Le 12 apocalissi (prologo)

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Le 12 apocalissi (prologo)

Una delle breaking news del 2020, ben presto scomparsa dalle prime pagine, arrivava dalla Russia: alcuni scienziati hanno predetto che lo scioglimento dei ghiacci potrebbe riportare in vita antichi virus e batteri per i quali l’uomo non ha nessuna difesa immunitaria. Uno scenario inquietante, ma perfetto per iniziare nel modo giusto (e cioè partendo dalla fine) un viaggio nel più straordinario dei territori: l’immaginario popolare, e in particolare – per un vecchio divoratore di Urania come me – quello della fantascienza. 

Schemi ricorrenti

Scienza e fantascienza hanno riflettuto molto sulla fine del mondo, dipingendo scenari di ogni genere, da quelli oggettivamente probabili a quelli più assurdi. Anche la poesia ha detto la sua. Thomas Stearns Eliot, per esempio, conclude la sua poesia The Hollow Men (1925) con queste parole, This is the way the world ends / not with a bang but a whimper: È questo il modo in cui finisce il mondo / non con uno schianto ma con un piagnucolio (Mi piace pensare che l’ultima parola, whimper=piagnucolio, si possa tradurre come “vagito” e che quindi il poeta avesse in mente un universo che rinasce dalla culla, ma non ci scommetterei).

È questo il modo in cui finisce il mondo
non con uno schianto ma con un piagnucolio

Thomas Stearns Eliot, The Hollow Men (1925)

Ne parleremo più a fondo nei prossimi appuntamenti, ma le dodici piaghe esplorate dalla fantascienza catastrofica sono (Spoiler!), in ordine sparso: (1) la terza guerra mondiale seguita dall’inverno nucleare oppure da terribili mutazioni; (2) la sovrappopolazione; (3) l’inquinamento del pianeta con moltissime varianti; (4) la rivolta di Gea, ovvero l’eliminazione dell’umanità da parte di un ecosistema esasperato dalla nostra presenza; (5) la Terra colpita da un asteroide o altre catastrofi cosmiche; (6) lo scioglimento dei ghiacci con conseguente innalzamento dei mari e varie alterazioni climatiche; (7) una disastrosa epidemia, con la fantasiosa variante degli zombi; (8) l’eliminazione di tutti i maschi (o di tutte le femmine) per i più svariati motivi; (9) la distruzione del Sole per cause naturali o per un intervento alieno; (10) l’avvento di un’intelligenza artificiale ostile all’uomo; (11) la classica invasione aliena; (12) la cancellazione del nostro universo dalle possibili linee temporali, volutamente o per un tragico errore. 

Il polittico dell’Apocalisse di Jacobello Alberegno (1360-1390 circa), dipinto a tempera e oro su tavola conservato nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Raffigura cinque scene dell’Apocalisse di Giovanni.

Tornando a noi, ovvero alla fine del mondo nell’immaginario popolare, iniziamo questo viaggio nella fantascienza catastrofica partendo dai terrori in voga un secolo fa, che abbiamo riassunto in sei romanzi fondamentali.

1826    L’ultimo uomo di Mary W. Shelley
[L’epidemia definitiva]

Ultimo uomo di Mary Shelley
Un’edizione dell’Ultimo uomo, di Mary Shelley.

Mary Wollstonecraft (1797-1851) divenne famosa con il cognome del marito, il poeta Percy Bysshe Shelley, ma era lei stessa una scrittrice e la sua opera più nota – Frankenstein o il Prometeo moderno – è considerata il primo libro di fantascienza mai scritto. Mary, però, non si limitò a ideare e descrivere i macabri esperimenti del dottor Frankenstein, ma produsse anche libri di viaggi, biografie, opere poetiche, un numero imprecisato di racconti e diversi romanzi. Tra cui L’ultimo uomo (1826) che, oltre a essere la prima opera in assoluto che parla della fine del mondo (a parte L’Apocalisse di Giovanni), è anche uno dei rarissimi romanzi catastrofici in cui alla fine l’umanità scompare del tutto. In genere gli autori sono meno drastici, si limitano a distruggere la civiltà, ma lasciano aperto qualche spiraglio di riscossa futura. L’ultimo uomo inizia nel 2073, quando il re d’Inghilterra decide di abdicare per lasciare spazio a una repubblica… una predizione sorprendente, per una cittadina britannica dell’Ottocento.

Altrettanto curioso è che Mary Shelley preveda anche una guerra tra Oriente e Occidente, durante la quale si palesa un morbo che da Costantinopoli si espande fino all’Europa, alle isole britanniche e perfino all’America. Sempre meno interessati alla politica, i protagonisti cercano di fuggire in territori più salubri ma la malattia li insegue fino a uccidere l’ultimo uomo nel 2100. Brrrrr…

1885    Dove un tempo era Londra di Richard Jefferies
[Il Medioevo post-olocausto]

Anche se il naturalista britannico Richard Jefferies (1848-1887) non parla mai di date, se non facendo vaghi cenni a “migliaia di anni”, si intuisce che il mondo è stato sconvolto da una catastrofe, probabilmente una guerra. Curiosamente, le sue descrizioni di ciò che rimane di Londra assomigliano moltissimo, almeno per noi uomini moderni, a quelle dei territori bombardati o addirittura devastati da esplosioni atomiche (a parte le radiazioni). Comunque sia, nel mondo post-olocausto di Jefferies la popolazione è ridotta ai minimi termini e lo stile di vita è quello dei villaggi medievali. Viene in mente un aforisma attribuito ad Albert Einstein: “Io non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma so come si combatterà la quarta… con pietre e bastoni”.

1894    La fine del mondo di Camille Flammarion
[La catastrofe cosmica]

Il primo a descrivere un’apocalisse cosmica è il francese Camille Flammarion (1842-1925), che ipotizza l’impatto di una cometa contro la Terra. Flammarion non si limita a descrivere i disastri provocati dall’impatto ma – intelligentemente – si sofferma sulle reazioni umane all’annuncio della fine, che seguono due visioni opposte: c’è chi vuole speculare sul cataclisma, confidando di sopravvivere, e chi vorrebbe invece sfruttare la paura generale per promuovere un’unione dei popoli. L’opera di Flammarion è molto ingenua, ma resta la prima di questo genere. Volete sapere come va a finire? (spoiler!) La cometa non colpisce la Terra e tutti tirano un sospiro di sollievo, ma non è chiaro se a prevalere siano i “buoni” o i “cattivi”.

1897    La guerra dei mondi di Herbert G. Wells
[L’invasione aliena]

Una scena del film La guerra dei mondi (2005), tratto dall’omonimo libro di H.G. Welles.

Guerra dei mondi Wells
Un’edizione pubblicata sulla rivista statunitense Amazing Stories nel 1927.

Herbert George Wells (1866-1946) è uno dei padri nobili della fantascienza e La guerra dei mondi è uno dei suoi romanzi più famosi (a sinistra, in una versione pubblicata nel 1927 sulla rivista statunitense Amazing Stories). In estrema sintesi: sulla Terra arrivano astronavi marziane dalle quali escono gigantesche macchine a tre gambe che appaiono invincibili… ma proprio quando diventa evidente che l’umanità sta per subire una drammatica sconfitta, i misteriosi alieni muoiono a causa dei più infimi abitatori della Terra, virus e batteri.

1901    La nube purpurea di Matthew P. Shiel
[L’estinzione “naturale”]

Un altro britannico, Matthew P. Shiel (1865-1947) propone una versione molto originale della fine del mondo. Il protagonista del suo romanzo, Adam, partecipa a una spedizione al Polo Nord che libera involontariamente una nube venefica di colore rossastro che si espande nel mondo sterminando l’intera umanità. Alla fine, l’autore cede alla speranza, perché Adam sopravvive e viaggia fino a Istanbul dove incontra l’ultima donna. Chissà come si chiamerà lei?

1912    La peste scarlatta di Jack London
[L’epidemia quasi definitiva]

Jack London (1876-1916) non è solo uno scrittore per ragazzi. L’autore di Zanna Bianca e del Richiamo della foresta ha scritto anche romanzi molto drammatici, come Il tallone di ferro e soprattutto La peste scarlatta. Siamo nel 2073 (che coincidenza, proprio l’anno in cui inizia la narrazione dell’Ultimo uomo di Mary Shelley!) e sono trascorsi 60 anni da quando una disastrosa epidemia ha fatto tornare l’uomo all’età della pietra. In questo desolato mondo futuro, il vecchio James Howard Smith racconta ai bambini tutto ciò che è accaduto e com’era la vita prima.

Insomma, nella fantascienza dei primordi ci sono catastrofi per tutti i gusti: guerre, epidemie, invasioni aliene, distruzioni cosmiche, misteri della natura… Nei decenni successivi, con la diffusione della letteratura popolare e in particolare di quella fantascientifica arriveranno però anche le mode, la prima delle quali porterà alla ribalta gli alieni cattivi. Poi, negli anni Quaranta-Cinquanta arriverà il terrore dell’atomo. Ma di questo parleremo nei prossimi appuntamenti.

Mauro Gaffo

Mauro Gaffo (1955) è stato per un decennio tra i curatori della rivista amatoriale di fantascienza The Time Machine (1975-1987). Nel 1979 un suo racconto ha vinto il premio Robot. Negli anni ’80 è stato selezionatore dei romanzi italiani di fantascienza per la casa editrice Nord e, più recentemente, è stato giurato del Premio Urania. Dopo aver lavorato come redattore librario ha scelto la strada del giornalismo e ha avuto la fortuna di partecipare alla realizzazione del numero zero di Focus, rivista della quale è stato poi vicedirettore dal 2000 al 2013, quando è andato in pensione. Attualmente sta scrivendo una Storia della fantascienza attraverso i migliori romanzi usciti anno per anno.

Mauro Gaffo
Mauro Gaffo
Mauro Gaffo (1955) è stato per un decennio tra i curatori della rivista amatoriale di fantascienza "The Time Machine" (1975-1987). Nel 1979 un suo racconto ha vinto il premio Robot. Negli anni '80 è stato selezionatore dei romanzi italiani di fantascienza per la casa editrice Nord e, più recentemente, è stato giurato del Premio Urania. Dopo aver lavorato come redattore librario ha scelto la strada del giornalismo e ha avuto la fortuna di partecipare alla realizzazione del numero zero di "Focus", rivista della quale è stato poi vicedirettore dal 2000 al 2013, quando è andato in pensione. Attualmente sta scrivendo una Storia della fantascienza attraverso i migliori romanzi usciti anno per anno.

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