La seta prodotta dai ragni è un materiale versatile e straordinario: elastico e resistente, a parità di spessore risulta più resistente dell’acciaio. È comprensibile che l’artista Tomás Saraceno ne sia rimasto affascinato. La seta può essere usata per catturare le prede, costruire una casa, proteggere le proprie uova, accudire i piccoli e anche per sedurre, confezionare un regalo per le femmine (dei ragni, s’intende) e per fare sesso.
La guerra con gli insetti
Ma cominciamo dall’uso come trappola, che ha garantito ai ragni una storia evolutiva di grande successo. Apparsi sulla Terra circa 350 milioni di anni fa, con forme molto diverse da quelle attuali, i ragni sono diventati in breve i principali avversari degli insetti. E lo hanno fatto grazie a un’invenzione davvero rivoluzionaria, sviluppata negli ultimi 100 milioni di anni: la ragnatela.
Anche se non è utilizzata da tutte le specie per cacciare, la tela è diventata un’arma dinamica e adattabile nella guerra evolutiva senza sosta contro gli insetti. Quella circolare, detta orbicolare, che tutti conosciamo, è stata messa a punto per catturare gli insetti in volo e questi hanno replicato con altre “soluzioni tecnologiche”: la “polverina” sulle ali delle farfalle (si tratta di microscopiche scaglie), per esempio, non serve per volare meglio, ma consente loro di sfuggire più facilmente dalle trappole dei ragni. La ragnatela, quindi, non è infallibile. La maggior parte degli insetti non rimane nella trappola per più di 5 secondi e non deve sorprendere che oltre due terzi delle prede riesca a fuggire. Per questo, anche i ragni che cacciano sulla tela devono essere rapidi e precisi: raggiungere subito il bersaglio, facendosi guidare dalle vibrazioni, ricoprirlo di altra seta per immobilizzarlo e morderlo o viceversa (l’ordine delle due operazioni può variare a seconda della specie e la pericolosità della preda).
La ragnatela è quasi un prolungamento del corpo del ragno. E contribuisce alla sua percezione del mondo
La seta, il complesso materiale proteico che costituisce le tele, è prodotto da particolari strutture all’estremità posteriore dell’addome dei ragni, chiamate filiere. Queste assomigliano, se osservate al microscopio, a piccole docce con tanti ugelli, da cui fuoriesce il prezioso materiale, prodotto dalle ghiandole sericee. Non c’è una sola tipologia di seta, ma fino a 6 “modelli” diversi in una singola specie, che vengono combinati secondo necessità, come farebbe un abile sarto.
Come costruire la tela
Anche la costruzione della trappola è un processo ingegnoso e raffinato: nella tela orbicolare un filamento adesivo, solido ma molto leggero, collegato all’addome del ragno viene trasportato dal vento fino a fissarsi a un ostacolo, dando vita alla prima linea di sostegno della ragnatela. Forte di questo supporto, il ragno, da buon maestro tessitore, prepara un secondo filamento più rilassato che fa scendere in basso, fino a definire un triangolo, del quale irrobustisce i vertici e rafforza la trama esterna. Il passaggio finale riguarda la spirale centrale, costruita con una seta più leggera, sulla quale viene applicato un altro livello, con gocce collose all’interno delle quali possono trovarsi agglomerati di tela più rilassata, utile per ammortizzare i movimenti degli insetti catturati. A lavoro concluso, il ragno si mette in agguato al centro o ai lati. È quasi cieco, per cui resta sempre con una zampa a contatto con uno dei cavi portanti: la ragnatela è per lui un prolungamento sensorio del suo stesso corpo, il modo in cui “vede” la realtà che lo circonda.
Campioni di riciclo
Una tipica tela circolare di 30-40 centimetri di diametro richiede 30 metri di filamenti di seta spessa pochi centesimi di millimetro, che per un animale di due centimetri di corpo sono comunque un’enorme quantità di materiale. Per questo i ragni sono campioni del riciclo, e quando devono costruire una nuova trappola divorano la vecchia, per poter riutilizzare il tessuto prodotto.
Da una parte all’altra del fiume
Tra le tele orbicolari si contano opere ingegneristiche da record. La più estesa al mondo appartiene a un ragno del Madagascar Orientale che è stato descritto solo nel 2010. Caerostris darwinii costruisce la sua trappola al di sopra dei corsi d’acqua, in modo da intercettare gli insetti volanti che vivono nelle zone umide; ma la tela, di almeno un metro di diametro, è tenuta in posizione da cavi che si estendono per 15 o 20 metri, da una sponda all’altra. Anche se la seta di questa specie è due volte più robusta di quella dei suoi simili, Caerostris è previdente e fa più viaggi tra un lato e l’altro del fiume per consolidare il tirante principale, prima di costruire la vera trappola. All’interno di questa, i fili radiali superiori sono più resistenti di quelli inferiori, per poter sostenere meglio la struttura in caso di forte vento.
Le grandi Nephila, un genere di tessitori di grandi dimensioni, costruiscono tele simili, dalla caratteristica trama dorata, ma senza i lunghi tiranti di collegamento. Sono così grandi e resistenti agli urti che tra le prede si contano a volte piccoli uccelli e pipistrelli del peso di 10 grammi.
Una “firma” enigmatica
Una particolare struttura di alcune tele orbicolari ha costituito un enigma per gli aracnologi per decenni: lo stabilimentum, o “firma”. Si tratta di un disegno eseguito con la seta, di solito a zig-zag, costruito al centro della trappola, diverso per ogni specie.
In un primo momento si riteneva fosse solo un rinforzo strutturale, ma oggi sappiamo che svolge sicuramente altre funzioni. Potrebbe, per esempio, avvertire gli uccelli in volo della presenza della trappola e prevenirne la distruzione in caso di impatto. Questa teoria sarebbe in parte confermata dal fatto che i ragni Argiope appensa dell’isola di Guam, nel Pacifico, costruiscono stabilimentummeno complessi rispetto ai loro simili di isole vicine da quando un serpente introdotto (Boiga irregularis) ha sterminato gran parte degli uccelli endemici, riducendo la probabilità di incidenti. Studi recenti hanno confermato che lo stabilimentum riflette la luce ultravioletta in un modo attrattivo per gli insetti impollinatori, tra le prede più frequenti dei ragni. Quindi non solo la tela li aiuta nella cattura, ma diventa anche un’esca. Un altro trucco escogitato dai maestri tessitori. (Continua)
Ha collaborato Emanuele Biggi
Per saperne di più
• Il libro Predatori del microcosmo (Ed. Daniele Marson, 2017) di Emanuele Biggi e Francesco Tomasinelli. Con le variegate e sorprendenti strategie di sopravvivenza di insetti, ragni, piccoli rettili e anfibi.
• Il video, frutto di uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge su iniziativa di Tomás Saraceno, che traduce in suoni le vibrazioni di una ragnatela.