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Il doppio volto dell’intelligenza

“Più che divertire il mondo 
Mi sta a cuore l’attenzione
Degli amici, ecco perché
Vorrei presentarti un pegno”

Così inizia l’Evgenij Onegin di Aleksandr Puškin, romanzo in versi tetrapodi giambici, tipici della poesia russa (la traduzione usa l’ottonario). L’opera tratta dell’asincronia delle aspirazioni degli esseri umani, che nasce dalla loro incapacità di vivere. Grazie anche a Pëtr Il’ič Čajkovskij, l’Evgenij Onegin ormai fa parte dell’immaginario collettivo dell’umanità. Ma è anche un ottimo spunto per riflettere su alcune domande profonde sul rapporto tra intelligenza umana e artificiale, messe in risalto da un post su Josway di alcuni giorni fa. Il post fa riferimento alle (straordinarie) capacità di apprendimento del machine learning, una branca dell’intelligenza artificiale che simula il funzionamento dei neuroni umani per mezzo di sistemi detti reti neurali. In tal modo diventa possibile creare macchine capaci di imparare dall’esperienza basandosi su una grande quantità di dati… Ma che c’entra tutto questo con Puškin? Un attimo di pazienza.

Programmare e modellare

È utile partire da un esercizio filosofico. Piegate un foglio a metà e incolonnate i termini delle seguenti coppie:
Risolvere un sudoku / riconoscere un brano di Bach
Riparare
un martello / usare un martello
Calcolare
un’espressione algebrica / distinguere un cane da un gatto
Logica / statistica
Algoritmo / euristica
Capire le ragioni / imparare a svolgere un ruolo

Queste contrapposizioni delineano uno spartiacque concettuale tra due modalità di intelligenza che abbiamo sempre fatto coincidere, quando le attribuivamo alle persone, ma che dobbiamo separare se parliamo di intelligenza artificiale. La prima colonna riflette lo spirito che ci anima quando si cerca di programmare una mente su un computer, mentre la seconda quando si cerca di modellare un cervello con una rete neurale. Questo è lo spartiacque tra problem-solving e machine learning.

Regole sfuggenti

Onegin_(film_poster)
Locandina del film Onegin (1999).

Dalla mnemotecnica ciceroniana, all’ars combinatoria del logico medievale Ramon Llull, dai teatri della memoria rinascimentali, a quell’alfabeto dei pensieri umani che era la Characteristica Universalis di Leibniz (che avrebbe dovuto permettere di risolvere in modo meccanico ogni controversia attraverso un semplice Calculemus), per giungere infine alle macchine di Turing (che finalmente hanno permesso nel secolo scorso di scoprire i limiti dei computer prima della loro invenzione), si è pensato di poter modellare il mondo riducendolo a un sistema di elementi atomici, tra loro indipendenti e privi di scopo, da combinare attraverso regole precise. Questa visione ha accompagnato il trionfale sviluppo della programmazione informatica fin nella nostra epoca. Sembrava tutto così semplice … almeno in linea di principio.

Ma c’era qualcosa di scivoloso ed era il concetto stesso di regola, come notò Ludwig Wittgenstein.

Un piccolo quiz… d’intelligenza

Riconoscere o imparare una regola è un esempio classico delle cosiddette prove di intelligenza: “Che cos’hanno in comune le seguenti parole: defilato, ghirigoro, chilo, film, inopia, studio, Tuvalu?” Oppure “qual è il prossimo numero della sequenza 12595812595913?” Alla prima domanda si può rispondere dicendo che compaiono tutte in questa prima prova di intelligenza su Josway, alla seconda: 7. Nessuno potrà mai dire che sono sbagliate, ma non ci soddisfano. È il problema dell’induzione di David Hume: da un numero finito di dati non è mai possibile estrarre con certezza alcuna regola generale. Si possono estrarre, però, delle regolarità se i dati sono molti, fino al punto di essere capaci di riconoscerle nei dati che arriveranno in futuro. Questo è il principio del machine learning.

Tornando al quiz, e tralasciando queste considerazioni, che cosa rispondereste?

Una possibile risposta

Le mie risposte ai quesiti posti sopra sono: le parole contengono tutte le sequenze di tre lettere consecutive dell’alfabeto, che possono comparire in parole italiane; su un orologio digitale dopo 12.59.58 e 12.59.59, compare 13.00.00.

Giochi linguistici

Wittgenstein fu il primo a capire che non è possibile estrarre una regola senza conoscere il contesto sociale nella quale la si usa. Il significato della parola significato non è più la l’agognata corrispondenza perfetta di Leibniz tra fatti elementari e parole, ma è l’uso che facciamo delle parole in un gioco linguistico. Ciò non avviene solamente nel linguaggio. Provate a spiegare a qualcuno come andare in bicicletta, se prima dovete individuare i costituenti atomici dell’andare in bici… Come sosteneva Heidegger, è utile analizzare un martello nelle sue componenti solamente quando è rotto, altrimenti lo usiamo senza rendercene o chiedergliene conto. Serve davvero la coscienza di cosa stiamo facendo quando facciamo qualcosa? No, intralcia.

Controllo e apprendimento

La logica che sottende agli algoritmi è fragile, l’euristica delle reti neurali è robusta. Nel primo caso abbiamo tutto sotto controllo, anzi guai a non averlo. Nel secondo caso non capiamo il perché, ma se ben addestrata la medesima rete software individua: quali sono i pazienti positivi che probabilmente dovranno fare ricorso alla terapia intensiva, chi sono i giocatori più in forma della rosa per la partita di domenica prossima, quali ombre nel fondale marino sono quelle di un reperto bellico in un’operazione di bonifica.

A tal punto non si è consapevoli di cosa avvenga nei dettagli, che la stessa rete neurale può essere addestrata/adattata per risolvere gli scopi più diversi, pur di disporre di una gran mole di dati con cui farlo. Il machine learning non troverà mai verità assolute ma permetterà di raffinare la pratica di gioco.

Dall’Eugenio Onegin alla matematica

Chiudiamo il cerchio ritornando all’Eugenio Onegin. Fu sulle prime 20.000 lettere che compaiono nel poema che il matematico russo Andreei A. Markov si concentrò nel 1906. Markov voleva generalizzare la legge dei grandi numeri, e avendo un carattere al vetriolo cercava anche di svergognare un bigotto matematico rivale che, tirando in ballo addirittura il principio del libero arbitrio, sosteneva che tale legge si potesse applicare solo a variabili indipendenti. Markov aveva ragione e riuscì nel suo intento, dando il primo esempio di quelle catene che portano il suo nome e che oggi opportunamente addestrate con il nome di Hidden Markov Chains hanno applicazioni tra le più svariate del machine learning: dalle previsioni dalla finanza, al riconoscimento delle parole, alla previsione della struttura tridimensionale delle proteine, ecc. Markov contò la frequenza con la quale compariva ogni lettera, dopo un certo numero di lettere fissate, nel testo di Puškin. Scoprì che è molto più frequente che ci sia un’alternanza vocale-consonante o consonante-vocale piuttosto che vocale-vocale o consonante-consonante. Lo sapevate già, direte, ma se adesso generate casualmente delle lettere secondo la probabilità delle frequenze con le quali compaiono nell’Eugenio Onegin, date le 7 sette lettere precedenti, ciò che ottenete risuonerà marcatamente oneginiano!

Grandi patriarchi 3. Nascondiglio per militari

Il platano dei cento bersaglieri

Età stimata: oltre 400 anni 
Platano (Platanus orientalis)
Comune: Caprino Veronese (Vr), frazione Platano
Circonferenza del tronco: 15 m.
Altezza: circa 15 m.

Questo enorme platano, probabilmente uno dei più grandi e vecchi conosciuti in Italia, si trova nel comune di Caprino Veronese, presso un borgo al quale ha dato il nome: la località si chiama oggi proprio Platano (Salgarèa in passato). Il monumento vegetale si trova in corrispondenza di un incrocio di strade, fra la sede stradale e il corso del torrente Tasso, a pochi metri dal ponte oltrepassato il quale si accede alla piazzetta del paese. Il tronco di questo gigante della natura si suddivide, poco sopra alla base, in due enormi fusti inclinati e dalla superficie irregolare, tant’è che ci si potrebbe salire sopra camminando. L’albero è considerato “monumento nazionale” ed è sottoposto a tutela; nei suoi pressi è stato eretto un ampio pannello che lo descrive e ne indica le misure. Il nome attribuitogli deriva da un episodio avvenuto nel 1937, quando durante le manovre militari, un gruppo di ben 100 bersaglieri utilizzò proprio questo platano come nascondiglio. Altro episodio curioso legato a questo gigante è che in passato si fosse tenuto addirittura un concerto della banda militare, che trovò posto fra i suoi rami.

(Articolo tratto dalla mostra “Patriarchi della natura – Alberi straordinari d’Italia”. Ideata e curata da Fondazione Bracco e Associazione Patriarchi della Natura, e ospitata da Triennale Milano dal 14 luglio al 22 agosto 2021, la mostra fotografica – a ingresso libero – propone un itinerario da Nord a Sud nell’Italia più verde, alla scoperta di stupefacenti opere d’arte naturali: alberi secolari o millenari, testimoni della nostra storia)

Link e approfondimenti
• Il catalogo della mostra.

Grandi patriarchi 4. L’albero di Pinocchio

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La quercia delle streghe

Età stimata: circa 300 anni

Roverella (Quercus pubescens Willd.)
Comune: Capannori (Lu), località San Martino in Colle, Gragnano, Villa Carrara
Circonferenza del tronco: 4,44 m.
Altezza: 20 m.

Questa stupenda quercia che vegeta su un poggio in quello che era il parco di Villa Carrara, nel Comune di Capannori, si fa notare per le sue originali forme: lunghi rami serpentiformi che si allungano quasi paralleli al terreno, una larghissima chioma la cui proiezione sul terreno copre un’area di circa 700 metri quadrati. La tradizione locale attribuisce l’originale nome al fatto che i contorcimenti dei suoi rami siano dovuti all’andirivieni di un gruppo di streghe che su di essi tenevano i loro sabba. L’albero è conosciuto anche come “La Quercia di Pinocchio”, perché un’altra leggenda vuole che questa quercia sia quella sotto la quale il burattino Pinocchio nascose gli zecchini ricevuti da Mangiafuoco e dove fu poi impiccato dagli assassini che lo volevano derubare. A breve distanza dal luogo ove vegeta questo monumentale “Patriarca” si trova infatti il paese di Collodi, che diede i natali alla madre del celebre scrittore, autore della fiaba.

(Articolo tratto dalla mostra “Patriarchi della natura – Alberi straordinari d’Italia”. Ideata e curata da Fondazione Bracco e Associazione Patriarchi della Natura, e ospitata da Triennale Milano dal 14 luglio al 22 agosto 2021, la mostra fotografica – a ingresso libero – propone un itinerario da Nord a Sud nell’Italia più verde, alla scoperta di stupefacenti opere d’arte naturali: alberi secolari o millenari, testimoni della nostra storia)

 

Link e approfondimenti
• Il catalogo della mostra.

Grandi patriarchi 4. Il segreto di Pinocchio

La quercia delle streghe

Età stimata: circa 300 anni
Roverella (Quercus pubescens Willd.)
Comune: Capannori (Lu), località San Martino in Colle, Gragnano, Villa Carrara
Circonferenza del tronco: 4,44 m
Altezza: 20 m

Questa stupenda quercia che vegeta su un poggio in quello che era il parco di Villa Carrara, nel Comune di Capannori, si fa notare per le sue originali forme: lunghi rami serpentiformi che si allungano quasi paralleli al terreno, una larghissima chioma la cui proiezione sul terreno copre un’area di circa 700 metri quadrati. La tradizione locale attribuisce l’originale nome al fatto che i contorcimenti dei suoi rami siano dovuti all’andirivieni di un gruppo di streghe che su di essi tenevano i loro sabba. L’albero è conosciuto anche come “La Quercia di Pinocchio” perché un’altra leggenda vuole che questa quercia sia quella sotto la quale il burattino Pinocchio nascose gli zecchini ricevuti da Mangiafuoco e dove fu poi impiccato dagli assassini che lo volevano derubare. A breve distanza dal luogo ove vegeta questo monumentale “Patriarca” si trova infatti il paese di Collodi, che diede i natali alla madre del celebre scrittore, autore della famosa fiaba.

(Articolo tratto dalla mostra “Patriarchi della natura – Alberi straordinari d’Italia”. Ideata e curata da Fondazione Bracco e Associazione Patriarchi della Natura, e ospitata da Triennale Milano dal 14 luglio al 22 agosto 2021, la mostra fotografica – a ingresso libero – propone un itinerario da Nord a Sud nell’Italia più verde, alla scoperta di stupefacenti opere d’arte naturali: alberi secolari o millenari, testimoni della nostra storia)

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• Il catalogo della mostra.

Grandi patriarchi 2. I tre nonni dell’arco alpino

I larici della Val d’Ultimo

Età stimata: oltre 2000 anni
Larice (Larix decidua Miller)
Comune: Ultimo (Ulten) (Bz), località Santa Gertrude (St. Gertraud)
Circonferenza del tronco: 8,90 (il maggiore), 7,12 e 6,45 m. Altezza: 35 m.

La Val d’Ultimo è una delle più belle e selvagge valli dell’Alto Adige, raggiungibile da Lana (Bz). Per incontrare questi millenari patriarchi vegetali occorre inoltrarsi nella lunga valle contornata da cime che superano i 2500 metri di altitudine e raggiungere l’ultimo paesino: Santa Gertrude (St. Gertraud). Qui vegeta un gruppo di tre larici eccezionali, considerati i più vecchi di tutto l’arco alpino e fra i più famosi alberi monumentali d’Italia. Dei tre esemplari uno presenta una ampia cavità e appare in condizioni sanitarie ormai compromesse. Si racconta che all’inizio del secolo scorso ci fosse un quarto esemplare, di analoga dimensione, che venne sradicato da una bufera nel 1930, sulla ceppaia del quale vennero contati circa 2.200 anelli, da cui la stima dell’età dei tre sopravvissuti, considerati coevi. Questo territorio è situato all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio, in uno scenario di rara bellezza, alle falde dei massicci alpini del Cevedale e dell’Ortles. Il larice è una conifera che perde le foglie in inverno. Da questa specie si ricava la trementina di Venezia (così chiamata perché in passato il commercio di questo prodotto, avveniva nella città lagunare), nonché un antisettico contro le malattie infettive e infiammatorie delle vie respiratorie.

(Articolo tratto dalla mostra “Patriarchi della natura – Alberi straordinari d’Italia”. Ideata e curata da Fondazione Bracco e Associazione Patriarchi della Natura e ospitata da Triennale Milano dal 14 luglio al 22 agosto 2021, la mostra fotografica – a ingresso libero – propone un itinerario da Nord a Sud nell’Italia più verde, alla scoperta di alberi secolari e millenari, testimoni della nostra storia)

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• Il catalogo della mostra.