A Sud del Sahara, c’è un’ampia fascia geografica in bilico tra la savana e il deserto. Si chiama Sahel, ed è un enorme serpente di terra arida e incolta che si estende dalle coste dell’Oceano Atlantico fino a quelle del Mar Rosso. Basta un po’ d’acqua a colorarla di verde. Più spesso, però, avviene il contrario: complici i cambiamenti climatici e l’incuria dell’uomo, oggi il deserto tende a prevalere ovunque, e si mangia ogni cosa. Ovunque, tranne che in un angolo sperduto del Burkina Faso. Qui vive infatti un vecchio agricoltore che è stato recentemente riconosciuto tra i “Campioni della Terra” dalle Nazioni Unite, perché ha creduto in quello che agli altri sembrava impossibile: far nascere gli alberi dove prima non c’era altro che polvere. Questa è la storia di Yacouba Sawadogo, l’uomo che ha sconfitto il deserto.
Guerra alla siccità
Tutto comincia intorno al 1980, quando il Nord del Burkina Faso viene colpito da una siccità senza precedenti. La terra è sterile, arida, compatta, impenetrabile alle radici dei germogli. Non si intravede alcuna speranza, molti giovani preferiscono migrare altrove. Ma non Sawadogo, che si mette a scavare fosse zaï. Questo termine nella lingua locale designa alcune concavità scavate nel terreno, che essendo argilloso permette di raccogliere l’acqua in modo semplice e naturale. Le fosse, però, tradizionalmente venivano riempite di una miscela di fogliame, legnetti, sassi e sabbia.
Sawadogo ci aggiunge letame e altro materiale di scarto biodegradabile. Qualcuno lo prende per matto. La terra, però, pian piano prende vita, e le nuove piante che cominciano a crescere spaccano il terreno con le loro radici. Insetti e termiti, richiamate dai nutrienti, scavano cunicoli e contribuiscono anche loro a muovere il suolo. Basta allora aggiungere un po’ d’acqua sui rami e ai piedi delle piante, per richiamare uccelli e altri animali, che quando poi se ne vanno contribuiscono a spargere sementi. Infine, si aggiungono le api a garantire l’impollinazione.
Trailer del film The Man Who Stopped the Desert (2010, in inglese), prodotto da 1080 Films e distribuito da Journeyman Pictures.
Mercati e lezioni
È un meraviglioso esempio di costruzione da zero di un intero ecosistema. Purtroppo, qualcuno ha interessi contrari. Così, la foresta prima viene data alle fiamme, poi viene espropriata dalle autorità. Ma Sawadogo va avanti. Dà l’esempio, trova consensi e collaborazione. Già dal 1984 inizia a organizzare “mercati zaï”, corsi di formazione per condividere la sua esperienza e diffondere le sue tecniche. Nati come piccoli eventi, i mercati crescono come il bosco che raccontano, fino ad attirarsi un pubblico proveniente da oltre cento villaggi. Aumenta lo scambio di idee e di sementi, che vengono raccolte in una speciale banca.
“Ha fatto più lui di tutti i ricercatori nazionali e internazionali messi insieme”
Dal satellite
Oggi il bosco si estende su un’area di oltre quaranta ettari e si vede anche da satellite. Ospita oltre 60 specie di vegetali, oltre a un’ampia fauna selvatica. Ed è un piccolo esempio di quella che Paul Crutzen definì “geoingegneria”, cioè la capacità dell’uomo di alterare in modo controllato e positivo il pianeta in cui abita: l’unica possibilità che abbiamo di convivere in modo equilibrato con l’ambiente nell’epoca dell’Antropocene.
La forza dell’esempio
Nel 2018, Sawadogo vince il Right Livelihood Award, che qualcuno paragona al Nobel per coloro che “offrono risposte pratiche ed esemplari alle maggiori sfide del nostro tempo”. «Ha avuto un impatto maggiore lui da solo di tutti gli altri ricercatori nazionali e internazionali messi insieme», ha commentato Chris Reij della Libera Università di Amsterdam (ora al World Resources Institute), sostenitore dei suoi progetti. «In questa regione, decine di migliaia di ettari di terreno che erano completamente sterili sono tornati produttivi grazie alle tecniche di Yacouba».
Bianca Notarianni e Andrea Parlangeli
Per saperne di più
• Il film The man who stopped the desert.
• Yacuba Sawadogo nel sito Unep Champions of the Earth.
• Il progetto delle Nazioni Unite The Great Green Wall.
• The Great Green Wall Initiative.
• Il post sull’Antropocene.