascina, vicino Pisa, presso la struttura che ospita l’interferometro Virgo.

“Da un punto di vista scientifico, la sfida sta diventando sempre più difficile per me. Ma a Cascina avrò l’occasione di testare come possono essere combinati la percezione multimodale (sonificazione più visualizzazione) e i meccanismi di controllo dell’attenzione per migliorare la percezione degli eventi osservati attraverso i dati. Questa tecnica è applicabile allo studio delle onde gravitazionali (per un’analisi più attenta dei glitch), ma potrà poi essere estesa anche ai dati radioastronomici. In fondo ho iniziato con la radioastronomia, non posso dimenticarlo”.

(Continua)

Link e approfondimenti

• La pagina Wikipedia di Wanda Díaz-Merced.
• Una breve autopresentazione sul sito di Nature.
• Un video di National Geographic.
• Un articolo della BBC sulle donne nella scienza.
• Il TED di Wanda Díaz-Merced, e la pagina di presentazione.
Un TEDx precedente.

* Su Karl Janksy (1905–50): era un ingegnere che, alla fine degli anni Venti, lavorava ai Bell Labs di New York, dedicandosi alla registrazione di interferenze atmosferiche a onde corte. Nel 1931 costruì un dispositivo con il quale cominciò a registrare un segnale di cui non era chiara la provenienza. Nel 1932 capì che il segnale si presentava ogni giorno con un piccolo anticipo sul tempo previsto, una variazione caratteristica del tempo siderale, e concluse così che doveva provenire dall’esterno del Sistema Solare. Divenne famoso ma, nonostante cercasse di attirare l’attenzione degli astronomi, la sua scoperta non ebbe seguito. Jansky morì nel 1950 senza ricevere alcun riconoscimento scientifico. Dopo queste prime scoperte, pochi si interessarono alla radioastronomia fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando gli sviluppi delle tecniche radar consentirono di costruire sensibili strumenti per registrare i deboli segnali provenienti anche dagli oggetti più lontani.

Più di due decenni dopo la sua morte, in suo onore, l’Unione Astronomica Internazionale ha adottato il “Jansky” come unità di misura per l’intensità delle onde radio. Oggi è riconosciuto insieme a Grote Reber come uno dei padri fondatori della radioastronomia.

 

Andrea Capozucca
Andrea Capozucca
Andrea Capozucca è docente di Matematica e Fisica presso l’I.I.S. Leonardo da Vinci di Civitanova Marche e insegna Tecniche della comunicazione della scienza presso l’Università di Camerino. Lavora da oltre dieci anni nella comunicazione della scienza. È membro dell’International Coalition of STEAM Educators e rappresentante italiano dell’Experience Workshop Global STEAM Network. Dal 2018 è membro del Consiglio Scientifico di “Matematita”, centro interuniversitario di ricerca per la comunicazione e l’apprendimento informale della matematica, e collaboratore del Centro Pristem Bocconi. È ideatore e organizzatore di eventi come “Matematica sotto l’ombrellone”, “Matematica Informale: aperitivi con la scienza”, “Math&Co: la matematica tra arte e gioco”. È autore di libri e collabora con la rivista Focus Scuola (Mondadori). Dal 2017, è direttore scientifico di FermHamente, festival della scienza di Fermo, e responsabile scientifico di Labilia srl.

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