Dante Alighieri e la logica

Nella Divina Commedia ci sono passaggi in cui Dante si mostra perfettamente a suo agio con l’astronomia, l’aritmetica, la geometria, le scienze naturali. E utilizza narrazioni e dialoghi per comunicare le idee e le teorie a un livello molto avanzato per i suoi tempi.

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Dante Alighieri e la logica

Nella Divina Commedia ci sono passaggi in cui Dante si mostra perfettamente a suo agio con l’astronomia, l’aritmetica, la geometria, le scienze naturali. E utilizza narrazioni e dialoghi per comunicare le idee e le teorie a un livello molto avanzato per i suoi tempi.

Francesco venne poi, com’io fu’ morto,
per me; ma un de’ neri cherubini
li disse: “Non portar: non mi far torto

Venir se ne dee giù tra ’ miei meschini
perché diede ’l consiglio frodolente,
dal quale in qua stato li sono a’ crini;

ch’assolver non si può chi non si pente,
né pentere e volere insieme puossi
per la contradizion che nol consente”.  

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XXVII, 112-120)

 

Siamo nell’Inferno, Canto XXVII, dove tra i consiglieri fraudolenti troviamo Guido di Montefeltro, duca di Urbino dal 1293. Fu anche lui capo militare ghibellino, e vinse molte battaglie importanti spesso contro l’esercito papale. Poi divenne frate ed entrò nell’ordine francescano ad Assisi nel 1296, dove morì nel 1298.

La sorpresa del nero cherubino

Mentre era in monastero, Papa Bonifacio VIII gli chiese consiglio per vincere una difficile battaglia. Guido rispose che era in grado di dargli un suggerimento, però consisteva in un inganno e lui non voleva commettere un simile peccato. Ma Bonifacio gli disse: “Non preoccuparti, posso assolverti prima che tu lo commetta”. E Guido acconsentì. Subito dopo la sua morte, però, quando Francesco d’Assisi lo va a prendere personalmente per portarlo in Paradiso (un privilegio dei frati francescani), accade qualcosa di inaspettato: un “nero cherubino”, cioè un angelo dell’inferno, lo ferma. Da notare che abbiamo una lotta tra le potenze del bene e del male simile a quella che avviene per l’anima di suo figlio, Bonconte di Montefeltro. Tuttavia, qui l’esito sarà diverso.

All’inferno!

Il nero cherubino afferma infatti che Guido deve scendere con lui all’Inferno, perché aveva dato un consiglio ingannevole, dopo di che il cherubino gli è sempre stato alle calcagna ­– un’immagine forte per indicare che il diavolo segue il peccatore dal momento in cui viene commessa un’azione peccaminosa fino a quando lo conduce all’Inferno. Ma il capolavoro di Dante è nella logica per dimostrare che portare Guido in Paradiso costituisce una contraddizione delle leggi (cioè degli assiomi) della Chiesa. Infatti, non si può assolvere qualcuno che non si pente, né è possibile pentirsi del peccato e allo stesso tempo volerlo commettere, perché questo porta a una contraddizione. Insomma, di fronte all’evidenza di una dimostrazione logica nemmeno San Francesco può controbattere.

E infatti l’episodio si conclude con l’amara constatazione di Guido:

Oh me dolente! come mi riscossi
quando mi prese dicendomi: “Forse
tu non pensavi ch’io löico fossi”!

Link e approfondimenti

Il “programma” di divulgazione della conoscenza di Dante del Convivio e del De Vulgari Eloquentia.
• Una sintesi del Canto XXVII.

Gian Italo Bischi
Gian Italo Bischi
Laureato in fisica, è professore ordinario di Matematica generale e Sistemi dinamici e giochi evolutivi presso il Dipartimento di Economia, Società, Politica dell’Università di Urbino. Ha pubblicato articoli e libri sui modelli dinamici e le loro applicazioni alla descrizione di sistemi complessi. Si occupa anche di divulgazione, in particolare sulle connessioni fra la matematica e gli altri campi del sapere.

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