A caccia delle rovine Maya nascoste nella giungla

Le nuove tecnologie di rilevamento laser svelano quel che c'è sotto le foreste del Centro America, consentendo straordinarie scoperte sugli antichi Maya.

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A caccia delle rovine Maya nascoste nella giungla

Le nuove tecnologie di rilevamento laser svelano quel che c'è sotto le foreste del Centro America, consentendo straordinarie scoperte sugli antichi Maya.

Fino a un decennio fa, gli archeologi che studiavano l’antica civiltà Maya dovevano farsi strada a colpi di machete tra le fitte foreste del Messico, del Guatemala, del Belize e dell’Honduras.

Rivoluzione tecnologica

Ma, nel 2009, una nuova tecnologia aerea di rilevamento laser chiamata Lidar (Light Detection and Ranging) consentì per la prima volta di scoprire una vasta distesa urbana Maya nell’antico sito di El Caracol, in Belize. Da allora, il Lidar ha rivoluzionato l’archeologia «allo stesso modo in cui il telescopio spaziale Hubble ha rivoluzionato l’astronomia», ha detto l’archeologo Francisco Estrada-Belli, uno dei protagonisti di questa rivoluzione. E infatti oggi i ricercatori usano il Lidar non solo per scoprire i resti di quella grandiosa architettura, ma anche per ricostruire un quadro sempre più dettagliato dell’economia, della società e della vita quotidiana degli antichi Maya.

Le misurazioni Lidar, che possono rilevare strutture sepolte sotto la vegetazione, sono state di grande utilità per l’archeologia Maya

Dalla Luna al Belize

Sviluppata qualche tempo dopo l’invenzione del laser, la tecnologia Lidar è stata inizialmente utilizzata per monitorare le nuvole e l’inquinamento atmosferico, e per mappare la superficie lunare dalla navicella Apollo. Ci sono voluti diversi decenni prima che il suo potenziale archeologico venisse realmente compreso. La grande intuizione arrivò nel 2009, appunto, quando l’archeologo Arlen Chase – oggi al Pomona College in California – e colleghi analizzarono i rilevamenti effettuati durante un volo su El Caracol da un piccolo aereo Cessna dotato di Lidar. Chase ricorda la prima volta che vide rovine, strade sopraelevate e terrazze emergere dall’elaborazione dei dati. «Fu davvero sorprendente», rivela. In pochi giorni, infatti, i dati rivelarono più strutture nascoste di quelle scoperte in decenni con le esplorazioni tradizionali.

Raffiche laser

Le misurazioni Lidar aeree si basano sui principi di base dell’ottica. Da un aereo, un laser emette raffiche di impulsi luminosi di pochi miliardesimi di secondo. Questi impulsi vengono diretti al suolo in uno schema a zigzag, permettondo di ricostruire la topografia della vegetazione e di ciò che si trova al di sotto, grazie anche a un sistema di Gps, accelerometri e giroscopi che misurano continuamente e con precisione la posizione e l’orientamento dell’aereo.

Architetture svelate

Dal 2009, la tecnologia Lidar è migliorata al punto di permettere di identificare elementi alti pochi centimetri in mappe che coprono migliaia di chilometri quadrati di terreno. «È affascinante vedere oggetti che sono stati nascosti per secoli anche a coloro che vivevano lì all’epoca, e che non potevano avere questa visione a volo di uccello», afferma l’ingegnere e pilota Juan Carlos Fernandez-Diaz del National Center for Airborne Laser Mapping in Texas.

Città popolose

Le ricerche in corso stanno riportando alla luce centinaia di migliaia di costruzioni Maya finora sconosciute come piramidi, templi, fortezze, piazze, mercati e persino case private. I ricercatori ritengono che queste scoperte siano una prova che la popolazione Maya fosse molto più numerosa di quanto si pensasse in precedenza, raggiungendo probabilmente una densità di 10-15 milioni di persone durante l’età d’oro della società, il periodo “classico” che durò dal 250 al 900 d.C.

Diversità regionali

Questi studi hanno cambiato la nostra visione della civiltà Maya. «Si tende sempre a pensare a questo popolo come a un gruppo compatto. Ma non lo era», afferma Chase. I dati evidenziano profonde diversità regionali, con aree urbane e rurali che commerciavano tra loro tramite un’ampia rete di trasporti. «Grazie al Lidar, ora siamo in grado di osservare meglio i confini tra aree diverse», conclude Chase.

Canali per l’acqua

In un altro lavoro, Fernandez-Diaz e i suoi collaboratori si sono concentrati sulle pratiche agricole, scansionando un’area del Belize denominata Uccelli del Paradiso. L’indagine è stata resa possibile grazie a un progresso tecnologico: l’uso simultaneo di tre laser con diverse lunghezze d’onda, due infrarossi e uno verde. Poiché il raggio verde si trasmette parzialmente attraverso l’acqua, consente di rivelare la topografia subacquea e lievi variazioni nel contenuto idrico del suolo. Con questa nuova sensibilità, l’indagine ha fornito le prime immagini «nitide e chiare» di un’ampia rete di canali utilizzati per l’agricoltura dai Maya, dichiara Fernandez-Diaz.

L’evoluzione dell’agricoltura

Combinando i dati del Lidar con misurazioni a terra – datazione al carbonio, scavi, analisi del suolo e del polline – i ricercatori sono arrivati a tracciare l’evoluzione delle pratiche agricole dalle iniziali tecniche di taglio e bruciatura all’agricoltura organizzata delle zone umide. Hanno anche documentato le specie coltivate che includevano mais, zucca e avocado.

Perché la società Maya è crollata tra l’VIII e il IX secolo?

Disuguaglianze sociali

La grande quantità di dati sta aiutando a mettere insieme i pezzi che componevano la società Maya. Seguendo le orme di suo padre Arlen, Adrian Chase dell’Arizona State University applica tecniche computazionali avanzate all’archeologia, misurando le sottili sfumature della disuguaglianza sociale. In uno studio sugli edifici nel sito di El Caracol, ha confrontato gli spazi abitativi disponibili per le famiglie di ceto medio con quelli fruibili per l’élite Maya. Da questa analisi ha calcolato un parametro denominato indice di Gini, una misura della disuguaglianza di reddito comunemente usata oggi. Dai risultati preliminari emergono livelli di disuguaglianza alla pari con alcuni Paesi occidentali moderni come gli Stati Uniti. Sebbene siano necessarie ulteriori analisi, i dati mostrano una chiara tendenza: la disuguaglianza è aumentata durante il periodo classico Maya. «Verso la fine della storia di El Caracol, assistiamo a una divisione molto più netta tra le classi sociali», sostiene Adrian.

Lezioni da imparare

Con informazioni così dettagliate a portata di mano, uno dei più grandi misteri archeologici potrebbe presto essere risolto: perché la società Maya è crollata tra l’VIII e il IX secolo? «Ci siamo quasi», esclama Arlen Chase. Secondo lui, la causa potrebbe essere stata la crescente interdipendenza della società Maya. «In un sistema di rete ci si dimentica di come si producano i beni di cui si ha bisogno, e una piccola scossa da qualche parte del sistema potrebbe far crollare l’intera rete», conclude Fernandez-Diaz, che ammonisce: osservando in che modo una società viene influenzata dalla crescente globalizzazione, dall’aumento delle disuguaglianze e dai cambiamenti su larga scala dell’ambiente, «potremmo imparare preziose lezioni anche per il mondo in cui viviamo oggi».

Link e approfondimenti

L’articolo originale (in inglese) di Matteo Rini sulla rivista Physics.
• Un altro articolo sul National Geographic.
• L’articolo di Josway sulla scoperta di una civiltà preistorica in Amazzonia.

Matteo Rini
Matteo Rinihttp://www.noosphere-arts.nyc/
Matteo Rini è caporedattore di Physics Magazine, la rivista di divulgazione scientifica dell'American Physical Society. Ha completato un PhD in Ingegneria (Università di Pavia) e un PhD fisica (Humboldt-Universität zu Berlin), ed ha lavorato come ricercatore al Lawrence Berkeley National Lab e come policy fellow presso la Commissione Europea. È direttore scientifico e musicale di NOoSPHERE Arts, un'organizzazione non-profit che utilizza l'arte per comunicare temi di giustizia sociale e ambientale.

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