Gli estremi dell’estremo: nel tacco d’Italia

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Gli estremi dell’estremo: nel tacco d’Italia

A volte vorresti saperlo dove inizia il Salento. Anche se tutti immaginano di sapere dove finisce, non c’è molto accordo su dove si trovino gli estremi dell’estremo di Italia.

Punto e linea

La parola “estremo” appare negli Elementi di Euclide alla terza definizione, ovvero la terza linea di tredici volumi. Dopo aver precisato che cosa non ha un punto e che cosa non ha una linea, Euclide mette in relazione questi due enti geometrici: “Gli estremi della linea sono punti”. Ancora altre tre righe e la parola estremo ritorna: “Gli estremi di una superficie sono linee”. Il matematico moderno aggrotta le ciglia e chiede: “Ma un estremo che cos’è?”. Non si accontenta di quella strana Definizione 13 del Libro I: “Termine è ciò che è estremo di qualcosa”. Perché a sapere che cosa è un estremo, un termine, un limite, potremmo magari capire dove inizia il Salento.

costa salento
La costa del Salento (Image by vala-blue from Pixabay).

Piroette

La moderna topologia ha sostituito la parola “estremo” con la parola “bordo” o “frontiera”, e dice al turista: “Se vuoi sapere se sei all’estremo, fai una piroetta a braccia aperte, e se un pezzo di mano va a finire fuori mentre l’altra mano resta dentro il Salento, allora sei arrivato al bordo”. Quindi ha ragione Euclide: se siamo alla Cascata Monumentale di Santa Maria di Leuca, cioè se siamo nel punto dove finisce l’acquedotto pugliese, la linea d’acqua termina con il punto-cascata. Se stiamo a riva di una delle famosissime spiagge del tacco d’Italia, e ci mettiamo a piroettare, un braccio si specchia nell’acqua, l’altro fa ombra sulla sabbia: siamo al bordo di una superficie: la riva è l’estremo della terra salentina, ma è anche il bordo del mare. Per arrivare all’altro bordo, quello tra la antica Terra d’Otranto e la Terra di Bari possiamo spingerci nei punti interni alla penisola, quelli che le guide turistiche chiamano “Il cuore del Salento”, dove le piroettate, ovviamente al ritmo di taranta, fanno ombra sul terreno.

L’Abbazia di Cerrate

Andiamo allora verso Squinzano, verso una meta preziosa per i turisti matematici: l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate. Prima ancora di conoscere la sua storia, che comprende monaci basiliani, re devoti, contadini solerti, pirati e appassionati d’arte, ci lasciamo sorprendere dalla simmetria della chiesa, praticamente perfetta nella facciata.

Abbazia Cerrate
L’Abbazia di Santa Maria di Cerrate, a Squinzano (Le). La foto è stata scattata dalla loggia di fronte alla chiesa (S. Lucente).

La sua simmetria

Un immaginario asse di simmetria sulla facciata consente l’ingresso dal portale e prosegue passando per il centro del rosone, oggi spoglio di bracci ma disposto a riempirsi di luce. Altra luce entrerà dalle due monofore ai lati del portale. È la simmetria a farci indovinare che ci saranno tre navate, ognuna per un cammino di luce. Questa simmetria insieme al bianco della pietra leccese ci fa capire che stiamo per ritrovarci nei primi secoli del secondo millennio quando sono state costruite le grandi cattedrali romaniche pugliesi. Otranto non è lontana, le due chiese presentano entrambe il tetto a doppio spiovente e una coppia di monofore ai lati del portale che qui si concede la più morbida forma ad arco.

Capitelli

Se saliamo per una foto nella loggia di fronte alla chiesa, ci sorprenderemo a contare tanti archi: quelli ricamati nella pietra sulla facciata, e quelli di un portico laterale che ne rompe la simmetria della costruzione attraendo il visitatore. La rottura di simmetria è ribadita dai capitelli delle sottili colonne che reggono gli archi del portico. Sono capitelli parlanti diversi tra loro; interrogavano e interrogano chi attraversa il portico fissando aquile e figure umane e vegetali.

Cerrate pozzo
Il portico a lato dell’abbazia, con i suoi capitelli. Dietro, il pozzo (S. Lucente).

Il suo perimetro

Riprendiamo la nostra domanda: che cosa è un estremo? Il tetto della chiesa e il portico stesso stabiliscono un bordo tra l’uomo che pensa e prega e il cielo. Di fronte al portico c’è un pozzo, costruito alcuni secoli dopo; è un riparo su cui appaiono otto spirali doppie disposte a coppie, altre quattro volute in simmetria assiale, e il controllo di mostri marini che non rompono questo equilibrio geometrico poiché si ergono al centro di mezzelune. Chi prendeva l’acqua varcava un’altra frontiera che separa il visibile dal segreto. È segreta l’acqua delle falde e il seme che vuole fiorire attraversando in verso opposto la terra per piroettare colorato nell’aria. L’aria e la terra, due elementi per i greci che ci invitano ad andare avanti con la lettura degli Elementi di Euclide.

Frantoio nascosto

Libro XI, Definizione 2: “Estremo di un solido è la superficie“. Sembra solido il nostro pianeta, più delicata la sua superficie. Nella Definizione 1 dello stesso libro si legge: “Un solido è ciò che ha lunghezza, larghezza e profondità”. Infatti, qui è possibile scendere nella profondità e, come accaduto a un gruppo di studiosi nel 2004, ritrovarsi in un frantoio ipogeo. Il complesso infatti fu prima abbazia e poi masseria; solo di recente, grazie al Fondo Ambiente Italiano (FAI), luogo di arti e turismo.

Cerrate frantoio
Un frantoio nel complesso dell’Abbazia di Cerrate (S. Lucente).

Tre cornici

Dopo averne visitato i locali attorno e averli immaginati biblioteca o grande ritrovo della famiglia contadina, siamo pronti ad entrare nella chiesa. Quel portale è un bordo nella facciata che è frontiera tra la chiesa e il mondo. Ha tre cornici, la più esterna è un intradosso decorato con storie bibliche, tra cui una fuga in Egitto e un arrivo di Magi, un’andata e ritorno dall’Occidente all’Oriente come i viaggi che i primi abitanti dell’abbazia compivano spesso. Segue una cornice semplicemente ottenuta da una regolare traslazione di foglie tutte uguali poi riprese attorno al rosone. Infine la cornice più interna con un ripetersi di cerchi che racchiudono altri motivi vegetali. Foglie circoscritte rimandano a poligoni regolari: i trifogli al triangolo, i quadrifogli al quadrato e la foglia d’acero al pentagono. Nella nostra mente il gioco può continuare, i poligoni di infiniti lati possono iscriversi nel cerchio e una sequenza di queste foglie matematiche può dare un infinito di cerchi da disporre su un portale immaginario. È un infinito numerabile, ben diverso da quell’infinito continuo che stava nascosto nel movimento degli antichi artisti bizantini che hanno affrescato le pareti della chiesa e gli archi tra le colonne.

Cerrate portale
Il portale della chiesa (S. Lucente).

I suoi gioielli

Lo sguardo matematico si diverte soprattutto osservando la parete destra, le pietre affrescate sono disposte in modo diverso rispetto al modo in cui erano state dipinte e si crea un puzzle di colori caldi accolti sull’avorio della pietra. Ricostruire non è solo opera dell’esperto di beni culturali, ma di ogni essere umano e il matematico non fa eccezione quando si incuriosisce di fronte a una sequenza numerica; assomiglia al visitatore che vuol qui rimettere i pezzi nell’ordine giusto.

Cerrate parete destra
La parete della navata destra (S. Lucente).

Eroso dal tempo

Quando si trova la soluzione di un problema inverso non si è lontani dall’esperto architetto che indovina che il rosone qui aveva 16 razze orami erose dal vento e dal tempo, un raddoppio del decoro ottagonale di un antico stampo eucaristico trovato in loco. Porre attenzione alla non-regolarità di una funzione è analogo a capire come un monumento si sia trasformato nei secoli. L’altare della Vergine, ricostruito nel 2018 non poteva essere medievale poiché rompe la simmetria della navata, ma ci racconta una devozione seicentesca che dialoga con l’antico baldacchino dell’altare maggiore dedicato a Santa Irene.

 

Cerrate interno
L’interno della chiesa, con l’altare della Vergine (a sinistra) e l’altare maggiore (al centro, foto S. Lucente).

Il suo nome

L’assenza o l’abbondanza aiutano dunque a ricostruire e a immaginare un legame tra spazio e tempo. Più di tutto qui ci sarebbe da ricostruire una speranza intorno all’abbazia, tornare indietro a quando tutto era un susseguirsi di alberi e vie di pellegrini.

Il nome Cerrate potrebbe provenire dai “cerri”, cioè querce che comparivano nella foresta di Lecce, oppure dai cervi che l’abitavano e che fanno parte dei racconti sul mito di costruzione di questa chiesa. Ma i cervi sono a loro volta segno di rinascita, con il loro annuale cambio dei palchi, e non possiamo smettere di sperare che attorno a Squinzano rinasca una foresta di ulivi.

Epilogo

A volte non vorresti saperlo dove finisce il Salento. Vorresti anzi che non finisse, come la bellezza delle sue spiaggia e dei suoi monumenti. Vorresti non dover guardare sulle mappe quel bordo a nord che delimita la zona degli ulivi ammalati. In matematica esistono insiemi che non sono chiusi. Basterà imitare? Bisognerà adoperarsi in ogni modo per inserire di nuovo tutte le meraviglia dell’arte umana nella meraviglia di una natura fiorente.

 

Letture e approfondimenti
Il sito del Fai sull’abbazia di Cerrate. 
• Sandra Lucente, Itinerari Matematici in Puglia, Giazira Scritture (2016).

Sandra Lucente
Sandra Lucentehttps://www.sandralucente.it
Sandra Lucente, insegna Analisi Matematica e studia le equazioni alle derivate parziali non lineari. Cura progetti didattici universitari e scolastici. Appassionata di arte e letteratura, ha sempre trovato rifugio nella scrittura. Dal 2007 tiene conferenze e laboratori di divulgazione in musei, festival della scienza, del fumetto, centri culturali. Autrice di libri di turismo matematico (Itinerari Matematici in Puglia, Itinerari Matematici in Basilicata per Giazira Scritture), scrive articoli di esposizione dei concetti matematici mediante narrazione e di storia della scienza. Collabora con la casa editrice Dedalo e con il quotidiano La Repubblica Ed. Bari. È attualmente presidente del Museo della Matematica del Dipartimento di Matematica dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro.

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