Il premio Nobel per la fisica di quest’anno è stato assegnato a esperimenti sofisticati di meccanica quantistica, una teoria di enorme successo nello spiegare la struttura microscopica del mondo, ma estremamente controintuitiva e ancora poco compresa.
Attenti al baco!
Anche nel comunicato ufficiale del Nobel, c’è un possibile “baco” che vale la pena considerare.
Partiamo dalla motivazione. Il premio è stato assegnato a A. Aspect, J. Clauser and A. Zeilinger “for experiments with entangled photons, establishing the violation of Bell inequalities and pioneering quantum information science”. E questo è incontestabile, si tratta in tutti i casi di esperimenti complessi e molto ben fatti, punto di riferimento assoluto per chi si occupa di questi argomenti.
A un certo punto, però, il comunicato che accompagna la motivazione afferma che uno di questi esperimenti dimostra che “la meccanica quantistica non può essere sostituita da una teoria che usa variabili nascoste”. E qui si annida un possibile errore.
Siamo liberi o programmati?
Per capirci, la questione riguarda l’intricatissimo problema del libero arbitrio e affonda le sue radici nella prima metà del ’900, quando Niels Bohr e Albert Einstein discutevano sulle implicazioni della teoria appena scoperta, la meccanica quantistica.
La visione di Bohr
I due scienziati avevano visioni del mondo totalmente opposte. Niels Bohr sosteneva che la realtà non poteva essere conosciuta nella sua interezza, e che per descrivere il mondo bisognava accontentarsi del risultato di un processo di misura, che – a livello microscopico – ha natura intrinsecamente probabilistica. Di conseguenza, non si possono conoscere “nemmeno in linea di principio” allo stesso tempo e con precisione arbitraria la posizione e la velocità di una particella. Questo è il #principio di #indeterminazione di #Heisenberg.
La visione di Einstein
Einstein, dal canto suo, non negava affatto quello stesso principio (che ha un solido fondamento scientifico) ma affermava che “Dio non gioca a dadi”. Per Einstein, il mondo appare a noi probabilistico, ma in realtà non lo è: devono esistere alcune “variabili nascoste” – che però non conosciamo – capaci di descrivere il mondo in maniera esatta.
In altre parole, per Einstein il destino è predeterminato, per Bohr no. Da un punto di vista filosofico, non è una questione da poco.
L’esperimento: ha ragione Bohr!
Ed è qui che entra in gioco la prima parte del Nobel, quella a J. Clauser e A. Aspect. I due scienziati, in breve, hanno dato ragione a Bohr. E da allora gran parte dei fisici si è allineato su questa posizione, dando torto ad Einstein.
Oppure no?…
In realtà, non è detto che sia così. Come spiegato in un articolo su Focus n° 357 (v. foto) il fisico (premio Nobel) olandese Gerard ‘t Hooft ha fatto notare che non è vero che gli esperimenti di Clauser e Aspect danno torto ad Einstein. Lo fanno solo se si assume che gli stessi ricercatori possano effettuare i loro esperimenti in modo libero da condizionamenti. In realtà, in un mondo deterministico come quello di Einstein, i ricercatori non sono affatto liberi. Se si assume che il loro comportamento è predeterminato fin dal Big Bang – un’ipotesi chiamata superdeterminismo -, allora anche le variabili nascoste sono perfettamente compatibili con gli esperimenti.
’t Hooft lo ha perfino dimostrato costruendo un modello deterministico in grado di riprodurre il principio di indeterminazione di Heisenberg.
Punto e da capo
Tornando quindi al punto di partenza, secondo ’t Hooft non è vero – come dice il comunicato del Nobel – che “la meccanica quantistica non può essere sostituita da una teoria che usa variabili nascoste”.
Siamo ancora ben lontani, insomma, dall’aver compreso la natura ultima della realtà. E non possiamo che restare affascinati dalla profondità dell’abisso che si cela sotto la nostra fragile – per quanto ammirevole – comprensione del mondo.