La via della luce 1 (prologo)

Come si raggiunge il benessere più profondo con la meditazione? E che cosa accade nel cervello? Per trovare una risposta, abbiamo partecipato alla performance Meditation Rave di Daniel Lumera. Ecco come ci ha accolto e che cosa ci ha rivelato.

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La via della luce 1 (prologo)

Come si raggiunge il benessere più profondo con la meditazione? E che cosa accade nel cervello? Per trovare una risposta, abbiamo partecipato alla performance Meditation Rave di Daniel Lumera. Ecco come ci ha accolto e che cosa ci ha rivelato.

Lo incontriamo sul divano che sarà il palcoscenico della sua performance. Daniel Lumera, esperto di meditazione e autore di best seller come 28 respiri per cambiare vita (Mondadori), si sta preparando con lo staff tecnico. Nel momento in cui arrivo, sta verificando che la fascia che ha in testa funzioni correttamente: serve a registrare la sua attività cerebrale e a proiettarla su un piccolo schermo, in modo che il mondo invisibile che vive nella sua mente possa trovare una traduzione in forma di mappe mentali e colori. È questa, infatti, la cifra dello spettacolo che si sta per svolgere al FlavioLucchiniArt Museum, negli spazi di Superstudio Più, a Milano.

Sballarsi senza droghe

Siamo andati a trovarlo poco prima di Meditation Rave, un evento di meditazione collettiva che unisce arte, scienza e spiritualità sulla scia della Mente Meditante, altro spettacolo che si è svolto al MAXXI di Roma con la partecipazione di Giacomo Rizzolatti, il coordinatore del gruppo che ha scoperto i neuroni specchio.

«Il termine “Meditation Rave” è una provocazione», spiega Lumera. «I rave sono associati alla droga, allo sballo; noi vogliamo dedicarli alla meditazione. E vorremmo andare in Stazione Centrale e al Duomo, organizzare con i ragazzi flash mob che durino tutta la notte, anche con la musica. Insomma, questo è l’inizio di un filone di ricerca che vuole essere molto provocatorio e affermare che non c’è bisogno di droga per sballarci. La vita è una droga pazzesca e possiamo usarla per stare bene».

Meditation Rave
Un momento della performance di meditazione collettiva che si è svolta a Milano. L’attività cerebrale di Daniel Lumera è visualizzata nello schermo alla sua destra (Foto Meditation Rave_@FLA Museum_02.03.2024).

L’intervista

L’entusiasmo di Lumera è contagioso, la sua serenità anche. Ero arrivato come sempre un po’ di fretta, un po’ a disagio per la pioggia e un po’ imbranato sulle regole da seguire (lasciare le scarpe fuori dalla stanza, portare il tappetino per la pratica). Ma in un attimo sono seduto di fronte a lui, perfettamente a mio agio, connesso, travolto in un flusso che mi sta portando altrove. Mi lascio andare e gli rivolgo le domande che ho preparato per lui.

Quando ha incontrato la meditazione? E come è stata la sua prima esperienza?

Avevo 19 anni e studiavo scienze naturali e biologia all’università. Non ne sapevo niente, allora non c’erano tutte le informazioni che ci sono adesso. Ho semplicemente seguito il consiglio di un compagno di studi, ed è stata un’esperienza che mi ha cambiato la vita. Prima ero una persona molto stressata e reattiva; da quel momento ho iniziato un percorso personale, esperienziale ed esistenziale molto profondo. Fino a quando ho deciso di dedicarmi a tempo pieno a quello che faccio.

Quindi quello è stato subito un momento di svolta.

Sì, perché fin dalla prima volta sono entrato in stati mentali estremamente rigenerativi, estremamente profondi, in esperienze di grande benessere, di grande integrità interiore, di grande unità. E quindi quella è stata la molla che mi ha fatto cambiare vita.

Può descrivere che cosa succede dentro di lei quando entra in uno stato di meditazione?

Se devo essere sincero, dipende. Ci sono molte fasi, da quelle più superficiali di quiete, di calma di pace e di rigenerazione a stati contemplativi molto più profondi dove si entra in contatto con alcune esperienze che definirei di gratitudine. Sono esperienze di grande lucidità, di grande chiarezza, di grande presenza, anche di felicità esistenziale, cioè non dovuta a niente ma semplicemente al fatto di esistere. Non ho mai trovato – quando la meditazione in me è diventata matura – una controparte nella sessualità, nell’alimentazione, nel successo che mi abbia dato un senso di soddisfazione, di integrità e di benessere così profondo. Che tra l’altro non dipende dal fare, dall’avere, dall’apparire, che sono i tre pilastri dell’educazione moderna; ma dalla consapevolezza di essere. Questo mi ha dato un enorme vantaggio nella vita, perché di solito gli esseri umani prendono decisioni in base a logiche di convenienza, ma soprattutto per essere felici, per avere successo ecc. Invece questi stati, questa esperienza interiore, ti permettono di scegliere e di decidere perché sei felice, perché sei centrato, perché sei lucido, perché hai chiarezza. E questo è un vantaggio enorme, in quanto ti permette di essere molto meno manipolabile, molto più integro in te stesso e molto meno assoggettato alle logiche di mercato, ai desideri creati a tavolino, alle aspettative familiari e sociali. Il processo meditativo in me crea un momento di ascolto così profondo che riesco a discernere in maniera molto chiara quelli che sono i miei bisogni, le mie esigenze, i miei ritmi soprattutto, rispetto a quelli imposti dall’esterno. E questo per me è un processo di grande valore.

Per arrivare al culmine della meditazione, c’è un percorso da seguire?

Sì, è un’arte che ha millenni di storia e con un gruppo di neuroscienziati abbiamo evidenziato alcune fasi, sempre più profonde, che sono estremamente precise.

La prima è quella dell’attenzione, che deve essere educata. Non deve essere dispersa, ma focalizzata. Questo è uno stato di presenza.

La seconda fase è quella della concentrazione, che si realizza quando l’attenzione diventa prolungata e fissa su un oggetto. Non importa che sia qualcosa di interno o di esterno, di astratto o di concreto; anche il silenzio può essere oggetto di attenzione e di concentrazione.

La terza fase è quella di contemplazione. La contemplazione accade quando osserviamo l’oggetto su cui stiamo meditando da una condizione di silenzio mentale e di non definizione. Questo è importante, perché la mente per sua natura è “vagabonda”, viene infatti definita wandering mind: noi passiamo il 47% della giornata a pensare a ciò che non sta accadendo, cioè viviamo in un mondo immaginario pazzesco. La contemplazione è uno stato di osservazione attraverso la quiete mentale, il silenzio e il non giudizio, la non definizione di quello che si sta guardando. È uno stato, non so, di purezza originale, bellissimo; lì, io sento che sto “entrando”.

La quarta fase è quella della meditazione vera e propria. La meditazione non è pensare, non è visualizzare. Al giorno d’oggi c’è una grande confusione su questo. La mindfulness non è meditazione: è uno stato di presenza, al massimo è una premessa. Pregare non è meditare, anche se ci sono importanti punti in comune. Meditare non è neanche respirare consapevolmente. La meditazione è uno stato di coscienza, di pura consapevolezza di essere, molto simile a quello dei bambini appena nati. Non ci sono processi mentali di giudizio, di definizione, di critica. Non ci sono processi logici e razionali. Non si conosce niente, si è uno stato di non sapere originale, dove qualsiasi cosa diventa entusiasmo, meraviglia, scoperta. Ma è anche uno stato di pura consapevolezza di essere. Questo stato ha alcune caratteristiche specifiche e provoca in chi lo sperimenta un’intensa felicità esistenziale, che non dipende da niente. È la felicità di esistere e di prenderne pienamente consapevolezza. Ed è gratitudine, perché ti rendi conto di avere il dono della vita. Quando sono in questo stato, provo una sensazione di grandissima integrità, che deriva da una riconnessione con l’unicità dell’essere, con l’unicità della mia natura.

Di solito si pensa alla meditazione come a una pratica individuale. Che cosa cambia quando si passa a un’esperienza di gruppo come quella di oggi?

Accade che si potenzia. La bellezza della performance che abbiamo effettuato al MAXXI con Giacomo Rizzolatti, il Cnr di Parma e Henesis è stato vedere come due cervelli, in un processo meditativo ben stabilito, si sincronizzano, cioè tendono a produrre onde cerebrali della stessa frequenza. La meditazione è un fenomeno sociale, non individuale. Non ci si isola: paradossalmente, si condivide il silenzio. E questo potenzia gli effetti di benessere e di rigenerazione. Per questo noi portiamo la meditazione negli ospedali, per esempio. Siamo stati all’ospedale pediatrico Meyer e al Careggi di Firenze. Questa settimana andremo all’ospedale di Locarno, in Svizzera. Siamo stati anche nelle carceri: a Palermo abbiamo inaugurato la prima stanza perpetua di meditazione ed è stata un’esperienza straordinaria. Perché abbiamo visto che dappertutto – che sia un carcere, un team o un’azienda – le esperienze di meditazione di gruppo abbassano il livello di conflittualità e di stress. Le relazioni migliorano. C’è una maggiore empatia, un maggiore ascolto e un potenziamento della fiducia reciproca degli individui.

To be continued

A questo punto, lo ringraziamo e salutiamo, perché la performance sta per cominciare. Non ci resta che provare, e condividere la nostra esperienza (continua).

Link e approfondimenti

Andrea Parlangeli
Andrea Parlangeli
Andrea Parlangeli è fisico (PhD) e giornalista, caporedattore del mensile Focus. Appassionato di scienza, tecnologia e innovazione, nel 2019 ha conseguito un Executive MBA presso il MIP/Politecnico di Milano. Ha scritto diversi libri, tra cui Uno spirito puro. Ennio De Giorgi, genio della matematica (Milella 2015, Springer 2019) e Viaggio all’interno di un buco nero (StreetLib, 2019). È stato curatore di La nascita imperfetta delle cose (Rizzoli 2016) di Guido Tonelli, sulla scoperta del Bosone di Higgs; La musica nascosta dell’universo (Einaudi 2018) di Adalberto Giazotto, sulla scoperta delle onde gravitazionali ; Benvenuti nell'Antropocene (Mondadori, 2005) del premio Nobel Paul Crutzen, padre del termine "antropocene" .

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